Grazie, Michela
Era il 2011. Ave Mary di Michela Murgia era uscito da pochi mesi. Ci colpì per il tema (una rilettura della figura di Maria), per l’intelligenza, la profondità, per lo stile di scrittura colto e popolare al contempo. Ma soprattutto per la passione per il Vangelo che trasudava da ogni riga. Decidemmo in quel momento di andare a conoscerla e di proporle una collaborazione con il «Messaggero di Sant’Antonio».
Ci incontrammo a Cagliari, davanti a una tavola imbandita (perché davanti alla mensa ogni incontro si fa vera condivisione) e lì parlammo per ore. E poi ci incontrammo di nuovo a Padova, altre due volte, in occasione della presentazione del libro. Ciò che volevamo da lei glielo dicemmo chiaramente: ci interessava una sua rilettura dei valori evangelici calata nel quotidiano delle nostre vite, una visione che sapesse inquietare le coscienze in modo intelligente e acuto, ma volevamo farlo in un modo rispettoso della sensibilità di tutti i nostri lettori. Optammo così per una rubrica di storie: storie di persone normali, che nella loro vita avevano saputo incarnare il Vangelo. Avevano saputo amare. Perché era l’amore ciò che più interessava a Michela Murgia: l’amore con la A maiuscola, quell’amatevi gli uni gli uni gli altri di cui ci parla il Vangelo, di cui ci parla Gesù Cristo, un amore assoluto e disinteressato, fatto di azione e passione per la vita, per la libertà e per la dignità di chiunque, in particolare degli ultimi, dei rifiutati, degli emarginati, chiunque essi siano.
In più di dieci anni di collaborazione mai una volta Michela Murgia ha tradito quel mandato. Ha raccontato tantissime storie di donne e di uomini, di insegnanti, di volontari, di attivisti, di persone che nel loro agire quotidiano si spendevano per gli altri. Perché proprio questo interessava a Michela: il Vangelo come stile di vita, come cura dei «piccoli», come voce di chi non aveva voce. Aveva negli occhi e nel cuore l’immagine delle prime comunità cristiane, quelle fondate sull’amore e sulla cura reciproci ed era convinta che quel modo di vivere fosse non solo possibile, ma realizzabile anche oggi, al di là di ogni differenza. L’amore è stato la cifra della sua vita. Non la militanza, non la politica, che pure la vedevano quotidianamente impegnata. Prima c’era l’amore per l’essere umano, per ogni essere umano, soprattutto i dimenticati, i diseredati, i rifiutati. A lei solo l’amore interessava e dell’amore ha fatto la guida della sua azione politica e di ogni scelta di vita.
Aveva una fede profondissima, pensante, intelligente, che non si fermava dinanzi a nulla. Una fede che la interrogava, la inquietava, la stimolava, la scaldava. Non era una tiepida Michela, ma una vera appassionata di Cristo e del Vangelo. Ci mancherà moltissimo. Ci mancherà la sua voce, ci mancheranno le sue intelligenti provocazioni, la sua schiettezza evangelica. Ci mancherà la sua generosità, il bene che sapeva volerci anche da lontano. Ci mancherà tutto di Michela Murgia. L’unica consolazione è saperla ora nelle braccia di Dio, avvolta nel Suo amore. Saperla immersa nel cuore della Trinità che tanto amava perché tanto l’aveva interrogata nella vita. Ci consola l’incontro che finalmente ha fatto con l’Amore, con quel Dio che è padre e anche madre.
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