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Walter Veltroni

Odiare l'odio

Dalle grandi persecuzioni del Novecento alla violenza sui social: le conseguenze tragiche di una malattia del nostro tempo.
16 Aprile 2020 | Recensione di
Copertina di Odiare l'odio, di Walter Veltroni, Rizzoli
Scheda
Rizzoli
2020
€ 10,00
È stato direttore de «l’Unità», vicepresidente del Consiglio, sindaco di Roma, segretario del Partito democratico e candidato premier alle elezioni politiche del 2008. Gli ultimi suoi libri con Rizzoli sono Noi (2009), L’inizio del buio (2011), L’isola e le rose (2012), E se noi domani (2013) e Quando c’era Berlinguer (2014), che è diventato un film. È regista anche di I bambini sanno.

Che cosa è l’odio? È «una forma di estrema arroganza, di eccezionale presunzione, che fa sì che noi, il nostro modo di pensare, il colore della nostra pelle, la nostra cultura, la nostra religione siano considerati il centro dell’universo, l’unica forma legittima di esistenza. Non accettiamo di esserne parte. Incoscienti e presuntuosi, pensiamo di essere il tutto». In sintesi «il rifiuto dell’altro da noi». In Odiare l’odio (Rizzoli) Walter Veltroni non si limita a descrivere quel che sembra spirito dominante del tempo. Né a rimpiangere nostalgicamente un passato più buono (non si possono certo dimenticare le guerre e le persecuzioni). E neppure ad attribuire la sua diffusione esclusivamente alla modernità dei social network. Tenta invece di trovarne le ragioni, perché – questo il messaggio del suo pamphlet – dalla tempesta di cattivi sentimenti che ci sta travolgendo non se ne esce solo con le recriminazioni o con la condanna moralistica.

Occorre invece capire i motivi dell’odio, andare alle origini, cercarne le ragioni per quanto possano essere amare. E allora si scopre che l’odio è la conseguenza di una solitudine di massa, di anni – quelli che abbiamo appena trascorso e quelli che stiamo vivendo – in cui è scomparsa ogni protezione sociale, i consumi delle famiglie si sono ridotti, l’ascensore sociale si è inceppato, l’avvenire dei figli è diventato incerto, la precarietà ha soggiogato il mondo del lavoro. L’odio è la risposta sbagliata di uomini e di donne che hanno poche speranze e poco futuro, di una società, quella italiana, che invecchia e non fa figli. E i nuovi nati – si sa – sono la speranza e il futuro. Non è certo un caso se solo il 21 per cento degli italiani prevede un futuro migliore del presente.

Ed ecco la rappresaglia, il rigurgito di livore verso chi, a torto o a ragione, si pensa abbia di più e possa contare su sicurezze che ad altri mancano.
Il guaio è che oggi sono scarsi anche gli anticorpi. In un tempo non lontano l’odio e il rancore potevano essere razionalizzati, vissuti insieme, combattuti, quando si manifestavano in forme brutali e violente, perché esistevano i corpi intermedi, i partiti, i sindacati, le associazioni, le parrocchie, i circoli culturali, le case del popolo. Oggi che sono scomparsi o fortemente in crisi ogni argine si è rotto e l’odio travolge tutto. Anche la democrazia. Che non è solo un insieme di procedure, ma la capacità di dare risposte alle esigenze dei cittadini, di governarle e, quando è possibile, di soddisfarle. Se non lo fa, anch’essa è inesorabilmente travolta da un ciclone che può distruggere ogni umanità. «Odiare l’odio» dice Veltroni, e il suo non è solo un grido di allarme ma un invito all’intervento, alla risposta, alla decisione. Che si rivolge alla politica e a tutti noi.

Data di aggiornamento: 16 Aprile 2020