Tenore di Dio
Frate Alessandro è una Voce, una splendida Voce. La Voce da Assisi, come recita il titolo del suo album di debutto che gli ha valso il disco d’oro e la candidatura ai Classic Brit Awards nel 2013, ma anche la Voice of joy (Voce di gioia) della sua raccolta di melodie natalizie, o ancora la Voice of peace (Voce di pace) del nuovo lavoro con cui suggella una trilogia intimamente francescana. Una trilogia nella quale «è racchiuso tutto il messaggio di Assisi: la gioia, la letizia, la pace − dice frate Alessandro −. “Il Signore ti dia la pace” è il saluto che Dio ha chiesto a Francesco di portare a tutti. Ed è quello che cerco di fare con il canto». Qualcuno l’ha definito il tenore di Dio, e lui ci scherza su: «Gli angeli cantano molto meglio di me. E anche tanti altri tenori!». Alessandro detiene, però, un primato: è stato il primo frate a firmare un contratto con la casa discografica Decca (la stessa di Luciano Pavarotti e Mirella Freni), raggiungendo un successo globale. «Considero la voce uno strumento di evangelizzazione – confida il religioso –. Francesco voleva che i frati andassero ovunque ad annunciare il Vangelo, e attraverso il canto io spero che tutti sappiano che è possibile essere felici in Cristo». La voce di frate Alessandro diventa anche strumento di solidarietà: i proventi degli album vengono devoluti alle missioni francescane per progetti in Marocco, Nicaragua, Congo e Kazakistan. «Io non ho cercato la popolarità, anzi a volte la vivo come una croce, perché non amo viaggiare e preferirei una vita ritirata – aggiunge il tenore –. Ma se questo serve a rendere “famoso” l’amore di Dio, allora ben venga». In Voice of peace, registrato a Vercelli con l’Orchestra Camerata Ducale diretta da Guido Rimonda, il frate canta in cinque lingue: latino, italiano, inglese, francese e tedesco. Il disco contiene la prima incisione di Santo Francesco, composta a San Damiano durante la Seconda guerra mondiale da frate Aurelian Van Dijk, col testo di padre Giulio Mancini. E vi troviamo anche una delicata Ave Maria di Bach/Gounod, con Ramin Bahrami al pianoforte. Ma ad aprire la strada all’album è stata una canzone popolare nel nostro Paese, Resta con noi Signore la sera, «un brano talmente ascoltato da risultare perfino abusato – spiega frate Alessandro –. Noi lo abbiamo proposto in una versione sinfonica, e molti mi hanno detto che questa nuova veste li ha aiutati a riconciliarsi con questa melodia. Il video è stato girato anche nei luoghi in cui ho avvertito per la prima volta la chiamata del Signore». Msa. Nella sua vita la musica è arrivata prima della vocazione...Frate Alessandro. Sì, la musica ha sempre fatto parte di me. Già da bambino avevo una buona attitudine, ascoltavo tanti dischi e volevo fare il batterista: poi un giorno, da un brano di Bach, è nato il desiderio di suonare l’organo. Ho iniziato prendendo qualche lezione da un maestro vicino di casa, poi è venuto il conservatorio, ma nel frattempo il Signore ha chiamato. Il suo percorso non è stato semplice. Ce lo racconta? È vero, il cammino della mia vocazione ha avuto momenti tribolati, forse perché sono a volte duro e orgoglioso. Il Signore ha dovuto lavorare veramente tanto con me. A 14 anni, dopo aver ricevuto la cresima, non capivo più nulla della fede: di testa mia avevo deciso che sarei ripartito da zero. Così a 16 anni mi sono buttato in una mia filosofia, un idealismo esasperato. Ero arrivato a pensare che tutta la realtà intorno a me fosse frutto del mio pensiero. Anche Dio per me era solo un’idea. Pensavo di essere l’unica persona nella mia vita. È stato allora che il Signore è entrato? Mi ritiravo spesso nel bosco attorno al paese, a pensare e riflettere. Quando ti trovi da solo, gridi: io ho detto «Signore, se esisti, dammi un segno della tua presenza». E lì, in un’esperienza di preghiera, ho avuto la percezione chiara che Dio era dentro di me, di fianco a me, davanti e dietro a me. Era bellissimo. Ho iniziato a vedere tutte le creature come fratelli e sorelle: mi sono sentito al centro di un amore infinito. Sono rinato. Come ha incontrato san Francesco? Quando ho visto il film Francesco (Italia, Germania 1989) di Liliana Cavani, ho sentito chiaramente il desiderio di vivere come lui. Avvertivo l’esigenza di ringraziare Dio: se lui si è dato completamente a me, io dovevo darmi totalmente a lui. Ma temevo fosse solo una fantasia e ho chiesto aiuto a un frate. Mi aspettavano altre prove. A 21 anni sono entrato in convento, e il mio entusiasmo si è dovuto scontrare anche con la realtà della fraternità e del sacrificio. Dopo la prima professione sono uscito e volevo vivere in solitudine, da eremita, eppure mi sono accorto quasi subito che qualcosa non andava: stavo ascoltando me stesso, non la volontà di Dio. Dopo tre anni ho ripreso il cammino, fino alla professione solenne nel 2009. E la musica? È sempre stata l’àncora di salvezza in tutte le mie crisi; era la fonte di emozioni e di sogni che mi aiutava a riconciliarmi con Dio, anche quando mi sembrava che fosse lontano. L’ho lasciata e l’ho ripresa. Al canto sono arrivato proprio attraverso la vocazione: a 19 anni studiavo l’organo ma non cantavo. Poi, quando decisi di entrare in convento, mi dissero che avrei dovuto completare gli studi al conservatorio. Allora mi misi a studiare ore e ore. Anche questo è stato un miracolo: fino a quel momento non cantavo bene, mentre dopo quella richiesta ho superato l’esame a pieni voti. In convento volevo smettere, o almeno che il canto rimanesse un’attività secondaria. Il mio padre spirituale mi ha fatto capire che non dovevo sciupare un talento arrivato da Dio. Come è avvenuto l’incontro con la Decca? Più che una coincidenza, io la chiamo una Dio-incidenza. Un’insegnante di canto di Perugia, che aveva assistito a un mio piccolo concerto, insisteva perché facessi delle registrazioni, ma io non ci tenevo. Così lei ha organizzato un’audizione a casa sua, ed era presente un manager in contatto con la Decca. Mi ha detto che stavano cercando voci come la mia... A dicembre 2011 è nato il progetto, e mi sono trovato a lavorare a Londra con Mike Hedges, il produttore degli U2, una persona fantastica. Come ha pensato questo nuovo disco? La scelta dei dodici brani è molto variegata, un viaggio nelle epoche e anche negli stili: l’abbiamo fatta anche ascoltando le richieste dei fan. L’album si apre con Amazing Grace, uno degli inni più famosi. Abbiamo incluso l’Adagio di Albinoni per il quale ho scritto un nuovo testo, c’è l’Agnus Dei da L’Arlésienne di Bizet, c’è Jesus bleibet meine Freude di Bach, e Con te, Signore sulle note di Sibelius, così come l’Aria da chiesa (Pietà Signore) di Stradella, la supplica di un peccatore che sento molto vicina al senso profondo del Giubileo della Misericordia. Ciò che accomuna tutti questi brani è lo spirito di preghiera. Ha dedicato Santo Francesco al Papa: cosa la colpisce di lui? Tutti i Papi hanno portato un segno nella Chiesa. In particolare, papa Francesco sta affermando uno stile veramente francescano, di collegamento fraterno tra le persone. La sua caratteristica è di portare nel cuore soprattutto dei pastori un’attenzione amicale e fraterna nei confronti del gregge. Come si rapporta con un mondo «poco francescano» come quello dello show business? In realtà, anche questo fa parte di un progetto di evangelizzazione. Non ho una visione negativa del mondo dello spettacolo: vi ho scoperto persone di grande profondità umana. Certo, sono consapevole che chi mi ha scelto possa aver pensato anche al marketing e al fatto che un frate-tenore possa essere un personaggio, ma non mi disturba. Se questo aiuta a portare avanti una missione, perché no? I superiori mi hanno incoraggiato e mi incoraggiano: cantare per me è una testimonianza. Quando non ha impegni artistici, com’è la sua giornata? Di solito, alla Porziuncola, il mio compito è animare le liturgie del santuario, offrendo questo servizio anche ai gruppi di pellegrini. Sono sempre disponibile a vari lavori. Posso stare in portineria, ma anche lavorare nella bottega di falegnameria: mi piace restaurare mobili, vecchi organi e armonium (particolare organo composto da una tastiera e due pedali, ndr). E non ama solo la musica classica... Sono appassionato di tutti i generi, dal gregoriano alla musica dei nostri giorni. Fin da quando ero un ragazzo sono fan di Michael Jackson, un artista che ha incarnato nella musica i sentimenti più nobili di amore e bontà per il mondo. La musica, quando è bella e ben fatta, è sempre la voce di Dio, l’espressione del Suo amore e della bellezza. Qual è il complimento più bello che le hanno fatto? Quando mi dicono «Sei un angelo» non ci credo: i miei confratelli potrebbero dire il contrario. Quando invece qualcuno mi saluta dicendomi «Si vede che Dio opera in te», lo trovo un apprezzamento prezioso, perché mi ricorda quello che sono, solo uno strumento. Ognuno di noi è un’opera di Dio: anche se non canta.
La scheda
Frate Alessandro Giacomo Brustenghi, 37 anni, è originario di Castiglione della Valle (PG). Nel 1999 è entrato nell’Ordine Francescano: dieci anni più tardi, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola, ad Assisi, ha emesso la sua professione perpetua dei voti.
In parallelo ha studiato organo e composizione, per poi dedicarsi al canto. Il suo talento è stato notato da alcuni dirigenti della casa discografica Decca, che quindi gli hanno proposto un contratto.
Nel 2012, un lancio internazionale ha accompagnato l’uscita del suo primo album, Voice from Assisi (La voce da Assisi). L’anno successivo è stata la volta del cd Voice of joy (nell’edizione italiana Tu scendi dalle stelle).
Dallo scorso ottobre è disponibile la sua ultima fatica: Voice of peace. L’album è stato inciso con l’Orchestra Camerata Ducale (ensemble fondato nel Trecento per accompagnare le celebrazioni legate all’esposizione pubblica della Sacra Sindone).