Zucconi, Angela
Di Angela Zucconi, ternana, morta nel 2000 ad Anguillara sulle rive del lago di Bracciano (dove gli è intitolata la biblioteca locale, cui molto ha contribuito con la sua), abbiamo già scritto (cfr. Msa 7/8 2023) ma vale comunque la pena tornarci su. Nata come studiosa e traduttrice di Kierkegaard e della cultura danese, subito dopo la fine della guerra entrò nel giro del cosiddetto «servizio sociale» e fondò e diresse a guerra appena conclusa – con Maria Comandini Calogero – la prima scuola non confessionale del servizio sociale. Fu di Maria lo slogan che avrebbe dovuto guidare gli interventi degli operatori sociali: «Aiutare gli altri perché si aiutino da soli». Lo propose a Tolmezzo, nell’assemblea che, a guerra appena finita, dette origine al «servizio sociale», alla professione di assistente sociale.
Questo slogan dovrebbe, credo, guidare ancora la variegata società degli operatori sociali, del volontariato e del terzo settore, dell’assistenza pubblica e privata e anche di quelle iniziative «dal basso» che si vogliono decisamente politiche, di organizzazione e di lotta. E di questo slogan dovrebbero tener conto anche i militanti dei pochi gruppi politici ancora attivi. Il Cepas, la scuola fatta crescere da Maria e da Angela, fu finanziato da uno dei rari industriali italiani che possiamo dire illuminati e davvero democratici, Adriano Olivetti, a partire dalla gestione della fabbrica di macchine da scrivere con sede a Ivrea.
Non era una scuola professionale qualsiasi il Cepas, e molti suoi allievi vennero coinvolti in iniziative a vasto raggio, come il progetto di sviluppo di comunità, diretto appunto da Angela, che agì in una vasta parte dell’Abruzzo e Molise, che si chiamò proprio «progetto E» perché copriva la zona che sulle carte geografiche congiungeva i due territori. Ma molti diplomati del Cepas presero parte attiva ad altre esperienze di «sviluppo di comunità», soprattutto in Basilicata, intorno a Matera.
Riformismo, certamente, e non Rivoluzione, come veniva rimproverato dagli intellettuali del Partito comunista, ma un riformismo che ha lasciato tracce profonde anche se la storia dei partiti ha prevalso su quella degli operatori sociali, pur essendo questi più preparati e conseguenti dei politici. Più radicali, essi studiavano a fondo un ambiente e scavavano più a fondo nelle sue contraddizioni per potere meglio risolverle. Democrazia «dal basso», si diceva.
Angela aveva rinunciato a una carriera di scrittrice molto promettente. È da riscoprire la sua biografia-romanzo di Ludovico di Baviera Lodovico innamorato, che editò Longanesi, ma anche la sua limpida storia per le edizioni di Comunità della piccola città sulle rive del lago di Bracciano dove si ritirò a vivere, senza più la forza di mandare avanti iniziative faticose, con la sua amica Florita Botts, una bravissima operatrice sociale statunitense che insegnava anche lei al Cepas.
È impossibile dissociare il nome di Angela Zucconi da quello dei magnifici riformisti del dopoguerra, e se si è fatto quello di Olivetti è doveroso citare quello di Danilo Dolci, oggi ricordato perché fanno trent’anni dalla sua morte, e quello dei grandi meridionalisti Carlo Levi e Manlio Rossi-Doria, dei grandi militanti come Rocco Scotellaro, del grande scrittore Paolo Volponi che fu molto attivo nel Cepas (e che fu a lungo direttore del personale alla Olivetti di Ivrea), di un grande psicologo come Adriano Ossicini, di un grande etnologo come Ernesto De Martino... Questa storia avrebbe ancora tanto da insegnare, soprattutto agli «operatori sociali» e ai militanti politici di oggi se venisse più e meglio studiata e raccontata.
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