Lo Spirito in panchina
«In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”». (Gv 14,15-21)
Come tutti gli appartenenti alla comunità dei battezzati, anche noi sposi siamo abitati dallo Spirito Santo che ci permette di entrare in relazione con il Padre e con il Figlio e di camminare secondo le sue vie. Come scrive Giovanni, lo Spirito che il Padre e il Figlio ci hanno donato affinché non rimaniamo soli è lo Spirito della verità, cioè Colui che permette a noi creature di accedere, anche se in modo parziale, alla verità delle cose, quindi di non pervertirle secondo le nostre teorie ingenue, la cultura del mondo o le distorsioni psichiche.
Con la morte di Cristo il velo del tempio si è squarciato e l’invisibile è divenuto visibile. Questo ci permette di continuare a vedere Cristo: di coglierlo nel cuore dell’uomo, nel suo desiderio di senso, nella tenerezza di un padre verso la figlia, di un volontario verso un sofferente, nel perdono dato dopo una ferita ricevuta, nella speranza che illumina le tenebre, in un sacerdote che trova il tempo di ascoltare pur tra mille incombenze, in due sposi che ripartono dopo una crisi di coppia. Possiamo vedere lo Spirito di Cristo in noi e nelle persone vicine, proprio grazie allo Spirito stesso che ci ricorda che Dio è Amore.
Ma noi sposati abbiamo un qualcosa in più. Oltre a essere abitati dallo Spirito del Padre e del Figlio, nel giorno in cui abbiamo celebrato il sacramento nuziale anche la nostra relazione di coppia è stata abitata dalla sua presenza. Che cosa significa? Che il Padre e il Figlio non hanno voluto lasciare orfano neppure il nostro rapporto d’amore e anch’esso, come un’entità «terza» tra noi, che ci lega e che ha vitalità propria, è abitato dal Creatore, quindi ha la forza dell’Amore del Padre, fonte e origine di tutto. Non siamo soli nella nostra relazione, abbiamo un alleato potente per rimettere in carreggiata un rapporto che a volte sbanda pericolosamente.
Se il nostro amore sta attraversando una crisi, ci possiamo inginocchiare e pregare insieme affinché lo Spirito Santo, portatore di verità, ci rimetta in relazione con il Padre e ci accompagni lungo la via dell’amore e dei comandamenti: amare il Padre (perché per primi siamo stati amati) e amare il prossimo come abbiamo imparato ad amare noi stessi. Ma la vera questione è: come coppie, quante volte realmente chiamiamo in campo questo potentissimo alleato? Quante volte, durante un litigio, un momento di fatica di coppia o come genitori nei confronti di un figlio, uno di noi due dice all’altro: «Sediamoci e mettiamoci a pregare, perché lo Spirito del Padre e del Figlio ci suggerisca come affrontare questa situazione»? Non so a voi, ma a noi due non succede così spesso.
Solitamente, invece che ingaggiare lo Spirito, continuiamo a litigare, a «incartarci» nei nostri limiti, a battagliare sulle nostre ragioni, a soffrire le nostre solitudini e, sopratutto, ad agire le nostre soluzioni ingenue. Nella migliore delle ipotesi ci confrontiamo con una guida spirituale (meraviglioso), oppure andiamo da una psicoterapeuta a chiedere consiglio (utilissimo), oppure ne parliamo con un’altra coppia di amici (fantastico), ma sederci e innescare la potenza dello Spirito depositata nel nostro matrimonio, beh, avviene molto raramente.
È un po’ come giocare una partita a basket e tenere in panchina Michael Jordan (il campione dei primi anni Novanta) per tutta la partita. Un allenatore così lo licenzi subito. Magari qualche partita la vinci lo stesso, ma difficilmente vinci il campionato se non metti mai in campo il tuo giocatore migliore. Spesso noi coppie facciamo così: abbiamo a disposizione il miglior giocatore di tutti i tempi, che vuole farci vincere il campionato contro i nostri egoismi, le storture, le debolezze, le teorie ingenue del mondo, una cultura individualista, e non lo facciamo neppure giocare, lo teniamo in panchina o, a volte, non lo convochiamo neppure.
La Pentecoste ci ricorda che lo Spirito è in noi e, tramite lui, anche il Padre e il Figlio sono in noi. Non siamo soli nell’avventura del matrimonio. Possiamo mettere in campo, quando lo vogliamo, tutta la potenza dello Spirito Santo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timore di Dio. Ognuno di questi doni è utile affinché il nostro legame d’amore possa conformarsi all’amore del Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre e di entrambi per l’umanità. Questa è la strada maestra affinché si possa realizzare, nella sua meravigliosa unicità, tutta la bellezza umanamente possibile, seminata nella nostra relazione di coppia.
Cristo continua a essere vivo e presente in noi tramite il suo Spirito. Anche il nostro amore umano, il giorno delle nozze, ne è stato abitato. La meravigliosa notizia è che questo regalo non si esaurisce mai, che ogni giorno possiamo continuare a scartarlo, che ogni giorno è un giorno buono per imparare ad amare alla sequela di Cristo. Buona Pentecoste a tutti.
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!