Un 25 novembre da rivalutare
È arrivato novembre, e l’anno sta per concludersi. Tutte e tutti siamo solite/i a questo punto dell’anno «tirare le fila dei discorsi» nelle nostre esistenze. Mi chiedo, quindi: «Quale potrebbe essere una cosa necessaria che “manca” nelle nostre vite, oppure una questione “aperta”, insomma, da affrontare?». Pensiamo, per esempio, a una data particolare, quella del 25 novembre, ovvero alla Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne. Per me dare voce alle donne, in particolare a quelle con disabilità, è necessario.
E, in un lampo, mi viene in mente il titolo di un libro, La voce a te dovuta. Donne con disabilità e violenza di genere, della mia cara amica e giornalista Valeria Alpi, pubblicato lo scorso settembre da Edizioni La Meridiana, per la collana «I libri di accaParlante»; un libro che si ispira a una famosa poesia di Pedro Salinas. Così, la mia collega ci spiega la sua scelta: «[…] è una poesia d’amore, ma è anche una poesia che chiede di passare dall’anonimato, dalle ombre infinite, alla realtà, alla materia: mi piaceva l’idea di rendere reale la voce delle donne con disabilità». Veramente bello questo passaggio metaforico che trasforma qualcosa di «anonimo e ignoto» in qualcosa di «conosciuto», che rende «visibile» ciò che ancora è «in ombra». Perché, in realtà, sono ancora troppe le problematiche irrisolte legate a questo fenomeno, e Valeria Alpi ne parla egregiamente attraverso un racconto in prima persona, alla portata di tutte e di tutti.
Quali sono dunque gli aspetti che vengono approfonditi in questo libro? Innanzitutto la questione del genere: chi ha una disabilità, nella nostra cultura viene percepito come un soggetto «neutro». Non si contempla che possa essere un uomo o una donna. Esiste solo la disabilità, che coincide con l’identità della persona. E questo concetto, così radicato, ha sollevato domande e dubbi anche in tutte/i coloro che si occupano di femminismo: spesso, infatti, non si prendono in considerazione tutti quei discorsi legati al genere, alla sessualità, al diritto al proprio corpo e alla maternità quando si parla di donne con disabilità. Si tratta di istanze che in passato non venivano minimamente tenute in conto.
Oggi, per fortuna, abbiamo iniziato a condividere un’ampia riflessione in tal senso, ma c’è un gran lavoro da fare, perché a livello istituzionale e sistemico le conseguenze dei vari retaggi culturali sono ancora molto sentite e visibili. Basti pensare, ad esempio, alla carenza in Italia di consultori ginecologici accessibili a chi ha una disabilità motoria, violando quindi il diritto alla salute e alla prevenzione. Valeria inoltre condivide, oltre a una serie di esperienze personali, anche interviste con persone che raccontano quali azioni concrete sono state fatte finora per ridurre il fenomeno, ad esempio, attraverso l’attivazione di spazi di ascolto e sportelli antiviolenza. Ancora una volta emerge l’urgenza, la necessità di parlare di questi temi per scuotere le coscienze di ognuno, creare consapevolezza, ma non solo, anche di agire individualmente e collettivamente per fare cultura sull’argomento.
Non credete che la mancanza di accessibilità nei percorsi di uscita dalla violenza di genere sia essa stessa una forma di violenza? Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram.
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