«Il mio san Francesco»

Il 18 settembre esce in libreria il libro di papa Francesco: «Il mio san Francesco» (Emp), frutto di una serie di colloqui che papa Bergoglio ha avuto, nelle ultime settimane di vita, con il cardinale Marcello Semeraro. Ne anticipiamo alcuni stralci.
18 Settembre 2025 | di

Semeraro. San Francesco, se rileggiamo la sua vita, ha riconosciuto in tutto ciò che gli è accaduto un dono del Signore, e questo anche negli aspetti più difficili e impegnativi. [...] Oggi tutti sembrano «farsi da sé»: ciò che ho, me lo sono guadagnato! [...] Vorrei, allora, domandarle: cosa vuol dire per lei vivere sapendo che riceviamo tutto dal Signore? Quali sono i doni più belli che lei sente di aver ricevuto da Dio?

Papa Francesco. San Francesco è visto e sentito, o ricordato, come il santo della gioia, della letizia. Applicando a lui l’inizio della mia prima esortazione apostolica Evangelii gaudium direi che la perfetta letizia francescana nasce nel cuore di coloro che si aprono al Vangelo. Nella vita di san Francesco si narra che prima di morire domandò che gli fosse portato il libro dei Vangeli e gli si leggesse il passo di Giovanni che inizia: «Prima della festa di Pasqua…». Voleva dire che il Vangelo è la regola suprema per chi davvero vuole seguire Gesù e servire la Chiesa. Occorre però ricordare che san Francesco ha attraversato durante la sua vita terrena momenti di vera difficoltà; anche questi momenti, poi, non sempre sono ricordati sicché il rischio che ne deriva è fare di san Francesco un uomo sempre allegro, sempre sorridente, sempre con il canto sulle labbra. Una persona così, in realtà, rischia di essere una persona superficiale, che difficilmente sa stare nella vita imparando dalla vita stessa. La gioia è qualcosa di diverso…

Se leggiamo la vita di san Francesco ci rendiamo conto non solo che ci sono stati tempi di crisi e sfiducia, di demotivazione, ma pure che la gioia era in lui come il frutto maturato spesso nel travaglio, nei passaggi critici impegnativi. Pensiamo, ad esempio, al rifiuto che suo padre gli ha mostrato, alle incomprensioni attraversate con i frati, alle malattie fisiche, alle incomprensioni con le figure della Chiesa che pure stimava... Tutto lo ha portato a scavare dentro di sé e a scoprire che la gioia più grande è quella di un cuore libero, perché sente come il Signore gli è vicino, sempre. Gli è vicino come sorgente di ogni dono. Facile dirlo quando si sta bene e non si attraversano problemi, o lutti, o malattie; difficile poterlo dire quando si attraversano momenti drammatici. Ecco: san Francesco ha fatto l’esperienza di una grande vicinanza di Dio, del suo amore… Possiamo dire che san Francesco ha vissuto una prima svolta nella sua vita quando, sentendo tutta la sua piccolezza, la sua fragilità, il suo essere profondamente peccatore, ha nello stesso tempo gustato la bontà del Signore. Quando lui si sentiva tutto sbagliato, il Signore gli ha mostrato maggiormente simpatia e benevolenza.  [...] E un’altra svolta l’ha forse vissuta verso la fine della sua vita: nella sofferenza e nelle incomprensioni ha sperimentato la sua somiglianza con Gesù. Ed essere simile a Gesù era la cosa che lo ha consolato più di tutte. 

Possiamo imparare molto da lui [...]. Innanzitutto egli ci insegna la «restituzione» di chi sa dire grazie. Anche dell’importanza di questa parola, specialmente in famiglia, mi accade di parlare spesso. Vorrei allora ripetere che rendere grazie ha una potenza antidepressiva. Ci aiuta a prendere coscienza di quanto il Signore ci dona, a partire dalla vita, fino ai doni più umili e concreti disseminati nella nostra esistenza ordinaria. E capiamo in questo modo che non siamo isole sperdute nell’oceano, ma destinatari di uno sguardo che ci fa sentire tutta la nostra preziosità. Ringraziare costruisce una rete di relazioni. Da un lato sentiamo tutta la nostra insufficienza, il bisogno di aiuto; dall’altro, ricevendo tanti aiuti dagli altri, sentiamo anche il bisogno di collaborare, restituendo. Ecco: la gratitudine è la forza che fa uscire dall’isolamento, che ti fa gustare ciò che hai già, che non ti consuma a cercare sempre quello che ti manca.

Continuando a riflettere sulla scia della spiritualità di san Francesco, non si può certo dimenticare l’efficacia di coltivare in noi lo spirito della lode stupita. Una volta ho detto che lo stupore è una via di salvezza, perché ci libera dalla tentazione di sentirci «all’altezza» di ogni situazione. A ben riflettere, sono molti a dire che oggi c’è crisi di stupore, che tutto ci appare scontato, deve essere spiegato e dimostrato. Ma sappiamo bene come nella vita vi siano aspetti che non hanno spiegazione, che sfuggono alla dimostrazione. Ti raggiungono sorprendendoti, e facendoti comprendere che noi abitiamo in un mondo di sorprese. Pensiamo a un paesaggio bellissimo inaspettato, pensiamo alla gioia di un’amicizia, al fascino della musica, alla gioia che proviamo quando aiutiamo una persona bisognosa. Sentiamo una pienezza in noi che ci sorprende.

Potremmo forse dire che la meraviglia fa parte del linguaggio di Dio, che non ci vuole annoiati, appiattiti, ma capaci di vibrare in sintonia con la sua vita infinita. San Francesco, viene da dire, ringrazia anche per i peccati dei fratelli. Il peccato lo rattrista, e raccomanda in mille modi di non seguire lo spirito della carne, lo spirito del male. Ma raccomanda anche ai suoi frati di non adirarsi con i peccatori, di non pronunciare parole di giudizio, di non pretendere a tutti i costi che gli altri cambino come vorremmo noi. Ecco, l’umiltà di chi vede il peccato degli altri senza accusa, ma con il desiderio di aiutare, è anche questa una forma di restituzione. Rinunciamo a essere noi i giudici [...]. 

I motivi che io ho per ringraziare il Signore sono davvero tanti. Il dono della vita, della fede, dei genitori che mi hanno educato… [...] Il dono della mia vocazione: non a essere «papa», ma prima di tutto a essere pastore. Essere pastore vuol dire non per forza dover avere sempre le risposte giuste per tutti, la verità definitiva per tutti. Il pastore è innanzitutto uno che indica una via, la via del Vangelo. Magari può accadere che sbaglia, ma sempre rialzandosi e cercando di capire sempre meglio dove il Signore ci vuole, per donarci la pienezza della sua gioia. Spendere la vita per cercare di rendere più felici gli altri è forse il dono più grande che il Signore mi ha fatto…. Uno dei «fuochi» su cui san Francesco torna più spesso, quando parla di Dio e quando raccomanda di vivere in fraternità, è la misericordia. Misericordia, per lui, è qualcosa di molto concreto, qualcosa che «si fa». [...]

Puoi continuare a leggere l'anticipazione del libro di papa Francesco nel numero di settembre del «Messaggero di sant'Antonio» o nella versione digitale della rivista. Provala ora!

Data di aggiornamento: 18 Settembre 2025

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