Enrique Angelelli
La prima volta che sentii parlare di monsignor Enrique Angelelli fu da un frate del Santo a lungo missionario in America Latina. Qui (oltre a essere stato padre spirituale di fra Carlos de Dios Murias) aveva conosciuto il vescovo di La Rioja, e me ne parlò come di un vero uomo di Dio, un sacerdote coraggioso sempre accanto al suo popolo. Fra Carlos de Dios Murias e monsignor Enrique Angelelli sono stati beatificati insieme il 27 aprile 2019, perché entrambi vennero assassinati nel 1976, a poche settimane di distanza, esattamente a causa del loro impegno per i poveri e gli oppressi. Enrique Angelelli morì in uno «strano» incidente stradale il 4 agosto 1976, mentre era di ritorno da Chamical, dove aveva celebrato una Messa proprio in memoria di fra Carlos e del sacerdote che con lui era stato rapito, torturato e ucciso poche settimane prima. Nonostante da mesi si sapesse che il vescovo e i suoi collaboratori erano nel mirino dei militari al potere, il governo e anche alcuni settori della Chiesa argentina accreditarono per anni la tesi dell’incidente. Solo nel 1983 le indagini vennero riaperte e nel 1986 un giudice sentenziò che la morte di Angelelli fu «un omicidio freddamente premeditato».
La vicenda terrena di monsignor Angelelli viene ora ripercorsa da un interessante volume di Anselmo Palini: Enrique Angelelli. «Soltanto il Vangelo con il commento della nostra vita». Un libro di ampio respiro, nel quale la vita santa del vescovo di La Rioja viene riletta alla luce dei grandi sconvolgimenti che interessarono l’Argentina nella seconda metà del secolo scorso, quando la nazione era vittima della brutale dittatura del generale Jorge Videla, che provocò 40 mila vittime. Palini segue fedelmente la vita di Angelelli: dalla nascita a Cordóba agli anni della formazione a Roma, dal ritorno in Argentina al suo impegno nella pastorale operaia, dall’ordinazione episcopale agli anni del Concilio, fino alla sua opera di diffusione degli insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa, che gli costò la vita. Il libro è denso, ben argomentato e ricchissimo di testimonianze e di documenti inediti in Italia. Ma, soprattutto, è un testo che parla al presente. È Palini stesso a spiegarlo, nel corso di una recente presentazione del volume: «Ho voluto fare memoria del bene, perché di “storie che profumano di Vangelo”, come dice papa Francesco, c’è un gran bisogno in un mondo devastato da guerre, come quello di oggi. Storie di persone che in contesti violenti si sono opposte senza armi, utilizzando la strada della nonviolenza e della condanna della guerra». Storie da raccontare, e soprattutto da leggere, per immaginare percorsi di pace possibili.
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