16 Settembre 2025

Le opere di chi crede

Un lettore chiede lumi sul senso delle parole di Gesù: «In verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste…». Una frase della quale già sant’Agostino aveva tentato una lettura.
Le opere di chi crede

© PHAS / Universal Images Group via Getty Images

«È da tempo che mi sto interrogando sul seguente versetto del vangelo di Giovanni: “In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre” (Gv 14,12). Come devono essere intese quelle parole? Chi, storicamente, se avvenuto, ha compiuto opere ritenute più grandi di quelle di Gesù? E poi, in senso quantitativo o qualitativo? Tutte le mirabolanti evoluzioni tecnologico-scientifiche, particolarmente proliferate negli ultimi anni, possono concorrere a essere definite più grandi? A puro titolo di esempio, i livelli altissimi di cure sanitarie nel salvare vite umane possono appartenere alla categoria? Così pure le esplorazioni spaziali? O il livello di “grandezza” rimane in ambito etico, morale, religioso in vista della salvezza personale? Se così fosse, allora, di che opere parliamo?».

Lettera firmata

In un’omelia, sant’Agostino, commentando questo passaggio del Vangelo, nota che il testo prosegue dicendo «qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò», e afferma: «Non s’innalzi il servo al di sopra del Signore, né il discepolo al di sopra del Maestro: egli dice che i discepoli faranno opere più grandi di quelle fatte da lui, ma è sempre lui che agirà in essi e per mezzo di essi; non essi da sé medesimi». Questa considerazione è molto importante, è in linea con tutto il messaggio del Vangelo, per cui il discepolo non opera basandosi sulle sue forze, ma sulla relazione con il Signore dal quale viene inviato. Agostino continua ragionando su cosa si intenda per «opere più grandi», e propone un esempio: i discepoli dopo la risurrezione hanno compiuto opere più grandi di Gesù «forse perché, al loro passaggio, bastava la loro ombra a guarire gli infermi? È cosa più grande infatti operare guarigioni con l’ombra del corpo (cfr. At 5,15) invece che con la frangia del mantello (cfr. Mt 14,36)». 

Capiamo però che un confronto del genere pare un po’ forzato: in fondo il miracolo è quello della guarigione, che avviene in entrambi i casi. Sicuramente, nel Vangelo di Giovanni, quando si parla di opere compiute da Gesù ci si riferisce anche ai segni prodigiosi che ha compiuto; ricordiamo però che esse non sono semplicemente delle azioni buone fatte in favore di qualcuno, ma sono dei segni compiuti per sostenere la fede in Gesù. In linea con questo, Agostino osserva che quanto Gesù sta dicendo si riferisce anzitutto «all’opera della sua parola», cioè all’annuncio del Vangelo e conclude affermando: «I discepoli ascoltavano e credevano in lui, e la loro fede era il frutto di quelle parole. Ma quando i discepoli cominciarono ad annunciare il Vangelo, non credettero soltanto poche persone come appunto erano loro, ma popoli interi: queste sono, senza dubbio, opere più grandi». Mi pare che questa sia una interpretazione interessante, in linea con il testo evangelico e con la storia del Cristianesimo.

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Data di aggiornamento: 16 Settembre 2025

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