La nostra Siria grande come il mondo
La Siria di un padre e di un figlio. Per anni non trovano le parole per raccontarsi. Il figlio per chiedere le cose giuste. Il padre per affidargli, dopo tanto silenzio, la propria storia.
Sarà la guerra a riaprire una porta chiusa da anni e a tessere un dialogo dentro al quale si intersecano le loro vite, ma anche il tempo e la Storia, le culture e le vite di altri.
Protagonisti Mohamed e Shady Hamadi, rispettivamente padre e figlio, autori di questo libro in cui ci viene restituita la narrazione a quattro mani di un Paese in cui passato e presente sono scanditi da un filo rosso segnato da guerra, fuga e dolore.
«Guardandoci l’un l’altro – scrive Shady – mio padre e io abbiamo scoperto con stupore che le nostre esistenze, seppur distanti per molti aspetti, avevano parecchio in comune. E questo è stato possibile grazie a quella impronta siriana comune e alla sua inevitabile ombra, l’esilio, che in modo diverso riguardava entrambi».
Mohammed, negli anni Settanta, vive l’esperienza dell’immigrazione per cause politiche. Shady vive la stessa vicenda, cinquant’anni dopo, per motivi economici.
«Per mio padre la Siria, a un certo punto, non era più nostalgia, ma si era trasformata nell’immagine del proprio dolore nascosto per anni nel silenzio – spiega Shady –. Per me, invece, era un desiderio prepotente: varcare quel confine per ritrovare me stesso».
Dentro al libro anche la convivenza quotidiana con molte culture. «Mio padre aveva convissuto serenamente con tutte le culture che aveva attraversato, io volevo conoscerle tutte in modo quasi bulimico per appropriarmi in modo chiaro della mia vera identità».
Non è un caso allora che per Mohamed la «sua» Milano sia anche fatta di luoghi che, insieme ad altri pensionati, ha il compito di tenere aperti e far conoscere. A uno è molto legato: la chiesa di san Maurizio al Monastero Maggiore.
«Un posto incantevole in cui mi sento a casa. Nel silenzio di una delle chiese più belle d’Italia – racconta Mohamed – con i visitatori parliamo di religione e di simboli, di testi sacri e di come sono entrati in quello che siamo e nel nostro modo di vedere il mondo; lo stupore, oltre alla bellezza che abbiamo davanti, ogni volta nasce dal trovarsi più vicini di quanto lo fossimo prima di iniziare a parlarci».