Un albero indiano
Un tempo, c’era chi aveva la capacità di riempire con l’oro le «crepe», dando nuove opportunità a oggetti rotti. Parliamo degli antichi artigiani nipponici, custodi del celebre kintsugi, l’arte di riparare con l’oro, particolarmente diffusa in Oriente nel XV secolo. Ne avevo già scritto in maniera approfondita qualche tempo fa , in un articolo dal titolo È tutto oro quello che luccica, pubblicato lo scorso anno dal portale d’informazione online Superando.it.
Ora, sempre restando su crepe, creta e oggetti artigianali, ritorniamo in Oriente, ma questa volta in India, dove il mio caro amico e scultore Felice Tagliaferri con la sua arte ha riempito di bellezza le «crepe» di tanti bambini e ragazzi con disabilità. A raccontare questo incredibile percorso, il bellissimo docu-film Un albero indiano, regia di Silvio Soldini e Giorgio Garini (2014), come racconta lo stesso Felice Tagliaferri nell’articolo del Corriere.it, Un albero indiano. Se uno scultore cieco insegna l’arte in India: «[…] Il film è un progetto di Cbm Italia onlus, organizzazione non governativa internazionale impegnata nella lotta alle forme evitabili di cecità e disabilità nei Paesi del Sud del mondo. Con questo film Cbm ha voluto raccontare l’altra faccia della disabilità, affidando il messaggio alla mia voce in quanto sono loro ambasciatore da diversi anni. In India ho avviato un laboratorio di lavorazione della creta, nella Bethany School, scuola inclusiva sostenuta da Cbm, dove bambini con disabilità studiano in classi miste con bambini normodotati. Ora il laboratorio è divenuto permanente per tutti gli studenti. Per me è stata un’esperienza bellissima, lì potevo comunicare con tutti semplicemente attraverso l’arte, senza conoscere la loro lingua, e si è creato un rapporto bellissimo che si avverte subito nel film».
Dal racconto di Tagliaferri emerge la capacità dell’arte, non solo di ribaltare la storia personale dell’artista, ma anche di creare relazioni, legami profondi, conoscenze, e soprattutto di riempire la vita di bellezza, offrendo ai bambini della scuola la possibilità di scoprirsi e/o ri-scoprirsi, di godere appieno di questa immensa gioia.
È divertente il suo approccio con i piccoli apprendisti: accanto a loro, guidandoli con cura e ironia nello sperimentare con il tatto la creta, nell’esplorare ogni possibile fessura o crepa da «colmare». Come se lui fosse gli occhi di questi ragazzi, una finestra attraverso la quale immaginare un mondo nuovo e inesplorato, il proprio. È interessante il modo in cui gli allievi reagiscono agli insegnamenti e ai suggerimenti di Felice, sempre con entusiasmo e curiosità. Tagliaferri parla, comunica nei modi più disparati con tutti e tutte: con i partecipanti al laboratorio in primis; poi fa rete con gli operatori e i tutor della scuola. S’informa, approfondisce, osserva e tiene conto delle abilità dei ragazzi, delle loro storie, dei contesti da cui provengono, non solo dei loro limiti. Con il suo operato nasce un «albero, metafora di un contesto pieno di inclusività e creatività». È questo un bel viaggio, che riempie il cuore, le «crepe» di ogni vita.
E voi avete della creta o dell’oro per colmare le «crepe» del vostro «albero»? Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram.
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