28 Giugno 2025

Il superpotere delle parole

Le parole sono importanti. Creano mondi e… relazioni. E se provassimo, allora, a cambiare le nostre parole all’interno della relazione di coppia?
Il superpotere delle parole

© Margherita Allegri

«Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: “Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa?[…]”». (At 2,1-8)

Quello che ci colpisce qui è lo strano «superpotere» che acquisiscono i discepoli dopo aver ricevuto lo Spirito Santo: il parlare in altre lingue. Un po’ scherzando, non vi nego la mia invidia nei confronti dei discepoli, perché la conoscenza delle lingue straniere sta al sottoscritto come la mitezza sta a un rottweiler. I miei genitori hanno speso, durante la mia adolescenza, una piccola fortuna in ripetizioni d’inglese, e a oggi mi ritrovo a parlare un inglese di poco migliore a quello di mia figlia di 7 anni. Da questo nasce la mia invidia per le veloci competenze linguistiche acquisite dai discepoli.

Tralasciando questo aspetto personale, crediamo che la questione sia un po’ più profonda rispetto a un semplice percorso super accelerato di lingua straniera. La questione è che gli esseri umani sono fatti dalle loro parole, noi siamo le parole che utilizziamo, se cambiamo le nostre parole cominciamo a cambiare noi, diventiamo, o dimostriamo già di essere, delle persone diverse. Io sono le parole che uso e il come le uso. Se invece di parole di guerra comincio a usare parole concilianti, mitiganti, parole di pace, sarà più facile che si crei un clima sereno attorno a me, ma anche che si crei pace in me e io diventi quello che dico. Se io comincio ad annunciare parole di coraggio, probabilmente dopo un po’ mi ritroverò a essere per davvero una persona più coraggiosa. Se da me escono parole amorevoli nei confronti di chi vive con me, probabilmente io diventerò una persona più gradevole, le persone attorno a me si sentiranno più amate e saranno più disposte a restituirmi amore. Come scriveva Carlo Levi, «le parole sono pietre».

Ci sono degli approcci psicoterapeutici alla terapia di coppia che si basano proprio sul cambiamento sia del che cosa sia del come parlare. Soprattutto con le coppie che vivono situazioni gravi di crisi coniugale si è visto che invece di lunghi percorsi dove si analizza tutta la loro storia personale, tutte le ferite che si sono inflitti reciprocamente e tutti gli insuccessi affettivi, è molto più utile andare a insegnare loro un modo diverso di parlarsi, più rispettoso, più centrato sulle proprie emozioni, sui propri bisogni, su richieste chiare, invece di accusarsi reciprocamente del cattivo andamento della propria relazione. Si è visto come queste coppie scoprano velocemente che cambiando il modo di parlarsi ci si capisca meglio, le emozioni negative siano meno intense e inficianti e la relazione tra di loro migliori.

Cambiare il modo di parlarsi dentro una relazione può far risorgere una relazione malandata. La Pentecoste ci ricorda che se lasciamo che lo Spirito del Padre operi in noi e attraverso di noi, il nostro modo di parlare può cambiare, diventando ascoltabile e comprensibile. Gli abitanti di Gerusalemme si stupiscono perché sentono parlare la loro lingua, ascoltano qualcosa di comprensibile, anche se chi lo fa viene da un’altra nazione rispetto alla loro, da un’altra cultura. Questo è sempre vero anche nella coppia, perché l’altro viene sempre da una diversa cultura familiare rispetto alla mia, ha un altro modo di intendere la vita e dà altri significati a parole fondanti il matrimonio (perdono, rispetto, ascolto, sacrificio, servizio, ecc.).

Allora quando parli al tuo partner, piuttosto di elencare ciò che non va, giudicare il suo modo di fare, criticare o disprezzare il suo atteggiamento, la prossima volta prova a dire:
- Le tue emozioni nel momento
. Per esempio: «Io mi sento: triste, ferito, deluso, impaurito, ecc».
- I tuoi bisogni affettivi. «Perché per me è importante: sentirti vicino, sentirmi apprezzato, sentire che mi capisci, sentire che non ce l’hai con me, sentire che sono importante per te, sentirmi rispettato, ecc».
- Le tue paure rispetto a chi sei per il tuo partner. «Perché a volte ho paura che per te: non sono importante, sono rifiutabile, sono dimenticabile, sono un incapace, sono un fallito, sono disprezzabile, sono uno schifo, sono un niente, ecc».
- Una proposta concreta per il futuro. «Allora ti chiedo, una prossima volta, di: parlarmi senza alzare la voce, di dirmi le cose con calma, di provare ad aiutarmi in un determinato modo quando sono in difficoltà, di non dire certe cose personali ai tuoi genitori, di darmi fiducia se provo a fare quella cosa, ecc».

Allora vi auguriamo che lo Spirito vi doni un nuovo linguaggio, la lingua del Padre, una lingua di gioia e d’amore. A voi sta la disponibilità a farvi abitare. Buona Pentecoste!

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Data di aggiornamento: 28 Giugno 2025
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