Apparentemente è niente di più che uno dei tanti documenti vaticani, in questo caso della Pontificia Commissione Biblica: la fitta numerazione per brevi capitoletti, l’abbondanza di citazioni bibliche. Ma se si ha il coraggio e la pazienza di addentrarsi in queste più di trecento pagine fitte fitte non ci si pentirà di averlo fatto. Intanto per la tempistica.
Il nome di Johann Peter Hebel, svizzero di Basilea, morto nel 1826, appartenente convinto alla Chiesa luterana, sebbene altrettanto convinto che si potesse andare d’accordo con chiunque, prolifico scrittore con interessi catechistici o, diremmo oggi, pastorali, probabilmente non ci dice granché.
Un Dio severo e lontano dall’uomo, molte volte arrabbiato e pronto al castigo. È questa l’immagine più spesso tramandata nei secoli dalle diverse culture e tradizioni. L’autore del libro che qui presentiamo, Paolo Pivetti, scrittore anche di testi teatrali, radiofonici e televisivi, attraverso i registri dell’ironia, del paradosso, e a volte ricorrendo pure a un provocatorio sarcasmo, ci presenta un Dio sorridente e ironico, vicino all’uomo, che ne condivide gioie e speranze.
Lo scenario è quello della Sinagoga di Cafarnao, proposto nel Vangelo di Giovanni. La folla chiede a Gesù: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio». La sua risposta non si fa attendere: «Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato».