Sofferenti e incomprese
C’è ragione per credere che nel 2024 esista ancora quel fenomeno, chiamato in inglese gender pain gap, per cui le donne, sebbene si rivolgano meno al medico rispetto agli uomini, sono comunque più spesso considerate «lagnose», anche dai familiari, e i loro sintomi sono attribuiti a fattori psicologici, tanto che ricevono più di frequente ansiolitici che analgesici. Per esempio, una donna o ragazza su dieci soffre di endometriosi, una malattia infiammatoria cronica che provoca fortissimi dolori in concomitanza con il ciclo mestruale. Non si parla quindi di una malattia rara, eppure ci vogliono di solito molti anni, e parecchie visite da diversi specialisti, prima che qualcuno pensi a questa diagnosi, fino a poco tempo fa liquidata come reazione psicosomatica a traumi o difficoltà relazionali.
Invece oggi sappiamo che l’endometriosi dipende dalla presenza di tessuto endometriale (cioè, della superficie interna dell’utero) localizzato in altre parti del corpo, di solito nell’addome, laddove non dovrebbe essere. È vero che queste persone spesso sviluppano depressione o altre forme di disagio, ma ciò è piuttosto la conseguenza del fatto di non essere credute, anzi, di essere giudicate per la loro presunta scarsa soglia di sopportazione del dolore. Si calcola che l’errore di ricondurre tutto a un fatto psicologico contribuisce nella metà dei casi al ritardo con cui si arriva a riconoscere la malattia. Nei pronto soccorso statunitensi è stato dimostrato che le donne con dolore addominale ricevono meno analgesici degli uomini, e mediamente dopo un tempo di attesa maggiore.
Donne e infarti: rischio più alto
Ma la sottovalutazione del dolore femminile può costare anche la vita. In Italia i ricoveri per infarto (ISTAT 2018) tra gli uomini sono stati più del doppio di quelli delle donne, ma il numero dei decessi non è andato di pari passo: sono morti di infarto meno di 11.800 maschi e quasi 9 mila femmine. Sarà perché le donne sviluppano forme più gravi, o i cui segnali premonitori passano più spesso inosservati? O perché ricevono meno interventi di rivascolarizzazione, quelli che servono a far tornare a circolare il sangue nelle arterie coronarie? O sarà perché i sintomi con cui un attacco cardiaco si manifesta in una signora possono essere diversi da quelli descritti nei libri di testo di medicina, scritti per lo più da uomini sulla base di studi condotti quasi esclusivamente sugli uomini?
Nelle donne il dolore dell’infarto è spesso localizzato alla schiena, al collo o alla mandibola, e si associa con mancanza di fiato, vertigini, nausea e vomito. La sessantenne che arriva in pronto soccorso con questi sintomi rischia di essere lasciata in attesa più di un coetaneo con un dolore oppressivo al petto, che a chiunque abbia mai aperto un libro di medicina fa subito pensare all’infarto. Per una donna, si pensa prima a un attacco di panico. E ciò aumenta del 50% rispetto agli uomini il rischio che i medici sbaglino la diagnosi.
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