Elogio della gentilezza
«Caro direttore, i cambiamenti vorticosi di questi anni e, purtroppo, la crisi economica insieme alla pandemia hanno peggiorato lo stato sociale e incrementato arroganza e aggressività. Eppure, la gentilezza va recuperata nella nostra vita sociale e in particolare nei luoghi di lavoro, per arginare la cattiva competizione e l’egoismo. La gentilezza e la solidarietà, sottovalutate e dimenticate, sono fondamentali per la crescita economica e produttiva».
Lettera firmata
Fanno poco rumore i gesti e le parole gentili: non di certo come la voce arrogante di chi vuol prevalere sugli altri o il comportamento presuntuoso di chi si fa spazio per farsi vedere. Forse la gentilezza non ci riempie di emozioni forti come i toni accesi di uno scatenato dibattito o l’agognata vittoria sportiva, politica o intellettuale. Ma ci fa star bene e apre possibilità talvolta inaspettate. Essere gentili non è solo un modo col quale si compiono le azioni, ma aggiunge un pizzico di gratuità a quello che facciamo, andando al di là del dovuto: perché dovrei ringraziare il conducente dell’autobus quando scendo? In fondo, ha solo fatto il suo dovere. Perché cedere il mio posto se vedo qualcuno in difficoltà o anziano? Ci sono altri che possono farlo. Eppure, con questi e molti altri comportamenti affermiamo che l’altro è importante, che senza di lui non è lo stesso: lo riconosciamo parte di una comune umanità. Questo non solo fa bene all’altro, ma fa star bene anche noi.
C’è di più: un atto gentile è capace di dare l’inizio a qualcosa di nuovo, a volte basta poco. Come in una storiella di Bruno Ferrero, in cui un uomo, lontano dalla Chiesa, vuol parlare col parroco, ma c’è già un altro a colloquio con lui. Vedendolo arrivare, il prete esce per portargli una sedia. Finito il colloquio, hanno tempo di parlare e, dopo l’incontro, l’uomo decide di riavvicinarsi alla parrocchia: l’argomento che l’ha più convinto non sono state le parole del parroco, ma il gesto di accoglienza della sedia (cfr. Bruno Ferrero, C’è qualcuno lassù, Elledici).
La gentilezza è l’espressione di un prendersi cura gratuito che può diventare contagioso: un film di vent’anni fa, Un sogno per domani, ha come protagonista un ragazzino, Trevor, il quale decide di compiere tre buone azioni importanti, ciascuna a favore di una diversa persona (ad esempio, Trevor dà ospitalità a un uomo in difficoltà), senza volere il contraccambio, ma proponendo loro di «passare il favore» (Pay it forward è il titolo originale del film) ad altre tre persone e così via… si crea, in questo modo, una catena della bontà che può arrivare a toccare tutta l’umanità. Un tessuto di relazioni in cui la gentilezza e la solidarietà sono coltivate è di certo un terreno buono per la crescita sociale, che non si basa solo su obiettivi economici da raggiungere, ma anche sulla gratuità dei gesti e delle azioni come dire grazie, domandare permesso o per favore e chiedere scusa.
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