Quel giorno

Una vita «normale», fatta di gesti quotidiani e ripetitivi. Poi un giorno la routine si spezza. Accade qualcosa e l’esistenza viene stravolta. È capitato anche a Eugène Handschuh e a suo padre Oscar, i protagonisti di questa splendida graphic novel ambientata negli anni bui dell’Olocausto. Una storia colma di dolore, ma anche di speranza. «Un giorno le nostre vite cambiarono. Non pensavamo a ieri, e domani sarebbe anche potuto non arrivare mai. Dovevamo affrontare ciò che ci succedeva quel giorno. Attraversare un giorno, e poi quello dopo. E poi quello dopo ancora. Un giorno alla volta».
È il 28 dicembre 1942 quando padre e figlio, ebrei ungheresi residenti a Parigi, vengono arrestati e deportati nel campo di prigionia di Compiègne. Dopo due mesi a spaccare pietre, Eugène e Oscar sono trasferiti a Drancy, un complesso di appartamenti popolari trasformato in campo di prigionia. Colti sul fatto mentre tentano di evadere attraverso un tunnel, i nostri protagonisti si trovano di nuovo deportati, questa volta su un «carro bestiame» partito dalla stazione Bobigny di Parigi il 20 novembre 1943. Destinazione: Auschwitz. Dei 1200 ebrei a bordo solo 19 riescono a fuggire, lanciandosi dal treno. Gli Handschuh sono tra questi pochi impavidi: «Non sapevamo niente dell’Olocausto. Sapevamo che stava succedendo qualcosa di brutto, qualcosa di sbagliato. Stavamo partendo per un viaggio da cui non c’era ritorno. A meno che non ci fossimo dati da fare per trovare una via d’uscita». Durante la fuga padre e figlio si perderanno, per poi ricongiungersi a Parigi e unirsi alla Resistenza.
«Mi sono imbattuto in questa storia mentre stavo facendo delle ricerche sullo zio e sulla zia di mio padre, in Francia – scrive l’autore a margine del libro –. Come avrete notato, c’è un campo di prigionia nella storia: gli zii di mio padre ci sono stati nello stesso periodo dei protagonisti di questa vicenda. E c’è un treno, un “carro bestiame” che deportava gli ebrei da Parigi ad Auschwitz. Gli zii di mio padre furono deportati proprio su quel treno. Non fecero mai più ritorno. La storia è raccontata per voce di Eugène Handschuh ed è basata su un’intervista che egli rilasciò a “Libération”, un giornale francese, e su un libro intitolato Nous n’irons pas à Pitchipoi: Le tunnel du camp de Drancy, di Janet Thorpe (Editions de Fallois, 2004)».
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