Le eccellenze dimenticate
Sono decine di migliaia i ricercatori e gli studiosi italiani che vivono e lavorano nei cinque continenti. Fuori dall’Italia hanno trovato migliori condizioni di lavoro, di carriera e di riconoscimento economico, come è emerso anche dalla recente XIX Conferenza dei ricercatori italiani nel mondo, svoltasi a Bruxelles, in Belgio.
L’Italia li ha formati, ma altri Paesi del mondo ne traggono profitto. Spesso si tratta di nazioni come Stati Uniti, Germania, Francia, Gran Bretagna, Canada o Paesi asiatici che sono nostri diretti competitor sul mercato e nell’ambito dell’innovazione.
Indipendentemente da chi va al governo, l’Italia, al di là dei discorsi ufficiali, non riesce ad avere una visione strategica del ruolo della ricerca, e delle sinergie che si possono sviluppare tra le nostre eccellenze all’estero, le università e le imprese di casa nostra.
Purtroppo tendono spesso a prevalere visioni miopi e provinciali, che rischiano di marginalizzare il ruolo e il peso dell’Italia in un mondo globalizzato in cui chi è tagliato fuori dalla ricerca scientifica e tecnologica, è invariabilmente condannato al declino.
Oggi ne parliamo con il professor Simone Lucatello del Conacyt (Consiglio nazionale delle scienze e della tecnologia del Messico) e coordinatore del report Geo7 (programma delle Nazioni Unite per l’ambiente). Lucatello invoca da sempre un rapporto più chiaro e continuativo tra ricercatori all’estero e istituzioni italiane, capace di costruire una strategia di lungo periodo.