Moneta solidale, risposta alla crisi
In Italia c’è una moneta, che sembra nascere dal nulla, ma in realtà è ancorata all’economia di un territorio, una moneta che crea valore e poi sparisce, come un lievito o un fertilizzante. Questa moneta gira in un circuito, che non è una banca, il quale dà credito alle piccole imprese – di norma escluse dai prestiti bancari – senza garanzie e a interessi zero. Un’economia che sembra un sogno e che invece è realtà da dieci anni. Si tratta di Sardex, che è insieme tante cose: una moneta virtuale, un circuito di credito commerciale, una rete di relazioni che ha al centro la fiducia.
Alla base della sua nascita, però, il sogno c’è, ed è quello di cinque ragazzi sardi (Giuseppe Littera, l’ideatore, il fratello Gabriele, Carlo Mancosu, Piero Sanna e Franco Contu), alcuni neolaureati, altri già emigrati, che sono a un bivio della vita: lasciare l’isola definitivamente perché non offre opportunità di lavoro o inventarsi qualcosa per restare e magari aiutare a cambiare la sorte della loro terra. Siamo nel cuore della crisi economica iniziata nel 2008 e la Sardegna non è la Rift Valley: «Nessuno di noi – racconta Gabriele Littera, amministratore delegato di Sardex – era laureato in economia e questo ci ha permesso di non avere dogmi e non essere, quindi bloccati da ciò che gli economisti reputano inopportuno o impossibile». I cinque cominciano a studiare le monete alternative del passato e del presente e, strada facendo, incontrano il Wir, un circuito svizzero nato all’indomani della crisi del 1929 e attivo localmente ancor oggi con il nome di Wir Bank. Scocca la scintilla che, passo dopo passo, porterà al Sardex che nasce ufficialmente nel 2009. Oggi i numeri danno ragione a quel sogno: nel 2019 le imprese iscritte in tutta Italia sono 10 mila, 600 mila le operazioni effettuate, 170 milioni i crediti transati. Una crescita esponenziale. Per fare un paragone, nel 2010 gli iscritti erano 237 e i crediti transati ammontavano a 300 mila euro, quest’ultimo dato è salito a 4 milioni nel 2012 e a 67 milioni nel 2016.
Un circuito virtuoso
Il concetto alla base di Sardex è che le piccole imprese senza accesso al credito, iscrivendosi al circuito, entrano in un mercato alternativo e locale nel quale possono scambiarsi beni e servizi senza utilizzare euro, ma usufruendo da subito di una linea di credito a interessi zero. Per capire cos’è il Sardex è utile osservarlo all’opera, partendo da un dato di base: 1 sardex equivale a 1 euro.
Immaginate un ristorante che si iscrive al circuito e che quindi accetta di essere pagato in Sardex da altri aderenti. Il suo primo cliente è il proprietario di una cantina di vini, a sua volta iscritto a Sardex da poco, che vuole offrire una cena ai dipendenti. «Alla fine della cena il ristoratore emette fattura e la addebita al proprietario della cantina tramite la piattaforma di Sardex, senza che quest’ultimo metta mano al portafoglio». Che succede a questo punto? Per comodità, immaginiamo che il valore della cena sia di 100 Sardex. Il conto del ristoratore passa da un saldo zero a un saldo più cento, mentre quello del proprietario della cantina passa da zero a meno cento» Sia il credito che il debito non sono contratti tra i due, ma tra ciascuno di loro e l’intero circuito Sardex. Ciò significa che il ristoratore non è obbligato a comprare il vino dal proprietario della cantina, ma può spendere il suo credito da qualsiasi altro fornitore iscritto a Sardex, acquistando per esempio formaggio, carni o il servizio di lavanderia. «La conseguenza è che ogni iscritto potrà fare rifornimento di beni e servizi che gli servono senza spendere gli euro, che magari sono necessari per pagare altri fornitori o le tasse per le quali si usano solo gli euro».
Il bene che conviene
Perché si può fare una cosa del genere? «Perché alla base di questa operazione c’è un valore che il mercato euro non riesce a trasformare in moneta sonante» risponde Littera. Per capirlo, ritorniamo all’esempio. Il proprietario della cantina che si è rivolto al ristoratore è un produttore di 100 mila bottiglie di vino all’anno, ma il mercato euro ne accoglie solo 90 mila. Le 10 mila rimanenti invendute sono un valore che in condizioni normali non può diventare liquidità, di cui il piccolo imprenditore avrebbe urgente bisogno per pagare, per esempio, i fornitori. Quelle 10 mila bottiglie di ottimo vino finiscono nel mercato alternativo di Sardex. Allo stesso tempo, il nostro ristoratore ha un esercizio capace di servire 100 clienti a pranzo e a cena, ma non riesce mai a esaurire tutti i coperti, mentre le spese rimangono invariate. A questo punto decide di mettere sul mercato di Sardex i 20 posti che di norma rimangono vuoti. «Sia ben chiaro – continua Littera – noi non ci sostituiamo al mercato euro, ci affianchiamo, permettendo a una fetta di economia che sarebbe rimasta ferma di liberare le sue potenzialità».
Daniel Tarozzi, giornalista, tra i fondatori del network Italia che cambia, che sul Sardex ha scritto un libro (Una moneta chiamata fiducia ed. Chiarelettere), allarga la lente per spiegare l’efficacia di questa esperienza: «La crisi economica attuale non è reale, ma finanziaria. In realtà in Occidente ci sarebbero sia la domanda di beni e servizi sia l’offerta. C’è, insomma, chi vuole andare in vacanza e chi ha le strutture alberghiere con stanze vuote, il problema è che mancano i soldi, che rimangono fermi nelle banche e non vengono prestati. Se hai beni o competenze da offrire, Sardex libera questo potenziale, trasformando ciò che non avrebbe avuto un mercato nell’economia euro in moneta da spendere».
Rincara la dose Littera: «La moneta oggi è vista come un fine, si premia l’accumulo, più che la funzione di mezzo di scambio per cui è stata creata. Questo avviene anche per via degli interessi, che premiano chi tiene i soldi fermi piuttosto che chi li fa circolare, togliendo liquidità al mercato». Insomma, per qualcuno che guadagna sugli interessi ci sarà qualcun altro che non riesce a ripianare il debito, il quale continua ad aumentare proprio a causa degli interessi. Un cane che si morde la coda. «È questo il motivo per cui il Sardex non ha interessi – spiega Littera – e per cui i saldi positivi e negativi dei nostri imprenditori si compensano l’uno con l’altro». Un meccanismo che fa in modo che chi ha un credito lo voglia spendere prima possibile e chi ha un debito altrettanto rapidamente voglia ripianarlo, vendendo i propri prodotti.
Una moneta così, tuttavia, può funzionare solo se c’è un sistema di controllo e un arbitro. Chi vuole iscriversi a Sardex paga una quota di adesione e si sottopone a un’istruttoria: «Assieme agli imprenditori facciamo una doppia valutazione – spiega Littera –. Da una parte, individuiamo i prodotti e i servizi che possono essere messi a disposizione e ne quantifichiamo il valore, 10 mila, 30 mila o più euro. Dall’altra, verifichiamo se per quel valore c’è possibilità di trovare all’interno del circuito una quantità altrettanto grande in termini di fornitori». Ritornando al nostro ristorante, se l’oste mette a disposizione 10 mila euro di pasti, poi deve trovare all’interno del circuito 10 mila euro spendibili in prodotti che servono alla sua attività.
Relazioni di valore
A questo punto c’è chi ha il compito di dirigere il traffico, e questo è il broker che ha la visione d’insieme, sa chi ha crediti e chi ha debiti e aiuta i primi a spendere i Sardex e i secondi a ripianare i debiti. Il broker ha un contatto diretto e personale, per esempio, con il nostro ristoratore che è in credito, proponendogli le cantine o gli allevatori del circuito. «Sono dei mediatori, che cercano di incrociare domanda e offerta». Quando il ristoratore ha speso i suoi Sardex e il proprietario della cantina ha ripianato il debito vendendo il suo vino, il conto di entrambi si azzera e il Sardex sparisce, dopo aver dato ai due imprenditori la possibilità di avere un supplemento di business, senza spendere un euro e senza attendere per mesi i pagamenti. Questa operazione, che qui abbiamo semplificato, si moltiplica e s’intreccia in decine di contatti e scambi nel circuito, ma, alla fine, il saldo tra crediti e debiti è sempre zero.
Spiegazioni tecniche a parte, c’è un valore aggiunto, non quantificabile: «Il sistema alimenta e sviluppa le economie locali, perché crea relazioni forti e solidali, accresce la fiducia e con questa le occasioni di business. Nel circuito Sardex c’è corresponsabilità e senso di appartenenza. Tutti sono consapevoli che l’uno alimenta le possibilità di crescita dell’altro. Una corresponsabilità che si è concretizzata anche nell’emergenza covid-19 e che si è tradotta in decine di iniziative di solidarietà lanciate dagli aderenti» continua Littera. Tuttavia, chiosa Daniel Tarozzi, «Sardex funziona anche perché non è utopico, anzi è molto concreto. Non si basa sul volontariato, che rende forse un’esperienza più pura ma più precaria, e soprattutto funziona anche per chi si iscrive per mera convenienza. Quindi persino un cinico che usi Sardex alimenterebbe il circuito virtuoso».
Sardex ha messo radici in tredici regioni italiane, cambiando il suo nome a seconda del luogo: per esempio Piemex in Piemonte, Liberex in Emilia-Romagna, Venetex in Veneto. «Sono circuiti più recenti, in crescita, le cui prospettive sono davvero promettenti, perché l’economia del nostro Paese è fatta in maggioranza di piccole e medie imprese» conclude Littera.
E così, da un anno a questa parte, il nostro ristoratore sardo può decidere di spendere i propri crediti, per esempio, in un hotel del Veneto, per le sue vacanze. Sono prove tecniche di nuova economia. Rigorosamente Made in Italy.
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