Dalla strada alla vita
Gli incontri sono il sale della vita, per gli esseri umani ma anche per i loro progetti. Quando, nel 1996, fra Umberto Davoli e Stefano Maradini s’incontrano a Ndola – capoluogo del distretto del Copperbelt, nello Zambia –, il primo è un frate francescano di 56 anni, con una ventennale esperienza di missione nel Paese africano, l’altro è un giovane sulla trentina, pieno di entusiasmo, all’inizio del suo percorso da volontario all’interno dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, fondata da Oreste Benzi e presente nel Paese africano dal 1985.
Da quell’entusiasmo e da quell’esperienza nasce un progetto espressione di un’amicizia, che dura tuttora, nonostante fra Umberto sia morto nel 2016. Nessuno dei due avrebbe immaginato all’epoca fino a che punto sarebbe arrivato quel germoglio di bene. «Volevo iniziare un progetto a favore dei ragazzi e delle ragazze delle discariche di Ndola – racconta Stefano Maradini, responsabile del progetto – e chiesi a Umberto di venire con me; con noi c’era anche un altro amico zambiano. Andammo accanto ai cumuli d’immondizia con la Bibbia in mano, a parlare di speranza, di vita nuova. Sembrava un’utopia. E invece una trentina di ragazzi iniziarono a seguirci e quando il percorso iniziò a maturare, Umberto fece da tramite con Caritas sant’Antonio per ottenere l’aiuto economico che ci serviva. Fu l’inizio di tutto».
Oggi il progetto «Cicetekelo», che nella lingua del posto significa «speranza», segue circa 300 ragazzi e ragazze di strada dai 7 ai 22 anni e ha approntato un modello di recupero in cinque step, che va dall’affiancamento nelle strade all’accoglienza, dalla scuola alla formazione professionale, fino all’inserimento nel mondo del lavoro. «Avevamo a disposizione 50 ettari di terreno – racconta Stefano –, l’agricoltura, quindi, poteva essere la fonte di riscatto per questi ragazzi e, al contempo, una possibilità per i poveri di Ndola di avere cibo di qualità a costi più bassi, in un luogo in cui la maggior parte della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Circa 25 anni fa, senza saperlo, diventammo gli antesignani del chilometro zero, made in Africa».
Caritas sant’Antonio segue il progetto fin dal suo nascere: nel 2000 dona 250 milioni delle vecchie lire per l’acquisto di macchinari agricoli e l’impianto d’irrigazione, nel 2008 è la volta di un mulino, nel 2010 l’acquisto di un camion e tra il 2014 e il 2015 di altri macchinari e strumenti agricoli; al 2018 risale l’acquisto di pannelli solari e batterie, fino all’ultimo aiuto di 20 mila euro, del 2022, per la costruzione e l’avviamento di un caseificio.
Man mano che il progetto cresce, gli operatori dell’associazione entrano sempre più in contatto con le autorità competenti in materia di giovani, formazione e agricoltura e creano una rete con altre ong, istituzioni e università. Il progetto diventa sempre più grande e si concentra a sostenere le attività che producono reddito sul posto. L’obiettivo non è solo quello di arrivare all’autosufficienza dell’Associazione e dei progetti a favore dei ragazzi, ma anche quello di creare una nuova mentalità del lavoro, che sproni i giovani a essere artefici della propria vita.
«Stiamo dimostrando con i fatti che attraverso il lavoro si può creare ricchezza anche qui – spiega Stefano –. Tutti quelli che lavorano con noi hanno un regolare contratto e buoni salari». Per salario buono s’intende una somma di 8-10 mila Kwacha, circa 500 euro al mese, capaci di sostenere una famiglia di sei persone. La maggior parte dei lavoratori di Ndola guadagna ¼ di quella somma. «In parte la povertà è frutto della globalizzazione, che ha reso tutto più complicato e incerto, ma in parte è anche dovuta a una mentalità di tipo assistenzialista, che aspetta la soluzione dei problemi dall’alto». Cicetekelo cerca di dare un altro esempio: «Noi offriamo gli strumenti per renderli autonomi ma sono poi i ragazzi a scegliersi il futuro, in libertà».
Tutti i progetti che Caritas sant’Antonio ha appoggiato stanno oggi creando posti di lavoro, persino l’ultimo, il piccolo caseificio appena avviato, occupa a tempo pieno 3 persone. Cicetekelo ha anche creato una rete di gelaterie che danno lavoro a 90 persone. Tuttavia, non lo nasconde Stefano, formare lavoratori e cittadini liberi non è facile: «Non si cambia una mentalità atavica dall’oggi al domani, ci vuole un impegno costante. Ci sono cadute, fallimenti, battute d’arresto a volte difficili anche per noi, tuttavia vedere ragazzi lasciare la strada, riprendersi in mano la vita, lavorare, metter su famiglia, diventare membri attivi della società ti dà una soddisfazione che non ha prezzo».
Segui il progetto su www.caritasantoniana.org
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