La voce di Antonio
Nel 1998 «Il Messaggero di sant’Antonio» ha compiuto cent’anni di vita. Un secolo, da quando era uscito il primo numero de «Il Messaggiero di S. Antonio», il cui frontespizio recitava: «Periodico mensile illustrato. Organo della Basilica ed Arciconfraternita di S. Antonio. Benedetto da Sua Santità Papa Leone XIII». Il periodico all’epoca voleva essere, ed era in effetti, il «bollettino» di collegamento tra la Basilica del Santo e i suoi devoti, inizialmente in Italia, per allargarsi poi, dopo la Seconda guerra mondiale, a tutto il mondo, fino a diventare plurilingue, con sette edizioni autonome nelle principali lingue, proprio mentre si apprestava a celebrare quel primo secolo di vita. Il numero inaugurale della rivista usciva dopo solo tre anni da quando, nel 1895, si era festeggiato il settimo centenario della nascita del Santo (1195-1895). L’occasione era stata solennemente ricordata e non solo nella sua dimensione religiosa, bensì anche grazie a un grandioso progetto di restaurazione artistica realizzato in Basilica: la ricomposizione dell’altare con le opere di Donatello e il concorso di decorazione pittorica del Santuario (la stessa che possiamo ammirare ancora oggi), modificando così in modo evidente la visione dell’interno. Al momento di avviare le pubblicazioni della rivista, a onor del vero, non erano mancate le polemiche, anche legate a un analogo «bollettino» a cura della diocesi di Padova; ma il fatto che il «Messaggiero» fosse voce «ufficiale» del Santuario, fece la differenza.
Una lunga storia
Come leggere, oggi, questo itinerario lungo ben 124 anni? Proviamo a cogliere alcuni passaggi di un percorso sempre dominato dalla figura, dal messaggio e dalla devozione a sant’Antonio, il frate portoghese adottato e identificato con la città di Padova che ne conserva le spoglie. Come abbiamo già detto, nel primo periodo la rivista è un «bollettino» che collega i devoti del Santo con la Basilica che ne custodiva la memoria, attraverso l’operato dei frati che di tale memoria si sentivano eredi. Una tappa prolungata nel tempo, questa iniziale, capace di farsi sentire nelle domande della vita e delle traversie che la storia di quegli anni riservava. Il «Messaggiero» fu infatti testimone di tante invocazioni nella Prima guerra mondiale, proprio grazie a un Santo sentito vicino dalla gente nella tragedia della guerra, punto di riferimento devozionale per tante famiglie con figli e padri al fronte.
Di questo primo periodo può essere significativo il motto, suggerito da Pio XI, con cui si volle celebrare il settimo centenario della morte di Antonio (1931): «Ad Jesum per Antonium» («A Gesù, per mezzo di Antonio»). Il Santo rimaneva dunque la via che accompagna verso il Signore; la devozione doveva far riscoprire la verità di Dio che si era manifestata nella santità ed esemplarità di frate Antonio. Il non farlo lo avrebbe reso un «idolo» fine a se stesso! Di questo periodo, vanno ricordati gli anni della direzione di padre Placido Cortese (1937-1943), bellissima figura sacrificata dall’odio nazista nel 1944. La rivista da lui diretta era arrivata a quasi 800 mila copie, al punto che i frati dovettero realizzare una tipografia in proprio per la sua stampa, visto che essa continuava a essere voce e sostegno in anni in cui la violenza della guerra (la Seconda, in questo caso) si faceva sentire ancora una volta.
Un passaggio successivo del percorso lo possiamo leggere negli anni effervescenti del concilio Vaticano II. Cambiata la veste grafica della rivista, ci si avvale ora di firme prestigiose capaci di cogliere e interpretare le grandi questioni del tempo. Il «Messaggero» non è più solo «bollettino» di collegamento, dunque, ma anche mensile di proposta e di riflessione cristiana. Nuove domande sorgono in quegli anni anche sulla recezione della figura di sant’Antonio e della devozione popolare, messa in questione nel dibattito tra «fede dotta» e «fede popolare», allora quasi in contrapposizione e, quest’ultima, vista con sospetto (salvo rimanere ben radicata nel cuore della gente). Le prime inchieste sociologiche sulla devozione a sant’Antonio effettuate proprio in quegli anni fanno emergere un «fenomeno antoniano» diffuso in tutto il mondo, non scalfito né scalfibile, che diceva di una presenza antoniana dai connotati familiari, di un legame nei confronti del Santo dal sapore affettivo.
Possiamo cogliere il punto di arrivo di questa seconda fase nelle celebrazioni per l’ottavo centenario della nascita di Antonio (1995): il mondo dei devoti comincia a essere recepito, nella comunicazione veicolata dalla rivista, non tanto come un mondo di «abbonati», quanto di membri di una grande famiglia, la «famiglia antoniana», sottolineando in tal modo il vincolo affettivo che rende viva la presenza del Santo. Il motto del centenario del 1995 diventerà da ora in poi il motto antoniano per antonomasia: «Antonio: vangelo e carità», dando così voce a quei simboli con cui Antonio è quasi sempre rappresentato, cioè il Libro (la Bibbia) e il pane. Il Libro dice del compito vissuto dal Santo consumatosi quale predicatore nell’annuncio della Parola di Dio con forza e passione, e nel lascito dei suoi Sermoni; il pane è il simbolo di bisogni che si fanno carità solidale. È in questa logica di presenza e solidarietà che va compresa l’attività, avviata sin dalla fine dell’Ottocento, del «Pane dei poveri», divenuto ora Caritas sant’Antonio: un impegno a «condividere e spezzare il pane» della carità in tante situazioni di bisogno in ogni parte del mondo.
E oggi? È noto che la carta stampata sta vivendo una crisi di diffusione, anche a causa dell’affermarsi di altri mezzi di comunicazione. Da tale crisi non è esente nemmeno «Il Messaggero di sant’Antonio» che, pur vedendo contratto il numero dei lettori, continua nella sua opera di farsi portavoce dei valori antoniani, a trecentosessanta grandi, cercando di leggere la realtà complessa di oggi alla luce del Vangelo e dei valori francescani e antoniani. Accanto alla rivista cartacea (realizzata oggi in sei edizioni differenti, cui se ne aggiunge una speciale per ragazzi), diffusa anche in formato braille e nero braille per i lettori ipo e non vedenti, hanno preso vita in anni recenti altre forme di comunicazione attraverso il web e i social media.
Grande impegno è stato infuso in questi ultimi anni pure per mantenere vivo il contatto con le persone attraverso le lettere e le email: gli abbonati scrivono ai «frati del Santo», perché, a nome di sant’Antonio, essi diano risposta ai loro dubbi e angosce. E, infine, c’è anche una strada nuova di comunicazione che va letta nella dimensione del legame «tangibile» col Santo – alla stregua della carezza che ogni pellegrino che giunge a Padova depone sulla tomba di sant’Antonio –, vale a dire l’impegno del «Pellegrinaggio delle reliquie», il farsi prossimo e presente del Santo in tante parti d’Italia e del mondo, occasione per riascoltare il messaggio francescano di Antonio nel dono della pace e di relazioni riconciliate. Un dono che, mese dopo mese, continua a permeare anche le pagine della rivista, messaggero di pace, portavoce di Antonio.
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