Madre Seton, una di noi
Questo mese si festeggiano i 50 anni della canonizzazione di Elizabeth Ann Bayley Seton (Seton è il suo cognome da sposata, ndr), la prima nativa americana proclamata santa dalla Chiesa. Per ricordare la sua figura e la sua opera, abbiamo intervistato Rob Judge, direttore del santuario nazionale di santa Elizabeth a Emmitsburg, nel Maryland. Madre Seton ha lasciato ai cattolici americani una profonda eredità spirituale che permea tutti gli Stati Uniti.
Msa. Chi era Elizabeth Ann Seton, e perché la sua vita e la sua testimonianza sono ancora importanti per i cattolici americani?
Judge. Elizabeth Ann Bayley nacque a New York nel 1774 in una famiglia episcopaliana piuttosto benestante. Quindi Elizabeth non ricevette un’educazione cattolica, sebbene la fede avesse un peso importante nella vita della famiglia Bayley. Per diverse ragioni la sua infanzia fu piuttosto solitaria. Perse la madre quando aveva solo pochi anni, e suo padre Richard era il responsabile della Salute pubblica della città di New York. A un certo punto egli si trovò a fronteggiare la lotta contro la diffusione della febbre gialla a New York, perciò era spesso lontano da casa. Ma Richard amava sua figlia e si prendeva cura di lei, anche se era assente, dato che era impegnato ad aiutare gli immigrati poveri. Richard finì per risposarsi, ma Elizabeth non legò mai con la sua matrigna, e così riempì con Dio e con la fede quel senso di solitudine che provava. Credo che oggi santa Elizabeth Seton sia importante per i cattolici americani perché molti di essi si identificano in lei. Anche se è vissuta più di 200 anni fa, ci sono aspetti molto umani della sua vita che la rendono assolutamente attuale, come quello della sua solitudine infantile.
Quali altri aspetti della vita di Elizabeth meritano di essere sottolineati?
A 19 anni si sposò con il ricco commerciante William Seton. Dal matrimonio nacquero cinque figli nell’arco di circa otto anni, e quello fu senza dubbio il periodo più felice della sua vita. Col tempo, tuttavia, sorsero molte difficoltà. La più tragica riguarda la salute di William. Egli contrasse la tubercolosi, tanto che morì durante un viaggio in Italia (fu seppellito nell’antico cimitero degli inglesi a Livorno, ndr). Questo fu un altro momento in cui la fede si fece davvero viva in Elizabeth. Quando si rese conto che William stava morendo, non solo si prese cura di lui, ma lo preparò anche per il suo passaggio all’eternità. Attraverso l’esperienza di quella perdita, e anche grazie al sostegno di alcuni amici cattolici in Italia, Elizabeth iniziò a coltivare il proposito di diventare lei stessa cattolica. E quando lo fece, dovette affrontare molti sacrifici. I suoi amici e familiari protestanti erano contrari, ma per Elizabeth seguire la guida di Dio era più importante della stima delle persone che la circondavano. Così lasciò New York e si trasferì nel Maryland, dove fondò nel 1809 la prima comunità religiosa femminile degli Stati Uniti. A Emmitsburg diede vita anche alla Saint Joseph’s Academy and Free School: un’istituzione dedicata all’educazione delle ragazze cattoliche. Ed è proprio qui, a Emmitsburg, che si trova il santuario. Questo luogo è divenuto anche il fulcro delle attività delle Suore della Carità di San Giuseppe, il cui carisma è vedere e servire Cristo nei poveri. Elizabeth morì solo dodici anni dopo, nel 1821, ma in quel periodo fecondo realizzò moltissimo, e il suo ordine si espanse rapidamente.
Come vengono celebrati questi 50 anni dalla canonizzazione?
Quando abbiamo iniziato a parlare di questo anniversario, non volevamo solo organizzare una festa per santa Elizabeth e per tutti coloro che le vogliono bene. Volevamo portare avanti la sua missione, e la missione di un santuario è aiutare i pellegrini a incontrare Dio affinché anche noi possiamo diventare santi. Madre Seton è stata la prima santa nata in America, ma ce ne sono tante altre in arrivo. L’anniversario viene celebrato con una mostra speciale che onora l’eredità di Madre Seton, e che invita i fedeli a un incontro più profondo con Dio. Il nostro obiettivo è quello di porre l’attenzione sulla chiamata universale alla santità. Siamo tutti sollecitati a essere santi, e ognuno di noi può cercare e incontrare Dio nella propria vita. La maggior parte di noi è laica, e impariamo a conoscere Dio attraverso la vita familiare, il lavoro e le amicizie più strette, poiché questi aspetti della nostra esistenza sono plasmati dai sacramenti e dalla preghiera. Grazie al suo percorso di vita, Elizabeth resta un modello straordinario per tutti i fedeli.
Che aspettative hanno i pellegrini che oggi visitano il santuario di Emmitsburg?
Questo santuario è l’unico negli Stati Uniti in cui è possibile visitare il luogo in cui una santa visse, lavorò, pregò e morì. Elizabeth è sepolta in un altare laterale della basilica. Spesso sentiamo i visitatori entrare e chiederci: «Dov’è?». Vengono a incontrarla, e questo è qualcosa di molto potente. Abbiamo anche una ricca collezione di alcuni dei suoi oggetti personali: il rosario della prima comunione, la fede nuziale, l’abito, la cuffia, lo scialle. Sono legami reali e fisici con la sua vita. Le storie di molti santi sembrano lontane, provenienti da Paesi stranieri e da secoli passati. Ma Elizabeth era ed è una di noi. È proprio qui. E lo era non molto tempo fa. Ha vissuto gioie e dolori, proprio come noi.
Come vede il ruolo di un santuario nella nuova evangelizzazione?
Quando si leggono i documenti ufficiali della Chiesa sui santuari e su ciò che essi dovrebbero fare per i fedeli, si capisce che la loro opera è quella di aiutare i pellegrini a incontrare Dio. E questo avviene in modi diversi. Per esempio, riattualizzando il ricordo di Dio che interagisce con la vita di un santo. Per questo il nostro nuovo museo è così importante. Vedere Dio interagire con la vita di qualcun altro – in questo caso con quella di Elizabeth Ann Seton – ci aiuta a immaginare come Dio possa essere all’opera anche nella nostra stessa vita.
Quali sono gli obiettivi della mostra che avete allestito per il 50º anniversario della canonizzazione di santa Elizabeth Seton?
Questa nuovissima mostra intende comunicare quanto sia stato significativo l’evento della sua canonizzazione. Quel giorno, il 14 settembre 1975, fu una data straordinaria: c’erano 23mila persone a Emmitsburg, e oltre 100mila in piazza San Pietro a Roma. In quel momento si avvertiva la sensazione che finalmente uno di noi fosse diventato santo. Un’americana era stata elevata alla gloria degli altari. Elizabeth è un ottimo esempio di come una persona comune, quando lascia che la grazia entri nella sua vita, possa essere totalmente trasformata. Quando Madre Seton fu proclamata santa, l’allora papa Paolo VI esortò il popolo americano ad approfondire la sua feconda eredità, e a imparare a condividerla. Elizabeth era una persona semplice, come tante, ma seguendo Dio nei sacramenti, nella preghiera, facendo sacrifici essenziali e servendo i poveri, ha ricevuto la grazia di diventare santa. Dio ha compiuto cose meravigliose nella sua vita, e questo testimonia che cosa Dio è capace di fare attraverso ognuno di noi. La nostra mostra intende rispondere proprio all’esortazione fatta nel 1975 da papa Paolo VI sottolineando la chiamata universale alla santità. La mostra mette in risalto anche una trentina di altri americani che sono ora sulla via della canonizzazione. Queste figure provengono da percorsi di vita diversi, appartengono a etnie differenti, eppure c’è una suggestiva bellezza che permea questa loro diversità. La nostra speranza è che l’intreccio di queste storie possa ispirare le persone a guardare ai santi come a punti di riferimento e a intercessori nel nostro cammino verso il futuro.
*Traduzione e adattamento dall’inglese di Alessandro Bettero
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