Fu ritrovata miracolosamente incorrotta nel 1263, a una prima ricognizione del corpo di sant’Antonio. Da allora la lingua del Santo è venerata da milioni di devoti, segno tangibile di un carisma totalmente al servizio del Vangelo.
A Faenza, nella parrocchia di San Francesco dei frati minori conventuali, ha ripreso vita un progetto di distribuzione di capi di seconda mano, capace di dare aiuto ai poveri, ma anche di favorire una maggiore attenzione per l’ambiente.
Un legame importante, intessuto fin dall'inizio della storia della Basilica, è quello con il mondo della cultura, soprattutto nel rapporto con l'Università di Padova.
«Tutti coloro che vogliono vivere castamente in Cristo non solo devono fuggire il topo della lussuria, ma evitarne anche il più lontano sospetto» (Sermone per la Festa dell’Annunciazione, 3).
«Nella canna, che è agitata dal vento, che è bella all’esterno ma vuota dentro, e il cui frutto è solo la lanugine, è raffigurato l’avaro, che è sbattuto qua e là dal vento della cupidigia» (Sermone III di Quaresima, 18).
La lingua può far tanto male, ma anche tanto bene. Con la lingua possiamo pregare, lodare Dio, dispensare buoni consigli, esortare. E soprattutto, come insegna sant’Antonio, solo frenando la lingua è possibile dedicarsi al silenzio.