07 Luglio 2020

Ricominciare lontano lontano

Trasferirsi da Roma alle Azzore per vivere una vecchiaia spensierata: è l’obiettivo dei tre protagonisti di «Lontano lontano» (Italia 2019).
I protagonisti di «Lontano lontano» in una scena del film.

© Sara Petraglia

Tre simpatici anziani sulla settantina, residenti a Roma, immaginano di dare una svolta alla loro vita sempre uguale, trasferendosi alle Azzorre: clima buono, pace sociale, condizioni economiche vantaggiose dovrebbero garantire loro un’esistenza più brillante, più degna, più produttiva. Non dicono che i pensionati in Italia se ne vanno tutti, se possono? Non si racconta forse di paesi esotici dove con quattro soldi si campa da signori? È il momento di partire, mollare i debiti e regalarsi finalmente una vecchiaia confortevole e spensierata.

I tre hanno caratteri diversi, ma ci mettono tutti il medesimo impegno. La preparazione al viaggio non è solo una questione organizzativa, ma rappresenta una conversione etica. Occorre scommettere sulla loro nuova amicizia, ricominciare da un’altra parte, vincere le paure del viaggio, rimettersi alla prova, spezzare la catena della malinconia, imparare nuovi mestieri. Sullo sfondo emergono le domande vere: chi e che cosa amo veramente? Cosa conta di più? Quale valore, quale persona meritano fedeltà, negli anni che restano da vivere?  

Incognite di viaggio

Nel film Lontano lontano di Gianni Di Gregorio la decisione di partire sembra sin dall’inizio improbabile e avventata. I tre personaggi, indolenti chiacchieroni e disordinati perdigiorno, registrano un dissenso persino sulle modalità di viaggio. «Beh, ciascuno ci andrà come vuole; ci vediamo là!». Le incognite sono più numerose del previsto e soprattutto il distacco dalle abitudini e relazioni intrecciate nella borgata romana costituisce un prezzo doloroso, assai alto da pagare.

Partire è un po’ morire e, in effetti, il film intreccia battute esilaranti a immagini malinconiche, come i cancelli chiusi, gli indirizzi introvabili, le snervanti liste d’attesa presso uffici impersonali e incomprensibili, l’incontro con ex studenti che hanno dimenticato il latino, l’amara constatazione della propria modesta condizione. Il tramonto si fa sentire, ma loro sono ancora giovani dentro: hanno occhi curiosi di bambini, si appassionano delle novità, leggono grandi promesse in fugaci momenti di gioco, danno credito a nuovi amici come se li conoscessero da una vita.

Il film ha un ritmo leggero, scanzonato, ma non euforico. È tratto dal racconto di Gianni Di Gregorio Poracciamente vivere (scritto in romanesco trasteverino) edito da Sellerio nel 2015 all’interno del libro collettivo Storie dalla città eterna. Nel finale esplode un gesto di generosità che ha un sapore quasi evangelico. I tre protagonisti intercettano il desiderio di un giovane e lo fanno proprio. Sanno identificarsi moralmente con chi spera nel futuro e rischia tutto pur di rifarsi una vita. Viene in mente il noto incontro di Gesù con il giovane ricco, che, rattristatosi per l’invito del Nazareno, se ne andò afflitto, perché aveva molti beni. I nostri eroi, invece, non si rattristano per nulla. C’è qualcuno che farà con loro, meglio di loro, quello che loro stessi sognano. La sete di vita, il gusto di stare in compagnia, una risata impertinente sono i simboli del loro tesoro, già in terra, prima che nel cielo della loro fervida immaginazione.

 

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Data di aggiornamento: 07 Luglio 2020
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