Se il concilio Vaticano II ha parlato di «universale vocazione alla santità nella Chiesa», dopo più di cinquant’anni si può dire che questa dottrina non abbia avuto molta fortuna. Ancora oggi, nell’immaginario cristiano, la santità spetta solo ad alcune categorie di persone (preti, frati, suore…) e non è considerata meta naturale di ogni vita cristiana.
Sarà perché è uno scrittore e ha fatto della parola un mestiere. Oppure perché ha svolto a lungo la professione di magistrato e sappiamo bene come, in certi contesti, le parole siano «pesanti». Ma forse tutto ciò nasce anche dai suoi trascorsi in parlamento, dove, purtroppo, di parole utilizzate a sproposito (e dei relativi danni) deve averne sentite un po’.
In un’Italia al vetriolo, del tutti contro tutti, in cui senso delle istituzioni, voglia di solidarietà e di futuro sano – quello che si costruisce con pacata ma ferma determinazione – sembrano estinti, leggere queste pagine di Aldo Cazzulo equivale a respirare una boccata d’ossigeno. Perché nel clima di disillusione e di sfiducia in cui siamo immersi, abbiamo davvero bisogno di libri che ci ricordino chi siamo stati noi italiani, in un recentissimo passato.
Due titoli per tutti. La prima generazione incredula e La fuga delle quarantenni (entrambi pubblicati da Rubbettino). Don Armando Matteo ci ha abituati da anni alle sue illuminanti riflessioni su quel mondo, giovanile o un po' meno, che appare sempre più estraneo all’universo della fede.
«Se vuoi costruire una nave, non radunare gli uomini per far loro raccogliere il legno, distribuire i compiti e organizzare il lavoro, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito».
«Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull’età / dopo l’estate porta il dono usato della perplessità» cantava Francesco Guccini nella sua Canzone dei dodici mesi. Una perplessità che coglie molti di noi quando pensiamo al tempo del crepuscolo umano, vale a dire a quell’età della vita in cui per la prima volta ci si trova a fare i conti con la vecchiaia.