Roma, sabato 16 ottobre 1943. Attorno alle 5 del mattino, i nazisti, che da un mese occupano la città, danno il via al rastrellamento del Ghetto: vengono arrestate 1.259 persone, quasi tutte di religione ebraica, 1.023 delle quali sono immediatamente deportate ad Auschwitz, da dove torneranno solo in 16. È questo il drammatico evento che fa da sfondo al volume di Ritanna Armeni, Il secondo piano, giunto nelle librerie da qualche settimana. «Mi sono imbattuta quasi per caso – ha raccontato l’autrice – nelle ricerche di suor Grazia Loparco, salesiana e docente di Storia, che si è occupata a lungo del ruolo avuto dalle religiose durante il periodo dell’occupazione nazista. I suoi studi mi hanno aperto un mondo, e hanno spinto la cronista che è in me a raccontare questa storia».

È nato così questo magnifico libro, ambientato nel convento delle Francescane della Misericordia di via Poggio Moiano, nei pressi della Salaria, a Roma. Qui, fino al giugno 1944, sette suore e una novizia ospitarono, per circa otto mesi, quattro famiglie di ebrei (nella realtà storica erano di più, ma per esigenze narrative il numero è stato ridotto), in una situazione rischiosa e al limite del paradosso: mentre, infatti, i rifugiati vivevano nascosti al secondo piano, al piano terra, requisito dai nazisti, era attiva un’infermeria per i soldati tedeschi. Tra questi due universi contrapposti, al primo piano, come un’intercapedine di bene, stavano le suore, con il loro carico di paura ma soprattutto di Carità. Perché è la Carità la vera protagonista del libro, una Carità che guida i passi delle consacrate attraverso i mille dubbi che le attraversano giorno dopo giorno e che affliggono le loro anime: «Facciamo bene ad accogliere estranei in convento?», «il Santo Padre che cosa pensa di quanto sta succedendo?», «Stiamo contravvenendo in questo modo ai nostri voti?».

Al di là della drammatica vicenda storica, magnificamente resa dalla splendida penna di Armeni, a colpire è l’accuratezza del profilo psicologico dei personaggi che l’autrice tratteggia con precisione e profondità, anche padroneggiando con maestria un linguaggio lontanissimo dalla sua formazione. Pagine da leggere, e non solo perché restituiscono il giusto protagonismo all’universo religioso femminile, troppo spesso trascurato e sottovalutato, ma soprattutto perché dimostrano, una volta di più, che il bene va seminato giorno per giorno, anche quando la speranza sembra essersi eclissata, anche quando il male è più grande, anche tra timori e incertezze. Perché i frutti arrivano sempre, anche se magari non saremo noi a goderne.