L'ISPRA alla scoperta delle montagne sommerse
L'aria frizzantina, il profumo di legno e resina, il rumore della pioggia che accarezza gli alberi... Da nord a sud, chi non ha assaporato almeno una volta la bellezza delle montagne italiane? E se vi dicessero che nel nostro Paese ne esistono molte altre ancora del tutto inesplorate? Niente alta quota, però. Per vederle bisogna scendere fino a duemila metri sotto il livello del mare. Impresa impossibile? Non per l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), che da qualche mese ha attivato il progetto PNRR MER (Marine Ecosystem Restoration) con l'intento di studiare il fondale dei nostri mari e le montagne sommerse che li abitano, scrigni di biodiversità e laboratori naturali per la ricerca geologica.
Dopo due mesi nel Canale di Sicilia e undici montagne esplorate, da settembre il progetto riparte nel Golfo di Napoli, nel Mar Tirreno meridionale, settentrionale e nel Mar Ligure per completare la mappatura di altri 68 rilievi sommersi, tutti a oltre 12 miglia dalla costa. «Si tratta di un progetto esplorativo, in quanto di almeno il 70 % delle montagne sommerse in Italia, dal punto di vista biologico, non si sa quasi nulla - spiega Michela Angiolillo, PhD di ISPRA -. Da qui la volontà di mappare le profondità marine italiane grazie all'aiuto di robot (ROV - Remotely Operated Vehicle - Work Class) filoguidati, comandati da piloti, dotati di telecamere e bracci meccanici in grado di prelevare organismi fino a 2000 mt di profondità».
Un lavoro dunque di raccolta, ma anche di grande ricerca in equipe, che inizia a bordo di una nave, dove una quarantina di persone, tra tesisti e ricercatori, si alternano con turni da dodici ore per portare a termine la loro missione esplorativa. «La scoperta di nuovi habitat e di come sono distribuite le comunità animali nei nostri mari amplia le conoscenze e apre nuovi scenari di tutela - continua Michela Angiolillo -. Tra le scoperte di questi primi due mesi nel Canale di Sicilia una sorpresa è stata trovare il corallo rosso a 900 mt di profondità. Un record importante per i nostri mari, che fotografa uno stato di salute ancora buono. Almeno per ora. La ricerca, d'altra parte, ha rinvenuto anche la presenza di molti rifiuti sul fondale: strumenti da pesca, lattine, bottiglie...». Segno che l'inquinamento non conosce confini nè pressione atmosferica.
Oltre alle colonie, di corallo rosso, le immagini restituite dal ROV hanno rivelato anche fitte foreste di pennatulacei (le cosiddette penne di mare) tra i 100 e i 140 metri e una sorprendente biodiversità bentonica, con la presenza di coralli neri, coralli bianchi, spugne e banchi di ostriche e balani giganti. Uno degli eventi più emozionanti della spedizione è stato un raro incontro con lo squalo vacca, un predatore di profondità che si è avvicinato al ROV, attratto dalle luci e dai suoni del veicolo. «Il progetto terminerà a marzo 2026 e darà avvio ad altri progetti finalizzati a mettere in atto vere misure di protezione e tutela» conclude Michela Angiolillo. In attesa di ulteriori aggiornamenti potete seguire i progressi della missione sul canale Youtube di ISPRA.
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