A tutta maglia!

Da passatempo per anziani a esercizio di socialità e terapia per tutti, il lavoro a maglia racchiude in sé un patrimonio di cultura, tradizione e innovazione da non sottovalutare.
13 Novembre 2024 | di

Parigi, 27 luglio 2024. Mentre tutti gli occhi del pubblico seguono dagli spalti la finale di trampolino 3 metri sincro femminile, Tom Daley si divide tra il tifo per le sue colleghe tuffatrici e il manufatto bianco rosso e blu (come i colori della bandiera inglese) che sta sferruzzando quasi in automatico. Non è la prima volta che l’ex nuotatore britannico – medaglia d’oro a Tokyo nel 2021, che ha annunciato il ritiro lo scorso 12 agosto – viene immortalato mentre lavora a maglia durante le Olimpiadi. «Ne sono ossessionato» ha raccontato qualche anno fa lo sportivo a «Today». A farlo innamorare della maglia sarebbe stato un video tutorial visto su YouTube. «La prima cosa che ho realizzato è stata una sciarpa per mia madre, in occasione della Festa della mamma». Da allora Daley ha continuato ad alimentare questa passione, sfociata a fine 2021 persino nella nascita di un marchio di maglieria e accessori crochet: «Made with love». Il nuotatore britannico, però, non è un caso isolato.

Complici anche la pandemia e il lockdown che, negli ultimi tempi, ci hanno fatto riscoprire il valore del «fatto a mano», sono molti altri i nomi famosi che – dalla politica allo spettacolo – si sono lasciati conquistare dalla knit (dall’inglese, maglia) mania. Un esempio su tutti? La commissaria UE agli Affari Interni Ylva Johansson che, l’anno scorso, durante il discorso sullo stato dell’Unione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, è stata ripresa dall’obiettivo dei fotografi mentre lavorava a ferri. Che dire poi dell’attrice Julia Roberts che, dopo aver letto il bestseller di Kate Jacobs Le amiche del venerdì sera ambientato in un negozio di filati di New York, ha deciso di acquistare i diritti per farne un film? Dimenticate, dunque, l’immagine della nonnina che sferruzza accanto al caminetto. Oggi il lavoro a maglia fa tendenza anche tra i più giovani e tra i nativi digitali. Basti vedere la lunga fila di app dedicate (da «Il Contalana» a «Hobbii», «Knit it» e «BeeCount») e la quantità di influencer che dispensano consigli dai loro profili social. Il knitting va di moda. E non solo perché è un passatempo bello e divertente. 

Che l’attività ritmica tipica del lavoro a maglia fosse un ottimo antagonista dello stress lo aveva già spiegato il dottor Herbert Benson nel suo libro The relaxation response (1975). Più di recente, però, altre ricerche scientifiche hanno approfondito gli effetti benefici della knit therapy anche e soprattutto rispetto alle persone malate. È il caso dello studio svolto dall’Università di Gothenburg su un ventaglio di persone con disturbi mentali. Stando ai risultati pubblicati sul «Journal of occupational science», il lavoro a maglia non aiuterebbe solo a rilassare e a rendere le idee più chiare, ma aumenterebbe anche la gratificazione personale e l’autostima.

Ancora più nello specifico si addentra la ricerca commissionata dalla onlus Gomitolorosa alla Fondazione Ircss Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano (in collaborazione col dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Reading, UK) e svolta su quaranta volontarie e volontari esperti di knitting di età compresa tra i 27 e i 63 anni, prima e dopo una sessione di lavoro a maglia di 20 minuti. «Questa ricerca ci permette di osservare per la prima volta come il lavoro a maglia sia uno strumento efficace per sostenere l’empowerment del paziente e delle pazienti – ha osservato il dottor Alberto Costa, oncologo senologo e presidente di Gomitolorosa –. Da medico posso dire che questo porta con sé quattro benefici. Uno: promuove la consapevolezza delle pazienti e consente loro di comprendere più a fondo la propria salute, la malattia e le opzioni di trattamento. Due: aumenta l’aderenza al trattamento. Quando i pazienti sono coinvolti attivamente nelle decisioni riguardanti la propria salute, sono più propensi a seguire le indicazioni mediche e a impegnarsi in modo proattivo nei percorsi di cura. Tre: migliora la qualità della cura. Pazienti informati e coinvolti possono collaborare in modo più efficace con i professionisti sanitari, portando aquesti ultimi a una migliore comprensione delle esigenze del paziente stesso e a una cura più personalizzata e mirata. Quattro: riduce l’ansia e la paura. Con una maggiore conoscenza e controllo sulla propria situazione di salute, i pazienti possono ridurre l’ansia e la paura associate alla malattia, migliorando il loro benessere emotivo complessivo». 

Tutti questi benefici, in realtà, il dottor Costa li aveva già intuiti nei quarant’anni passati a lavorare al fianco di Umberto Veronesi, osservando nelle corsie degli ospedali le pazienti, in attesa di cure o esami, impegnate con i ferri o l’uncinetto. «L’idea di proporre la lanaterapia (termine da noi coniato) mi è venuta quando una fisioterapista gallese, la signora Betsan Corkhill di Bath, lanciò la proposta, in ambito medico-scientifico, di utilizzare il termine “therapeutic knitting”, cioè “lavoro a maglia terapeutico”, per indicare gli effetti benefici (terapeutici appunto) del lavoro a maglia, sia con i ferri che all’uncinetto. Nella sua pratica clinica aveva osservato, e poi descritto in diverse pubblicazioni, che i soggetti abituati a lavorare a maglia, soprattutto donne, avevano “una marcia in più” rispetto ad altri malati, sotto molti punti di vista: maggior calma, meno ansia, persino meno dolore nel periodo post operatorio. Inoltre, una maggior riserva di “positività”, e quindi di ottimismo, derivante dall’aspetto creativo del “knitting”: abilità manuale, lucidità nel far di conto, gusto nella scelta dei colori».

Da qui la decisione del medico senologo di fondare, nel 2012, l’associazione Gomitolorosa con l’intento di promuovere, appunto, il lavoro a maglia negli ospedali italiani e non solo. «Dopo aver recuperato la lana in esubero che altrimenti finirebbe bruciata o abbandonata, la lavoriamo a Biella, città natale del nostro Ente Filantropico – racconta Ivana Appolloni, direttrice di Gomitolorosa –. Una volta ottenuti i gomitoli, creiamo kit comprensivi di uncinetto, filato, QR code per poter accedere al tutorial online, e li distribuiamo gratuitamente agli ospedali che aderiscono alla nostra iniziativa: 30 istituti da Nord a Sud Italia, che entro la fine dell’anno diventeranno 38. I kit sono pensati per pazienti oncologici, malati di Alzheimer, sclerosi multipla e Hiv. Ma anche per tutti i partecipanti dei laboratori che man mano organizziamo su richiesta durante l’anno: compresi bambini e caregiver».

Sì, perché la knitting therapy è per tutti, uomini e donne, giovani e anziani, esperti o neofiti. Non a caso il progetto di Gomitolorosa continua a raccogliere consensi. «Ogni anno in ogni ospedale della nostra rete aderiscono all’iniziativa circa 500 pazienti – precisa ancora Ivana Appolloni –. All’inizio eravamo noi a proporre l’attività, ora invece sono gli ospedali che ci contattano». Merito anche degli oltre 3 mila volontari sparsi in tutta Italia che prestano mani e cuore alla onlus. «Monitoriamo i laboratori negli ospedali chiedendo loro un report trimestrale. Ai partecipanti proponiamo di realizzare degli esagoni all’uncinetto che poi saranno assemblati e donati come coperte per la solidarietà sociale e per campagne di sensibilizzazione o di interesse pubblico – conclude Appolloni –. Ecco perché il nostro è a tutti gli effetti un progetto di economia circolare a scopo terapeutico e solidale».

Passione antica e moderna

Quando è nata nessuno con precisione lo sa. Quel che è certo è che la lavorazione a maglia ha origini antiche. A custodirne la prova è il Museo del Partenone ad Atene, dove è esposta la statua Kore n. 670. La fanciulla in questione, scolpita nel IV secolo a.C., indossa, infatti, la prima rappresentazione giunta fino a noi di una veste a sacco lavorata con alternanza dritto-rovescio. Da allora l’arte della lana ha attraversato le epoche restando sempre fedele a se stessa e alla propria tradizione. Capita così che quegli stessi punti scolpiti sulla statua oltre duemila anni fa, oggi vengano ripetuti pari pari in un’aula milanese da una ventina di persone che si ritrovano una sera alla settimana nei pressi dell’Università Bicocca. A dispetto della location, però, i partecipanti non sono tutti studenti, ma anche lavoratori e pensionati, giovani, adulti e anziani, tutti accomunati dalla voglia di sferruzzare. «Volevamo creare uno spazio dove poterci esprimere, dove essere creatori e non solo fruitori di contenuti – racconta Marzio Gigliobianco, che nel 2023 ha fondato il laboratorio insieme a un’altra studentessa dell’ateneo milanese –. Un luogo di socialità in cui stare insieme e stringere amicizie. Qui ci scambiamo informazioni, impariamo e consolidiamo rapporti intergenerazionali».

Partita in sordina, l’iniziativa, sostenuta dal gruppo Studenti indipendenti Bicocca, ha raccolto, col passare dei mesi, la solidarietà di persone e aziende che contribuiscono all’iniziativa fornendo gomitoli, strumenti, riviste. E così al motto «No merito, solo condivisione e good vibes», i partecipanti hanno iniziato a produrre… «A volte portiamo avanti progetti personali, come cappelli, borse, pupazzi. Altre volte realizziamo progetti comuni – continua Gigliobianco –. L’anno scorso, ad esempio, contattati da una associazione legata all’ospedale Gaslini di Genova, abbiamo realizzato una cinquantina di quadrotti 40×40 cm, che poi sono stati uniti ed esposti sulla scalinata di una chiesa, nell’ambito di una giornata di sensibilizzazione per le cure palliative pediatriche». Per il futuro il gruppo di knitters milanese mira ad aprire un mercatino con i prodotti realizzati, «ma prima dobbiamo trovare lo spazio dove allestirlo» frena l’organizzatore. «Un sogno – conclude Marzio Gigliobianco – sarebbe poi realizzare una mostra artistica con delle creazioni collettive». 

Dalle aule ai musei e poi chissà. La versatilità della maglia non è certo un mistero. Ne sa qualcosa l’ingegnere giapponese Yuichi Hirose, che ha da poco messo a punto la tecnologia del solid knitting. Grazie a una sorta di stampante 3d che usa il filo per lavorare a maglia oggetti solidi, l’inventore ha realizzato strutture tridimensionali, come triangoli e rettangoli. Ma le possibilità e le applicazioni di questa novità sono ipoteticamente infinite… Chissà se Albert Einstein – che si dice sferruzzasse spesso tra un lavoro e l’altro – approverebbe…

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Data di aggiornamento: 13 Novembre 2024
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