Una moneta è un mondo. Non è solo un’unità di misura, un mezzo di scambio, una riserva di valore. Può forgiare un’economia e addirittura una comunità. In questo senso, noi gente che fa la spesa e paga il mutuo non l’abbiamo mai pensata. Eppure proprio i valori e la filosofia che stanno dietro una moneta spiegano fenomeni che noi crediamo ineluttabili: come il primato del guadagno sulla persona, il mito della crescita a tutti i costi a discapito dell’ambiente, la dittatura del Pil sull’aspirazione alla felicità.
«Cantare è di chi ama, ma specialmente è di chi è amato» sintetizza Maria Francesca Pillon, clarissa della fraternità di Camposampiero (PD), nell’agile volumetto Cantare, scritto a quattro mani con il compositore e direttore di coro Gianmartino Durighello. Un titolo puntuale e fattivo che invita a guardare al canto come a una delle dimensioni esistenziali che percorrono ogni vita, e quindi di conseguenza ogni liturgia.
Solo la buona cura, la relazione, l’ascolto hanno il potere di guarire. E lo fanno in maniera direttamente proporzionale alla fragilità che hanno di fronte. La medicina non basta da sola.
È il 2 aprile 2005. Karol Wojtyla, l’amato papa Giovanni Paolo II, muore dopo una dolorosa agonia. Il suo è stato il secondo pontificato più lungo della storia: ventisette anni che hanno forgiato generazioni di credenti. La Chiesa, dopo di lui, non è stata più la stessa.
Se il concilio Vaticano II ha parlato di «universale vocazione alla santità nella Chiesa», dopo più di cinquant’anni si può dire che questa dottrina non abbia avuto molta fortuna. Ancora oggi, nell’immaginario cristiano, la santità spetta solo ad alcune categorie di persone (preti, frati, suore…) e non è considerata meta naturale di ogni vita cristiana.
Sarà perché è uno scrittore e ha fatto della parola un mestiere. Oppure perché ha svolto a lungo la professione di magistrato e sappiamo bene come, in certi contesti, le parole siano «pesanti». Ma forse tutto ciò nasce anche dai suoi trascorsi in parlamento, dove, purtroppo, di parole utilizzate a sproposito (e dei relativi danni) deve averne sentite un po’.