Dove sta la gioia

Dio dice, vive e testimonia che non è la potenza quel che conta, ma il servire. Solo così si può essere utili a noi stessi e all’umanità. E così stiamo nella gioia.
21 Aprile 2025 | di

Dove sta la gioia, oggi? In questo 2025, per noi in questo mese di aprile, celebriamo gli 80 anni da che la Seconda guerra mondiale è finita. Per molto tempo, fino a che è durato il ricordo vivissimo degli eventi vissuti e infinite storie sono state narrate, la gioia stava nella pace ritrovata. La vita improvvisamente sicura, la casa finalmente riedificata, i figli che le ricostruite famiglie potevano far nascere. E poi ancora le scuole, libere finalmente, per tutti e per tutte. Forse questo è esagerato in effetti. Però per molti e per molte sì, grazie alla promessa che la cultura sarebbe stata la dote buona per un futuro migliore. E infatti l’istruzione venne garantita per legge a ogni bambino e bambina, dentro i bellissimi articoli 33 e 34 della Costituzione: «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore è obbligatoria e gratuita».

E poi c’era la gioia nei viaggi che si potevano fare, su e giù per l’Italia. La A1, l’autostrada del Sole, il nome come una promessa, Nord-Sud, un Paese finalmente libero in cui poter sperare e sognare. A proposito del tempo che seguì la fine della guerra, Italo Calvino in un testo famoso e molto personale del 1964 scrive: «Non era facile ottimismo o gratuita euforia; tutt’altro: quello di cui ci sentivamo depositari era un senso della vita come qualcosa che può ricominciare da zero» (Prefazione a Il sentiero dei nidi di ragno). Era un «rovello», scrive, cioè un tormento, «ma l’accento che vi mettevamo era quello d’una spavalda allegria». Sono parole piene di profondità. Anche il momento dell’impegno, della consapevolezza, del pensiero, era accompagnato dalla gioia. 

E adesso dove sta la gioia? Questi tempi per alcuni aspetti somigliano a una nuova guerra. Terza guerra mondiale a pezzi, l’ha definita papa Francesco più volte. Un vero e proprio conflitto globale, ha detto. Ma non è finita, questo è il problema. È tuttora in corso. Da tanti anni, e i cosiddetti grandi della Terra non sembrano volerla spegnere. Anzi, c’è una gara a qualcosa che somiglia a una specie di eccitazione delle emozioni e delle menti. Io ti metto paura, ma se tu ti affidi a me sarai protetto, facciamo tutto noi, dicono i demagoghi di turno. Aiuto.

Ma noi cristiani siamo tenuti a essere saldi e a vigilare. Nel Vangelo c’è una parola difficile che molti oggi non sanno riconoscere, perché la civiltà contadina è uscita dal nostro immaginario. La parola è giogo. In Matteo 11,28ss Gesù dice: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero». Il giogo è uno strumento di lavoro che unisce due animali, due. Lavorano sì, dissodano la terra con fatica, ma se uno dei due è il Signore... allora si può e il loro lavoro utilissimo viene fatto. Dove la follia assoluta di queste parole è un Dio che dice, vive, testimonia che non è la potenza quel che conta, ma il servire, la condivisione della fatica, solo così si può essere utili in modo radicale e fondamentale a noi stessi e all’umanità.

E così possiamo stare nella gioia. Quella che non è solo mia privata (per un lavoro ottenuto, un figlio, un amore) ma è condivisa, capace di farci lavorare insieme senza invidia o malinconia. Liberi dalla paura, in compagnia del Signore, con il cuore disarmato (la bella immagine è del poeta Nelo Risi ed è stata fatta propria tante volte da papa Francesco) la gioia è anche oggi possibile.

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Data di aggiornamento: 21 Aprile 2025

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