Occhi aperti sulla Siria

Fuggito nel 2011 dal feroce regime siriano di Bashar al-Assad, il violinista Alaa Arsheed è approdato in Libano e poi in Italia. La Siria sta attraversando un momento delicato, racconta: il rischio del ritorno a una dittatura è dietro l’angolo.
23 Settembre 2025 | di

Era il 2011 quando Alaa Arsheed fuggiva da Suwayda, sua città natale in Siria, per raggiungere Beirut, lontano dalle proteste che si levavano contro il regime del presidente e sfociate poi nella guerra civile che sarebbe durata cinque lunghi e sanguinosi anni. Violinista di talento, si dava da fare per vivere dando lezioni di musica, suonando a matrimoni e nei locali, collaborando ad allestimenti teatrali e cinematografici, quello che capitava. Una sera un’amica italiana lo invita fuori per un aperitivo insieme con altre persone e nell’occasione incontra Alessandro Gassman, nel Paese dei cedri per girare un documentario sui rifugiati in Libano e Siria. Scatta l’empatia, Alaa partecipa al filmato con tanto di tweet di congratulazioni che Alessandro gli dedica alla fine del lavoro. Un messaggio che viene captato a Treviso dall’istituzione culturale Fabrica di Fondazione Benetton, che gli offre una borsa di studio e lo fa venire in Italia per dargli modo di comporre musica e incidere un disco. Inizia così per lui una seconda vita, lontano sì, ma sempre attento a quanto succede nel suo Paese.

Msa. Alaa, dopo l’esperienza con Fabrica a Treviso, come è proseguita la tua vita a oggi?

Arsheed. Ho continuato a lavorare con diverse associazioni umanitarie, e a suonare. E poi ho svolto tante attività d’altro tipo. In questo periodo, in particolare, sono impegnato in Italia in una comunità per minori non accompagnati, lavoro che mi permette di essere in relazione con soggetti fragili, con molte ferite interiori. Anche la musica a volte è loro d’aiuto. Ad Amsterdam ho lavorato a un progetto artistico a cui tengo molto, Echoes of Alpha. Si tratta di un progetto di visual-art, di musica e di poesia per raccontare la storia della galleria d’arte della mia famiglia in Siria, AlphaArt, distrutta dalle forze armate nel 2011, e per spiegare la nostra idea di rinascita dal dolore, nella pace e nella bellezza, non nella vendetta. Non sono più rientrato in Siria, anche se lì, attraverso l’organizzazione Dar Alfa, e con la collaborazione della mia famiglia, stiamo cercando di contribuire al sostegno dei bambini attraverso l’arte.

Cosa sta succedendo in Siria?

La Siria viene da un lungo periodo di regime. La dittatura politica di Assad, conosciuta in tutto il mondo, ha causato negli anni dolore e sofferenza. Dopo la sua caduta, nel dicembre scorso, abbiamo tutti festeggiato la vittoria dei ribelli, sognando che stesse arrivando un periodo di grande libertà. Ma a oggi sono molto preoccupato, perché sembrerebbe che si stia facendo spazio un’altra forma di regime, con elementi religiosi rigidi e incontrastabili. Dopo la caduta di Assad, la comunità alawita è stata fatta oggetto di numerose violazioni, con l’uccisione di molti suoi membri e la diffusione di un clima di terrore. Anche i drusi, di cui faccio parte, stanno subendo comportamenti duri ed estremisti.

Che cosa sta succedendo?

Le città di Jaramana, Sehnaya e Suwayda sono assediate da oscurantisti settari ed estremisti violenti. La comunità locale è realmente in pericolo, soprattutto per l’impossibilità di far entrare beni di prima necessità e materiali indispensabili per la vita quotidiana. Mi rattrista sapere che gli studenti non possono andare all’università, dopo essere stati aggrediti. Sono stati privati dell’istruzione, che è una delle cose più importanti. C’è una continua incitazione alla violenza e omicidi contro chiunque abbia un’opinione diversa. Nell’aprile scorso, in soli due giorni, più di 150 drusi non affiliati sono stati uccisi.

Come possiamo aiutare concretamente la Siria?

Penso che quello attuale sia un momento di passaggio molto importante per il mio Paese. Tenere alta l’attenzione è un’azione importante che i giornalisti italiani stanno facendo. Non deve sembrare che dopo Bashar al-Assad tutto sia risolto e che ogni scelta del governo attuale di Abu Mohammed al-Jolani vada in una buona direzione. Va tutto verificato, giorno per giorno. Avere su di sé l’attenzione internazionale è sicuramente una cosa scomoda per le forze governative, ma è fondamentale che questa attenzione resti viva per far sì che la nuova Siria non torni in fretta a essere un altro regime, con protagonisti diversi da prima, ma ugualmente autoritari, antiliberali e antidemocratici. Se le forze governative dimostreranno il contrario, saremo tutti molto contenti, ma per ora le minoranze vengono colpite e le libertà sociali sono ristrette. È importante parlarne. Sarebbe altrettanto importante che le forze politiche internazionali chiedessero delle garanzie al governo siriano, prima di attivare qualsiasi riconoscimento o contrattazione. Inoltre, sarebbe prezioso contribuire al sostegno della società civile, per supportare la pace sociale e costruire una Siria democratica.

E l’Italia, nello specifico, che cosa potrebbe fare?

L’Italia potrebbe inviare aiuti per contribuire alla rinascita della Siria, portando anche la sua esperienza politica di ricostruzione economica attuata dopo la Seconda guerra mondiale. In particolare nei settori dell’agricoltura, del turismo, dell’economia, della sanità e della cultura. Io vengo da una zona che fu la patria di un imperatore romano, Filippo l’Arabo, a Shahba. A Homs, invece, nacque l’imperatore Eliogabalo. Questo per dire quanti legami storici e culturali importanti ci siano tra Italia e Siria. In Siria ci sono aree bellissime che il vecchio regime ha marginalizzato. Nel settore agricolo servono progetti di sviluppo e una grande campagna di riforestazione, in particolare nella zona di Suwayda, da dove provengo. Di recente, in una sola settimana, gli incendi boschivi nelle foreste costiere della Siria hanno incenerito oltre 10mila ettari di bosco, distruggendo habitat e costringendo oltre 1.100 famiglie alla fuga. Questo disastro, aggravato dai cambiamenti climatici e dagli effetti delle guerre, è una delle crisi ambientali e umanitarie più devastanti nella storia recente della Siria. Ma servono anche progetti di supporto psicologico per le persone che hanno subito traumi, dopo anni di guerra. Pure lo scambio culturale sarebbe importante. La Siria non deve essere isolata: è parte integrante di un contesto globale e mediterraneo ricco di cultura e potenzialità. 

Che cosa auguri al tuo Pae­se?

Gli eventi recenti sono un segnale allarmante, bisogna capire che direzione sta prendendo il cambiamento. Serve uno Stato laico, pluralista e democratico, una separazione tra religione e Stato. Invece ora in Siria sono presenti elementi stranieri di ideologia estremista e jihadista. Si tratta di un grave pericolo per la società: questi gruppi takfiri stranieri dichiarano miscredente chiunque non condivida la loro visione, si basano su ideologie salafite radicali e compiono atti di violenza e uccisioni di civili innocenti.

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Data di aggiornamento: 23 Settembre 2025
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