Il patto delle colline
Il desiderio di capire di più la società dei taneka porta l’antropologo Marco Aime a trascorrere del tempo con loro, entrando nei villaggi che abitano nella regione di Atakora, nel Benin. È anzitutto attraverso il racconto, fatto soprattutto dagli anziani, che viene a conoscenza di tradizioni, riti e consuetudini dei taneka; tuttavia, pur partendo dal comune ricordo delle minacce e delle guerre passate, spesso gli anziani non sono concordi nel raccontare le loro origini: solo attraverso una negoziazione, viene ricostruita la versione condivisa del racconto. Questa modalità di procedere è tipica dei consigli taneka: quando si tratta della giustizia o di questioni politiche, si tende a convergere verso una decisione comune, mettendo in atto una forma di democrazia che non si basa sulla «dittatura della maggioranza».
I taneka non fondano la loro società sulla presenza di comuni origini, ma su un patto che si vede riflesso nella loro organizzazione sociale, basata anzitutto su classi di età che costituiscono una forma di aggregazione e solidarietà diverse da quelle parentali; in particolare, una forma di alleanza trasversale alle famiglie è quella tra demni e dembiha (potremmo dire tra padrino e figlioccio), che dà luogo a una rete che va al di là della discendenza o di legami matrimoniali. Quello dei taneka non è un sistema tribale ma «un recinto aperto [...] che lascia spazio al diverso, al nuovo, senza dimenticarsi del passato». Possiamo cogliere una lezione importante, «in un’epoca in cui la convivenza appare un traguardo che si allontana sempre di più, in cui ogni straniero fa paura e viene spesso dipinto come icona di ogni male. In questi villaggi arroccati sulla collina, c’è invece la consapevolezza di essere tutti più o meno stranieri e che lo straniero non è sempre un nemico».
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