Verso Natale con Maria
Madonna del Pilastro
Come viviamo il tempo che ci è donato?
Maria con Gesù Bambino in braccio, in un ritratto che ispira una sorta di dolcezza. È la Madonna Eleousa, cioè la Madre di Dio della tenerezza, una variante della più antica e solenne Madonna Odigitria, colei che mostra la via, cioè Gesù, da lei indicato con la mano. L’intimità tra la madre e il figlio traspare dal delicato guancia a guancia tra i volti dei due… che cosa infonde in noi? Non percepiamo forse la tenerezza, l’affetto, l’amore di cui tutti abbiamo bisogno? Questa scena piena di calore e dolcezza è collocata tra due santi: a sinistra san Giovanni Evangelista, giovane con il libro del Vangelo in mano; a destra san Giovanni Battista, con la barba e vestito di peli di cammello. Perché proprio loro? La pittura medievale è sempre simbolica, ogni immagine nasconde dei significati. La scelta dei due santi non è casuale: l’Evangelista è festeggiato il 27 dicembre, poco dopo il solstizio d’inverno; mentre il Battista viene ricordato il 24 giugno, in prossimità del solstizio d’estate. Simbolicamente, rappresentano gli estremi dell’anno solare, ricordandoci che la vita, il tempo, la storia di ognuno e dell’umanità girano intorno al centro di tutto: Gesù. Il tempo è una componente fondamentale del nostro vivere, a cui tutti noi siamo costretti a sottostare, con cui dobbiamo rapportarci e di cui dobbiamo subire gli effetti. Come viviamo noi il tempo che ci è dato? Lo sprechiamo o lo adoperiamo con intelligenza, con amore, con affetto? Il tempo che scorre ritmato dalle lancette dei nostri orologi è il tempo cronologico, in greco kronos. Se lo viviamo accogliendo e mettendo in pratica il Vangelo di Gesù, il cui libro è tenuto in mano dall’Evangelista, ecco che diventa kairós, cioè tempo della Grazia di Dio.
Madonna Mora
Quali parole vorremmo sentir pronunciare da Gesù Bambino?
Maria, madre di Dio, è donna concreta nella sua femminilità, senza abbandonare la grazia della bellezza regale. Lo vediamo nella statua della cappella della Madonna Mora: non ci troviamo di fronte a una creatura idealizzata al punto da interporre tra noi e lei una soglia quasi invalicabile. Maria non è eterea, ma è concreta, è una di noi, vicina all’esperienza di ogni madre e di ogni figlio, di ogni uomo e di ogni donna. Donna di terra e di cielo, come le sue vesti dal colore rosso e azzurro, appunto a significare la creaturalità rivestita di grazia celeste. Maria è colta nel momento in cui, lasciando spazio al piccolo Gesù, sembra quasi meravigliarsi delle parole che escono dalla sua bocca. Ha lo sguardo della madre che nello stesso tempo si compiace e sostiene il figlio quando riesce a dire le prime parole. Ma guardiamo questo bimbo: sembra proprio stia parlando! Che cosa dice? Quale può essere la parola che lui vorrebbe si depositasse nel nostro cuore in questo momento?Nell’osservare questo bambino possiamo avvertire un imbarazzo di fronte a quella manina paffuta che accenna un gesto benedicente e all’altrettanto paffuta manina che sorregge un globo dorato. Nelle mani di un bambino troviamo il peso del mondo e la sua redenzione sotto il segno della croce, troviamo il cuore di Dio che batte d’amore per l’uomo. Quelle manine paffute hanno già dentro di loro tutta la potenzialità dei gesti di salvezza di Gesù: sono mani che toccheranno, che accarezzeranno, che guariranno, che consoleranno e che laveranno i piedi. Questo è il mistero dell’amore racchiuso in quel globo sostenuto da un bambino nella sua veste di re; re di amore e di passione, uomo e Dio, come dice il suo abito dal color rosa, un rosso trasfigurato già dalla gloria della risurrezione, che è il destino di ogni uomo.
Madonna del Pulpito
Sappiamo imparare l’ascolto da Maria?
Un’immagine di Maria, semplice e molto profonda, il cui messaggio è tutto compreso nello sguardo. Lasciamoci osservare da questi occhi: che cosa vedono? Pensiamo all’autore dell’affresco che aveva a disposizione solo uno sguardo, doveva rappresentare due occhi che facessero cogliere a chi li osservava tutta la profondità di questo pensiero: Maria, che guarda a noi, non ci condanna, ma ci vuole accogliere e consolare. In effetti, se osserviamo bene, la Vergine non è concentrata sulla scena in cui si trova, non guarda il bimbo. L’ha in braccio ma sembra sia presa da altro, come fosse distaccata: è appunto impegnata su di noi. Anche Gesù è rappresentato come un bimbo semplice e spontaneo, con uno sguardo affabile, rivolto al Vangelo che san Giovanni tiene in mano. Attenzione, però: Gesù è proteso alla sua destra ma poggia la manina sul petto della mamma. Quasi a dire: «Segui la Parola di Dio, senza staccarti da Maria, perché è lei che ti mostra come si può seguire il Vangelo, è lei che ti accompagna nell’ascolto della Parola». Non a caso questo affresco è sul pulpito, il luogo dove, dal 1200 in poi, veniva proclamata l’omelia. Con tale sistemazione, se il fedele che ascolta l’omelia si distrae, incrocia subito lo sguardo di Maria che lo fa tornare alla Parola. Maria nei Vangeli parla poche volte, ma ascolta molto. L’ascolto è la sua caratteristica peculiare: Maria ascolta ogni parola di suo figlio. È lei la prima discepola, la prima a vivere la parola che ascolta. Sa fare silenzio dentro di sé per fare spazio al parlare di Dio attraverso le persone, gli eventi e le circostanze: questo diventa un invito anche per noi.
Madonna del Donatello
Quali stanchezze ci allontanano da Dio?
«Colui che l’universo intero non poteva contenere è stato contenuto nel tuo grembo, o Theotókos». Così si esprime un antico inno della liturgia ortodossa, riferendosi alla Theotókos, letteralmente «Colei che partorisce Dio», la Dei Genitrix.Ecco la Madre di Dio in una delle più belle rappresentazioni che ne fa l’arte nel corso di tutti i secoli. Maria ha una posizione particolare e inusuale perché, pur trattandosi di una scultura in bronzo, risulta dinamica. Non è seduta, ma neanche in posizione eretta: è leggermente chinata in avanti, si sta alzando dal trono e ci sta porgendo il Bambino Gesù. La posizione che lei assume non è il semplice tenere in braccio il bambino, ma lo porge, lo sta quasi sottraendo a sé per donarlo a tutti: è colta da Donatello proprio nel momento del dono! Di fronte a questa dinamica di dono, la posizione da assumere è quella del ricevente: ci possiamo ritrovare nei pastori, poveri uomini destati nel torpore del loro lavoro di veglia, oppure nei Magi, giunti dopo un lungo viaggio a comprendere la novità dirompente di un Dio che si mette letteralmente nelle mani dell’uomo. Possiamo domandarci qual è quel torpore presente nella nostra vita, quella stanchezza che magari ci fa rinunciare di fronte a un annuncio, non sempre sfolgorante, come quello degli angeli nella notte di Betlemme. O magari possiamo chiedere la grazia di riuscire a cogliere quell’annuncio di nuova vita di cui abbiamo urgente bisogno, quando ci sentiamo presi dall’oscurità della notte. Possiamo anche riconoscerci in quei personaggi che, avendo colto un segno e avendo percorso un lungo viaggio, si sono trovati un piccolo bambino, con i suoi genitori e poco altro… Tutti i sogni, le speranze e i desideri si vanno a scontrare con la povera presenza di un neonato, che a fatica aveva trovato un posto per nascere. Non è facile comprendere la novità di un Dio che fa della debolezza la sua grandezza e della fragilità la sua forza… e questo, proprio per mettersi in relazione con noi!
La Madonna Bizantina
Ci sentiamo avvolti dalla misericordia del Padre?
La Vergine con il Bambino tra i santi Antonio e Francesco, è la più antica immagine di Maria presente nella Basilica. Si trova nella lunetta sopra l’antica porta d’ingresso alla sagrestia e si ispira al tipo bizantino della Madonna Eleousa, la Madonna della Tenerezza. Oltre al particolare del Bambino che preme la sua guancia su quella della mamma, segno di affetto e di profonda unione, è oltremodo tenero il gesto di Gesù che delicatamente ne prende in mano il mento per girarlo verso i fedeli. Sembra quasi che Gesù, la Misericordia e la Tenerezza incarnata, voglia «costringere» la Madre a guardare anche noi suoi figli con lo stesso sguardo tenero e materno con cui lei guarda il suo bimbo, come solo una mamma può fare. Il Signore sa come siamo fatti, conosce le nostre qualità e i nostri limiti, ma vuole far emergere da noi il bello e il buono che abbiamo dentro. Per questo non smette mai di guardarci con occhio amorevole e ci invita a fare altrettanto con gli altri, così come Maria. Dio è ricco di misericordia e di compassione, vuole che ci sentiamo guardati con sguardo amoroso e compassionevole da lui e anche da sua madre. Solo se ci sentiamo così, abbracciati dalla sua misericordia, toccati nell’intimo dalla sua compassione e accarezzati dalla sua tenerezza, saremo anche noi capaci di avere uno sguardo altrettanto tenero, misericordioso e compassionevole sugli altri, sulle persone con cui viviamo.Il Natale che attendiamo diventa allora l’occasione per sperimentare l’amore di Dio, ma anche l’affetto materno di Maria, per farli nostri e poi donarli alle persone con cui viviamo.
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