Lo «special coffee» che dà gusto alla vita
Un «caffè linguistico» che profuma di cultura. Anzi, di culture. Lo straordinario qui è un «normalissimo» gruppo di persone non più giovanissime, le quali, pur venendo da Paesi lontani e parlando differenti lingue, hanno deciso di accorciare le distanze tra loro ritrovandosi semplicemente in un bar a conversare. In semplicità e senza fare particolare rumore. Protagonisti sono una quindicina di simpatici over (la più giovane ha 59 anni, ma si arriva sino agli 80 e più), che provengono da vari Paesi d’Europa, dagli Stati Uniti e persino dalla lontana Australia, che ogni sabato mattina (che piova e tiri vento o che ci sia un sole caldo che spacca le pietre) si ritrovano in un locale per bere insieme un caffè, convinti che questo spontaneo incontrarsi e parlarsi guardandosi negli occhi arricchisca la loro cultura e la loro quotidianità. Dietro al loro incontrarsi non vi sono programmi, nessun progetto sociale, ma solo un semplice appuntamento al «solito bar» nel cuore vecchio del paese di Longare, alle porte di Vicenza, che con il tempo si è trasformato in una sorta di «faro sociale» capace di illuminare le vecchie buone pratiche di un tempo, che tanto bene facevano alla convivenza civile e pacifica tra le persone.
Quello che in questo angolo di Veneto accade da oltre due anni non è facile da comprendere anche per quei clienti abituali che ogni sabato vedono il bar popolarsi di donne e di qualche uomo, che arrivano per chiacchierare animatamente, in inglese e in francese, anche se non manca qualche parola in dialetto veneto che sfugge furtiva. Un caos linguistico che nel bar è ormai divenuta quasi una tradizione locale. Un dialogo a più voci che rende l’ambiente una briosa fucina linguistica internazionale. Due i signori sempre presenti: Giuseppe, settantenne di Dueville (VI), e Gino Quagliato, 88 anni, nato e vissuto a Longare. Due gentlemen che si presentano all’appuntamento rigorosamente in cravatta, come se si recassero a una vera e propria lezione in un prestigioso college: «Da più di due anni – conferma Gino –, ci ritroviamo ogni sabato in questo luogo, con la volontà di chiacchierare amabilmente e migliorare così la nostra conoscenza delle lingue straniere». I più gettonati, tra gli italiani, sono l’inglese e il francese, mentre per chi arriva dall’estero l’obiettivo è di approfondire la conoscenza dell’italiano. Questo desiderio di migliorarsi vicendevolmente, nonostante l’età, diviene parte del codice di un’«inclusione vera», dove solidarietà e apertura mentale si trasformano in una bella lezione di vitalità. Lo sottolinea anche la storica proprietaria del bar, donna Eufemia: «All’inizio non capivo che cosa facessero – racconta –, e li avevo scambiati per dei turisti. Poi, col passare dei mesi, ho compreso che, dietro a questo appuntamento, c’era un motivo ben diverso, quasi uno stile di vita: quello di chi vuole invecchiare continuando a imparare!».
Oggi, alla nostra richiesta di intervistarli, i membri del gruppo si sono un po’ agitati: «Why?», perché? In fondo, per loro, quanto stanno facendo è del tutto normale. La prima a concedersi ai nostri microfoni è Regina, risoluta settantenne americana, cui fa seguito Angela, 70 anni anche lei, nata in Australia. Poi arriva il «Pourquoi?», il perché detto in francese, pronunciato da Benedicte, 65 anni, originaria della Francia, e da Lidì, come pure dalla decana del gruppo, che proviene dal Belgio, Marie, 88 anni portati con elegante brio. Gli unici «Perché?» rivolti in italiano, sono quelli di Rosetta, 69 anni, Gabriella, 82, e Donatella, 59, la più giovane del gruppo, tutte vicentine, sostenute da Gino che fa da anfitrione per la sua conoscenza storica del paese. Nel gruppo aleggia un clima di convivialità talmente accesa da essere contagiosa: «Tutti noi abbiamo il cellulare, o il computer a casa, con cui chiamarci. Ma il nostro appuntamento “vis a vis” è un’altra cosa!» rimarca Lidì. Resta però ancora sospeso il «perché» di questa intervista: «In fondo non facciamo nulla di strano...» dicono. E così glielo spieghiamo: «Vedere un gruppo di persone di una certa età ritrovarsi per condividere le reciproche culture e lingue è un fatto atipico oggigiorno, che merita attenzione». Non finiamo di pronunciare la frase, che subito la statunitense Regina ci incalza: «Lo facciamo per migliorare il nostro livello linguistico e intellettivo, magari per combattere anche quel senso di solitudine che avvolge spesso chi vive lontano dalla propria patria. E poi qui ci sentiamo come in famiglia!».
Le risposte, dissipato il dubbio iniziale, si fanno ora più numerose: «Non facciamo pettegolezzi e non parliamo di politica, due temi unanimemente banditi come regola non scritta del nostro gruppo» dice una. E un’altra: «I nostri unici interessi qui sono per le lingue e le reciproche esperienze». Alcune delle donne straniere presenti hanno mariti italiani. Altre e altri sono vedove o vedovi. Giuseppe ha la moglie di madre lingua inglese e così in famiglia spesso parla in perfect english, tanto che alla barista si rivolge con uno simpaticissimo slang anglo-vicentino. Gino, invece, è vedovo, e ci risponde con un elegante dialetto veneto, in attesa di migliorare il suo inglese che richiede ancora qualche «ritocco». Chi sbaglia, viene corretto. Chi ha dubbi, trova risposte. Mentre chi non capisce spesso risponde in dialetto!
La francese Benedicte è tra le più energiche e rompe l’indugio cominciando a parlare di sé: «Sono una volontaria, impegnata da anni in alcune associazioni umanitarie, nelle quali offro alle donne straniere residenti in zona, in particolare africane, un sostegno linguistico. Se sono qui è perché il clima tra noi è quello tipico di un caffè che allarga gli orizzonti». «Per voi in Italia questo ritrovarsi è una novità, mentre negli States è una cosa comune – precisa Regina –. Tutto è nato da due di noi che, abitando a Longare, un giorno si sono date appuntamento al bar per chiacchierare e migliorare la lingua. L’incontro pian piano si è allargato, ed eccoci qua oggi!». «È ormai un’abitudine così forte e piacevole – incalza a sua volta Lidì –, che non esistono mariti, figli o nipoti che possano farci rinunciare a questo momento tutto nostro. Già al lunedì, il pensiero corre all’incontro del sabato successivo…». Il tutto sempre senza regole? «Certamente, qui l’unica regola condivisa è questa: “niente di scritto” – risponde Donatella –. E questa cosa ci garantisce libertà. Non abbiamo bisogno di tessere, iscrizioni o statuti ufficiali, perché tutto è contenuto nella nostra volontà di condivisione». Una realtà difficile da spiegare, tanto che faticano a trovare termini in inglese, francese o italiano per rappresentare questo «spirito di unione». Il gruppo, infatti, non ha nemmeno un nome: «Noi siamo noi. Qui ognuno porta il proprio valore e la propria esperienza» dicono.
Tra una chiacchiera e l’altra, nel frattempo sono trascorse quasi due ore, e l’incontro volge al termine. Qualcuno si apparta per parlare più sommessamente di cose personali: il gruppo serve anche a questo, nel bene come nel male: «La cosa bella di tutto ciò è che ogni volta ce ne andiamo più ricche e più liete di prima, sia “linguisticamente” che, soprattutto, umanamente» dicono quasi all’unisono. Chiediamo perché non si ritrovino in un patronato o in una qualche sala comunale. «Perché qui ci sentiamo a casa» risponde laconica Marie, belga dall’importante passato nel settore tessile internazionale, arrivata in Italia per amore, e oggi giunta trafelata all’appuntamento per salutare gli amici, lasciandosi alle spalle una difficile situazione famigliare gravata da problemi di salute: «Poter venire qui mi aiuta a sopportare il dolore che ho dentro» spiegherà poi la dolce signora, ricevendo l’abbraccio delle amiche. Poco dopo, ecco un nuovo arrivo, in bicicletta. Lei è la sportiva Rosetta che, con qualsiasi tempo atmosferico, giunge sempre in sella alla sua due ruote: «Scusate il ritardo, ma non potevo non passare almeno a salutarvi…» dice rivolgendosi al gruppo. Chi c’è, c’è, nessuno controlla le presenze, anche se qualcuno porta le giustificazioni di chi manca. L’energia positiva è tangibile e ammirevole, quanto il senso di libertà: «Qui le lingue si uniscono e la piccola cultura di paese allarga i suoi orizzonti».
È giunto il tempo dei saluti. Il clima è disteso, nonostante l’intrusione di un giornalista che certamente sa di non aver fatto uno scoop, ma, semmai, di aver sfiorato per un attimo il segreto dell’elisir di lunga vita, che questi dinamici anziani e quasi anziani dimostrano di aver compreso così bene: a volte basta uno special coffee, accompagnato da quattro chiacchiere in compagnia, guardandosi in faccia, per alleggerire il peso degli anni e delle preoccupazioni.
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