L'arma della fede
Secondo gli studiosi dell’antichità, le civiltà si possono comprendere a partire da tre dimensioni: il lavoro, la religione e la guerra. Se guardiamo anche il mondo di oggi con occhi attenti, possiamo vedere che il lavoro ha perso moltissimo valore: la disoccupazione è alta, i salari sono bassi, il lavoro nero e lo sfruttamento non accennano a diminuire, anzi, le protezioni si allentano. E che dire della religione? In Occidente la secolarizzazione ha ormai spazzato via quasi completamente persino la domanda sull’esistenza di Dio, convinti come siamo che solo la scienza e la tecnica ci possano salvare.
Nel resto del mondo le religioni diventano preda di strumentalizzazioni politiche che alimentano fondamentalismi e legittimano violenze. E così non rimane che la guerra, che non a caso si è riaffacciata violentemente proprio ai confini dell’Europa, nel momento in cui la si pensava ormai relegata nei libri di storia o in Paesi lontani. Quando le popolazioni sono immiserite, quando la dimensione spirituale è rimossa o contrastata, si creano condizioni propizie a forme di riscatto nazionalistiche violente e disumane. Lo abbiamo visto tutti.
In un contesto così, la religione rischia di diventare supporto simbolico per l’ingiustificabile. Ma è proprio solo questo il ruolo che le religioni possono giocare oggi? Anziché legittimare lo scontro di civiltà, schierandosi con le parti in conflitto, le religioni oggi hanno la missione fondamentale di rompere la logica bellica e spostare il piano del discorso su un livello diverso: quello del comune destino della famiglia umana. Non si può disinnescare la guerra oggi senza l’aiuto della religione.
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