Nel mondo degli influencer
La Rolls Royce fende il traffico cittadino nell’ora di punta. Al suo interno una bella signora di giallo vestita sfoglia un po’ annoiata una rivista di moda, poi si rivolge al suo autista in cerca di aiuto. «Ambrogio, avverto un leggero languorino». «Ci fermiamo per prendere qualcosa?» chiede l’uomo alla guida. «Non saprei che cosa, Ambrogio. La mia non è proprio fame. È più voglia di qualcosa di buono… Dovremmo tenere in auto qualcuno di quei Ferrero Rocher…». Ed ecco che davanti alla signora si apre una porticina da cui esce una piramide di palline dorate. Alzi la mano chi, dopo aver visto lo spot dei cioccolatini Ferrero Rocher che imperversava in tv negli anni ’90, non è corso almeno una volta a comprarli. Sono trascorsi più di trent’anni da quando la donna in giallo e Ambrogio sono entranti nel nostro immaginario, e tante cose sono cambiate. In primis il ruolo della pubblicità, che non è più la sola a influire sulle scelte del consumatore. Oggi il mitico cioccolatino ripieno, lanciato dalla Ferrero nel 1982, ha un sito web tutto suo, un profilo Facebook, Instagram, X. E una lunga schiera di sostenitori digitali che, tra una foto e un video, ci ricordano quanto è bello mordere un Rocher.
Alcuni di questi fan, in realtà, non lo sono in maniera disinteressata… Più seguito e credibilità guadagnano in Rete, più ottengono successo e denaro. Non a caso sono chiamati influencer e le aziende se li contendono a suon di sponsorizzazioni…. Secondo una recente indagine dell’Osservatorio InSIde promosso da Pulse Advertising in collaborazione con Eumetra e Università di Pavia, un quinto degli italiani (7 milioni di persone) segue mediamente 11 o più influencer. Il 76% della popolazione tra i 16 e i 65 anni (28 milioni) segue almeno un influencer. Mentre sono 21 milioni quelli che ne seguono più di due. Tra gli argomenti preferiti dai follower (sì, esistono influencer specializzati un po’ in tutti i campi): cucina e alimentazione (28%), viaggi (24%), musica (24%), abbigliamento (21%) e tecnologia (20%). A prescindere dal settore, comunque, l’indagine ha rilevato che il 57 per cento del pubblico italiano (oltre 21 milioni di persone) prende in considerazione e compra prodotti consigliati dal content creator (cioè dal creatore di contenuti). A tale fiducia corrisponde un giro d’affari in costante aumento. Se – come riporta DeRev (azienda per la strategia, la comunicazione e il marketing digitale) – «nel 2021 l’influencer marketing aveva registrato un +15% rispetto all’anno precedente, raggiungendo volumi di circa 280 milioni in Italia e generando 450 mila posti di lavoro, nel 2022 ha raggiunto i 308 milioni di euro in Italia (16,4 miliardi nel mondo), il che equivale a un +10% sull’anno precedente, che non è destinato a fermarsi. Il 2023, infatti, potrebbe far registrare un ulteriore aumento del 13%, pari a un giro d’affari di 348 milioni di euro».
Vi sembra incredibile? Ancora non vi spiegate come si possano generare simili cifre postando qualche scatto della Settimana della moda o della Mostra del cinema di Venezia (dove peraltro gli influencer quest’anno spopolavano), filmando una nuova ricetta o condividendo le proprie impressioni su una scarpa da running? Per capirlo, così come per capire l’ascesa di Chiara Ferragni, da blogger in erba a regina degli influencer, imprenditrice plurimilionaria, nonché co-conduttrice dell’ultimo Festival di Sanremo, dobbiamo fare un passo indietro. E ripartire dall’origine delle parole. Influencer, dall’inglese, colui che influenza, sta a indicare, per l’Enciclopedia Treccani, un «personaggio di successo, popolare nei social network e in generale molto seguito dai media, che è in grado di influire sui comportamenti e sulle scelte di un determinato pubblico».
«L’influencer – aggiunge Maria Angela Polesana, professoressa associata di sociologia dei media all’Università Iulm di Milano – è un soggetto che costruisce il suo seguito e, quindi, il suo successo, sulla propria capacità di aggregare attorno a sé una comunità affettiva grazie alla narrazione visuale (condivisione di foto, di video) e testuale della sua vita. Si tratta, cioè, di un racconto identitario che trae vantaggio dalla curiosità dei follower, dalla loro partecipazione emotiva, dalla loro identificazione con situazioni di vita quotidiana. Una quotidianità che viene caricata di dimensioni comiche, ironiche, surreali, in base alla capacità creativa dell’influencer che è, di fatto, un creatore di contenuti» continua la docente, autrice di Influencer e social media (Franco Angeli, 2023).
Alla base del successo di queste figure professionali, dunque, c’è sempre la condivisione di un’intimità accessibile. «Gli influencer sono molto attenti alla “gestione” dell’autenticità (che li distingue in maniera importante dai testimonial “tradizionali”) attraverso una serie di strategie volte a conservare la credibilità e la fiducia accordate dai follower – aggiunge Polesana –: ad esempio, dichiarando le sponsorizzazioni che promuovono, manifestando la sintonia tra il proprio stile di vita, i propri valori e quelli del brand in questione». Ma anche usando spesso un registro ludico che esprime emozioni positive e favorendo il processo di identificazione da parte dei follower.
Come ogni mestiere che si rispetti, del resto, anche quello dell’influencer ha regole ed esigenze proprie che non si adattano a tutti. «Richiede certamente una dose di creatività nel creare i contenuti, ma al contempo un certo carisma e la capacità di suscitare emozioni: una qualche forma di “eccezionalità” che distingua dagli altri individui» conferma la sociologa. Caso emblematico è quello di Khaby Lame, il giovane senegalese che, licenziato dalla fabbrica di Torino dove lavorava in piena pandemia, nel giro di due anni è diventato il tiktoker più seguito al mondo. Come è riuscito a conquistare i suoi 162 milioni di follower? Strappando loro un sorriso! «Se vuoi ridere sei nel posto giusto» si legge nel suo profilo TikTok: una raccolta di video muti in cui il creator abbina mimica facciale e ironia. Un’ironia semplice, per tutti, che fa il verso al bisogno generalizzato di apparire a ogni costo. Tale approccio ha fruttato a Khaby Lame un patrimonio stimato tra 1,3 e 2,7 milioni di dollari.
Al di là del caso limite, comunque, quello dell’influencer è un mestiere potenzialmente molto redditizio. Leggere per credere l’ultimo listino dei compensi 2023 stilato da DeRev (https://derev.com/2023/07/compensi-degli-influencer-2023-listino/). Si va da zero a cento euro per un post su Facebook di un nano influencer con 10-50 mila follower fino ai 300-850 per un post su Instagram da chi ha fino a 50 mila follower. Su TikTok un macro influencer con un bacino di follower da 300 mila a un milione guadagna fino a 7 mila euro a post. Cifra che lievita fino a 35 mila su YouTube. Discorso a parte per la categoria celebrity: chi vanta oltre 5 milioni di follower su Instagram guadagna da 20 mila a 75 mila euro a post. Al top le celebrity su YouTube: con oltre un milione di follower si può puntare a ottenere fino a 80 mila euro per un post! In caso di bisogno, comunque, a difendere i compensi degli influencer ci pensa Assoinfluencer, il primo sindacato italiano nato nel 2022 per la tutela legale e fiscale dei suoi iscritti. Siete ancora convinti che quello dell’influencer non sia un vero mestiere?
Culti, divi, opinion leader…
Posto che l’influencer raggiunge il suo pubblico tramite il web (siti, blog, social media), viene da chiedersi se senza la Rete una tale figura potrebbe esistere. La risposta, in realtà, è già scritta nei libri di storia, dove troviamo molti «antenati» della categoria. A ogni epoca il suo influencer, insomma. Pensiamo ai personaggi intorno a cui si creava un vero e proprio culto (un esempio per tutti: Carlo Magno). Ma anche, per giungere a tempi molto più recenti, ai divi di Hollywood e della tv, dei reality e del web, ovvero i divi della porta accanto di cui parla Vanni Codeluppi in Il divismo. Cinema, televisione, web (Carocci Editore): persone in cui ci identifichiamo, che ci sembrano più credibili perché apparentemente avulse dalle logiche di mercato e di marketing delle star tradizionali. Figure che, in mancanza di punti di riferimento solidi in una società liquida, rappresentano delle guide rassicuranti.
Altro «avo» dell’influencer dei giorni nostri è il cosiddetto opinion leader. «Un opinion leader – scrive Claudia Di Fabio in Piccolo manuale per influencer. Come creare contenuti digitali di successo (Maggioli Editore, 2021) – è una persona che gode della stima di un gruppo di affini, e che – per tale ragione – ne influenza idee, comportamenti, opinioni. Gli opinion leader hanno caratteristiche come età, provenienza, substrato sociale e, non ultimi, gusti e interessi che li accomunano ai loro “opinion follower”, cioè al pubblico generalista cui si rivolgono. Proprio per questo godono di una grande credibilità e popolarità presso i loro seguaci, e soprattutto sono in grado di influenzarne opinioni e comportamenti. Se l’opinion leader è un esperto che, all’interno delle proprie cerchie relazionali, riveste un ruolo di preminenza e credibilità, che gli è riconosciuto da una fan base fedele e (talvolta) acritica, in più l’influencer ha la possibilità di interagire con i propri follower quasi quotidianamente: è questa “relazione” con gli utenti a stabilire la differenza più importante, perché alla loro autorevolezza e conoscenza di un argomento si aggiunge il peso dato dalla relazione con i loro fan».
Salta agli occhi quanto quello dell’influencer sia dunque un mestiere di relazione, anche se perlopiù digitale, capace di smuovere i preconcetti. Basti pensare ai book influencer che, secondo un’indagine condotta da Ipsos nel 2022 per Ivrea Capitale italiana del Libro, sanno invogliare alla lettura anche una buona fetta (55%) di giovani nati tra il 1995 e il 2010 (generazione Z), non propriamente un pubblico affezionato ai libri… Chissà se senza il supporto dei booktoker (gli influencer di TikTok specializzati in libri) Il fabbricante di lacrime di Erin Doom – il libro più acquistato in Italia nel 2022 – avrebbe venduto 450 mila copie cartacee, dopo aver superato i 6 milioni di lettori su Wattpad (piattaforma di social reading dove il romanzo è stato inizialmente pubblicato, salvo poi essere scoperto da Salani nel 2021).
Come ogni grande risorsa, il web porta con sé opportunità, ma anche limiti. Lo sa bene Federica Micoli, autrice di Confessioni di un’influencer pentita (Fabbri) nonché fondatrice nel 2014 del blog di lifestyle «Closette». Dopo aver lasciato la carriera di fashion export manager per dedicare più tempo alla famiglia, Federica si trova di punto in bianco risucchiata dal mondo dei social a 34 anni. «Lavoravo da casa, nel mio mondo – scrive nella sua biografia –. Decidevo io come organizzare le mie giornate. Non c’erano capi che mi tormentassero. Usavo molto più la macchina fotografica e molto meno Excel. Imparavo nuove cose e coltivavo le mie passioni. E infine (...) avevo più tempo per stare con mio marito. Che cosa si poteva volere di più?».
Tutto però ha un prezzo. E il successo, in molti casi, può rendere schiavi. Dello smartphone, della concorrenza, della perfezione e, in definitiva, di un mondo virtuale meno dorato di quel che sembra. Ma l’importante è rendersene conto e imparare a gestirlo. Oggi Federica Micoli è passata dall’altro lato della barricata: non è più influencer, ma fa la digital strategist. In altre parole, aiuta gli aspiranti influencer ad affrontare questo mestiere col piede giusto. «Qui non troverai il corso che fa miracoli o il segreto per diventare ricchi e famosi sui social – si legge nel suo sito federicamicoli.com –! Qui si rimane con i piedi per terra, ci si rimbocca le maniche, si impara la costanza, ma soprattutto si sfruttano i social. Non il contrario!». Nulla è negativo a priori. Men che meno il mondo degli influencer. Tutto sta a saper prendere le giuste misure rispetto alle proprie possibilità e ai propri desideri. Perché, come diceva Martin Luther King, «Se non posso fare grandi cose, posso fare piccole cose in un modo fantastico».
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