La gloria risplende a Venezia
Sulla linea dell’orizzonte, sopra lo specchio lagunare, si staglia il profilo di Venezia, apprezzabile soprattutto approdando alla città dalle vie d’acqua. Da esso emerge, in maniera inconfondibile, l’imponente Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari con il suo superbo campanile, il secondo in altezza della città dopo quello di San Marco. La chiesa, costruita a partire dal 1330, sembra dare forma plastica, nel suo svettare sulla laguna, al moto ascensionale che Tiziano ha impresso nella grande tavola de L’Assunta. La Basilica francescana rappresenta un originale connubio tra architettura, scultura e pittura che, oltre a darci la possibilità di apprezzare il riuscito dialogo tra queste diverse arti, permette di cogliere la singolarità di una composizione che si è andata costruendo lungo il corso dei secoli, proponendo un programma iconografico unico. L’ouverture di questo spazio è costituito dall’elegante facciata gotica con il suo coronamento a volute ascendenti che già all’esterno mettono in movimento verso l’alto i grandi volumi dell’edificio in mattoni rossi.
Varcata la soglia, lo sguardo del visitatore viene subito catturato nel cono visivo che, attraversando la navata centrale e lo spazio definito dal coro, arriva all’altare maggiore della Basilica. Un cono ottico sapientemente costruito che introduce, nello spazio ritmicamente cadenzato dalle luci delle campate e dalle possenti colonne circolari, al coinvolgente incontro con lei, la Madonna, rappresentata nel fulgore della sua assunzione al cielo. Maria, la tutta bella, raffigurata nel momento della morte con la bellezza della giovinezza, è colta nell’istante in cui ancora si trova sospesa tra cielo e terra, un po’ come la stessa Venezia, ancorata alle isole della laguna tra terraferma, mare aperto e volta celeste.
Un solo pannello di sette metri
Nel 1516 l’allora guardiano della comunità francescana dei Frari commissionò a Tiziano Vecellio (1490 c.a. – 1576), giovane ma già apprezzato e ammirato pittore, la grande pala de L’Assunta per l’altare maggiore della chiesa: si trattava della più importante commissione religiosa sino a quel momento ricevuta dall’artista. La grande tavola richiese due anni di lavoro al pittore cadorino e fu completata nel marzo del 1518; venne collocata in una monumentale edicola lapidea, realizzata appositamente per ospitare il dipinto. Le novità iconografiche e pittoriche proposte da Tiziano suscitarono non poche perplessità nei contemporanei, e non furono risparmiate aspre critiche: gli stessi committenti valutarono di rifiutare l’opera.
Il dipinto a olio, realizzato su un solo grande pannello verticale a terminazione semicircolare, alto quasi sette metri, presenta al centro la scena con l’Assunzione della Vergine. Maria indossa la tradizionale veste rossa con manto azzurro e, in un vortice di luce, ascende verso il Padre Eterno che la attende con le braccia aperte, sospinta dalle nuvole e da una schiera di angeli che cantano e suonano. La corona di nuvole aperta per il passaggio della Vergine sul basso va a costituire il soffice piano di appoggio della Madonna e si pone come linea di separazione spazio-temporale tra il finito e l’eterno. L’apparente leggerezza delle nuvole non elimina la loro concreta consistenza: in un gioco di luci e ombre – come si può osservare sugli apostoli sottostanti –, gli spumeggianti volumi vanno a sottolineare la differenza dei due tempi rappresentati, il presente e il futuro al quale tutti siamo chiamati. Gli apostoli assistono increduli all’evento prodigioso e nell’articolazione dei loro corpi, sottolineata dalle ampie campiture colorate delle vesti, Tiziano sembra cogliere il sentimento di questi uomini combattuti tra il desiderio di trattenere con loro quella che è diventata la «Madre» di tutti e la gioia della manifestazione di un destino comune per l’intera umanità.
In occasione dei 500 anni
Nella sua storia la pala ha conosciuto diversi interventi di restauro: probabilmente ve ne fu uno già nel corso del XVIII secolo, ma quelli documentati risalgono al 1817 e al 1974; in quest’ultimo, la pala è stata sottoposta alla sostituzione di numerosi elementi del supporto. Tali sostituzioni, fortunatamente, non hanno inibito la funzionalità originaria e i naturali movimenti del tavolato. La qualità del legno scelto, la stagionatura e l’eccellente metodo di assemblaggio, congiuntamente all’umidità elevata del sito e ai limitati rimaneggiamenti subiti nel passato, hanno permesso al supporto dell’Assunta di giungere sino a noi in condizioni conservative molto buone.
L’intervento di restauro intrapreso in occasione dei 500 anni di storia del dipinto, e finanziato da Save Venice (associazione statunitense che ha come obiettivo proprio contribuire alla conservazione del patrimonio storico artistico della città lagunare), trova la sua origine ben prima del 2016, precisamente in un intervento conoscitivo, al quale sono seguite due fasi operative: la prima a carattere manutentivo, eseguita da Giulio Bono ed Erika Bianchini dal 2012 al 2013, e la seconda a carattere restaurativo, tra il 2019 e il 2022, condotta magistralmente, sul supporto ligneo e sulla pellicola pittorica, rispettivamente da Roberto Saccuman e da Giulio Bono con i loro collaboratori. Infine, l’edicola lapidea che incornicia e accoglie l’opera è stata oggetto del restauro di Egidio Arlango e collaboratori.
I numeri dell’intervento sono impressionanti e danno un’idea dell’impegno profuso nel riportare a nuovo splendore questo capolavoro: il lungo restauro pittorico ha coinvolto una superficie di 28 metri quadrati (uno dei dipinti su tavola più estesi al mondo) e ha impegnato i restauratori per quasi 9 mila ore di lavoro, corrispondenti a una media di 320 ore al metro quadro. La pulitura, l’operazione restaurativa più delicata perché irreversibile ed eseguita inevitabilmente con solventi (seppure blandi), è stata condotta sull’intera superficie del dipinto rullando (e non sfregando) piccoli batuffoli di ovatta. Specifici anche gli interventi che hanno interessato la cornice lapidea, dove il recupero delle antiche dorature, ma soprattutto delle superfici decorate con azzurrite, è stato possibile grazie all’impiego della tecnica di pulitura mediante laser.
Fondamentale per la sicurezza del dipinto è stata la scelta di operare direttamente in situ, opzione che però ha reso molto più complesso l’intervento. L’ottimo risultato, ora visibile a tutti, a detta dei soggetti coinvolti è da ascriversi alla straordinaria perizia tecnica e alla perseveranza dei restauratori, ma anche al rapporto fattivo e collaborativo tra la Parrocchia – in primis all’impegno profuso dal parroco, fra Lino Pellanda, che è anche guardiano del convento dei frati minori conventuali ivi presente –, il Patriarcato, la Soprintendenza, la Direzione lavori, il Laboratorio scientifico della Misericordia, i restauratori e i consulenti esterni, ognuno per la propria competenza e responsabilità, ovviamente sostenuti dal generoso apporto organizzativo e dal sostegno economico di Save Venice.
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