Il 5 per 1000 in tempo di pandemia
La solidarietà di tanti lettori giunge a Caritas sant’Antonio anche attraverso il 5 per mille, grazie alla firma che ognuno di noi può apporre nell’apposito spazio della dichiarazione dei redditi, dopo aver riportato il codice fiscale del nostro ente caritativo: 00226500288. Una solidarietà più che raddoppiata negli ultimi dieci anni: dai 120.887 euro del 2008 ai 308.848 del 2018. I dati del 2019 non sono al momento noti. Cifre importanti, che consentono di allargare il perimetro della solidarietà antoniana.
Nel 2019 sono stati impiegati i fondi raccolti nel 2017, 282.562 euro in tutto; la liquidazione del 5 per mille avviene, infatti, due anni dopo l’assegnazione della cifra corrispondente. Grazie a questi fondi, Caritas sant’Antonio ha potuto finanziare quasi totalmente otto progetti in più: sei in Africa, uno in Palestina e un altro in Ecuador.
I progetti
Vediamone alcuni. In Benin stiamo aiutando suor Sylvie Aimée Hounkpatin ad ampliare con un secondo piano una scuola per l’infanzia che si trova in un quartiere isolato della città di Parakou: «I lavori continuano e anche velocemente. Per giugno dovremmo finire. Grazie per l’aiuto», conferma la suora. Nella missione di Balaka, in località Bazale, in Malawi, padre Piergiorgio Gamba sta organizzando i lavori per riabilitare la vecchia scuola elementare, costruita dai missionari Monfortani nel 1920 e oggi frequentata da 2.200 ragazzi. «Più di 100 per classe» spiega. Nel progetto anche la costruzione di quattro nuove aule. La gioia è però offuscata dalla minaccia incombente del covid-19: «Ci stiamo attrezzando con mascherine e limitazione degli accessi. Però a Balaka tutto si fa all’aperto, la capanna serve solo per dormire. Speriamo che il virus resti lontano, altrimenti la vedo nera». Stessa angoscia a Kikwit, in Repubblica Democratica del Congo, dove suor Anastasie Kingoma sta avviando una casa per bambini sordi: «Per ora qui non ci sono casi, ma Kinshasa, la capitale, è blindata. Potrebbe essere una catastrofe. Non vi nascondo la preoccupazione. Restiamo uniti nella missione a sostegno di tante persone e portiamo insieme la fatica di questo tempo». A Sumbawanga, distretto molto povero in Tanzania, abbiamo finanziato attrezzature mediche per un dispensario con venti posti letto. Padre Lawrence Samson Ntiyakila ci manda con orgoglio una foto con la fila delle attrezzature nuove fiammanti. Un grande passo avanti per loro, eppure è difficile evitare il confronto con le nostre terapie intensive e il dislivello toglie il fiato. Il virus ad Afagnan, in Togo, nella missione di suor Simona Villa – grazie alla quale abbiamo finanziato un allevamento per una casa di accoglienza per bambini – è arrivato: «Siamo in reclusione da una settimana (la lettera è del 29 marzo). L’evoluzione sembra lenta. Non sappiamo se i dati sono reali. Io lavoro in ospedale... Non abbiamo nulla e la gente non rispetta le restrizioni… Cari benefattori, uniamoci nella preghiera». Istantanee dal nostro 5 per mille all’epoca del coronavirus. Scampoli di bene, in un mare di bisogni, dove l’aiuto è soprattutto un segno di vicinanza e di condivisione.
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