Avere cura del mondo che verrà
In Italia nel 2022 le persone con più di 64 anni erano il 23,8 % della popolazione. L’indice di vecchiaia (che registra il rapporto tra le persone con più di 65 anni e quelle con meno di 14, e che, se supera il 100, registra un invecchiamento della popolazione) era del 187,9 %. È stato calcolato che tale indice nel 2042 sarà del 293 %. Nel mondo, sono 91 i Paesi che hanno un tasso di fecondità inferiore a quello necessario a sostituire la popolazione, e sono Paesi prevalentemente del mondo ricco, occidentale o asiatico. Mentre l’Africa sub sahariana, che ha la popolazione più giovane del mondo, raddoppierà i suoi abitanti entro i prossimi trent’anni (fonte World Population Data Sheet). Se i cambiamenti climatici saranno quelli che la scienza oggi prevede, in tempi molto brevi il mondo che conosciamo sarà trasformato in modo radicale.
Intanto noi siamo qui, in qualche misura privilegiati. Chi nei beni posseduti, magari dobbiamo stare attenti, molto attenti, ma abbiamo di che vivere. Chi nella conoscenza, possiamo leggere e scegliere di informarci, ci sono le biblioteche se i giornali costano troppo, anche online (c’è MLOL, biblioteca digitale, centinaia di quotidiani e riviste di lettura gratuita, migliaia di libri a disposizione). Di sicuro moltissimi di noi sono privilegiati nel poterci sentire al riparo dalla guerra. Ecco. Se c’è qualcosa che non troviamo nel Vangelo è il senso di colpa, cioè (semplificando) il sentimento di disagio e riprovazione verso se stessi per aver fatto qualcosa di male o per non aver fatto qualcosa di bene. C’è sì la consapevolezza, anche improvvisa, istantanea, della colpa, cioè di non aver vissuto all’altezza della propria umanità, questo sì. Ma non c’è la paralisi di sé, l’oscura depressione, l’ansia da inadeguatezza che il senso di colpa ci porta nel cuore. E questo perché il Vangelo ci mostra che in ogni momento della nostra vita possiamo rinascere. Come Gesù dice a Nicodèmo che lo interroga di notte perché prova vergogna di sé. O come capita all’adultera che può andare via senza condizioni. E ripartire. Oppure a Matteo, probabilmente tranquillo comune opportunista fino a un momento prima. O a Pietro, apertamente traditore. Fosse prevalso in loro il senso di colpa, la storia sarebbe stata diversa.
La maggior parte di noi non è direttamente responsabile, con azioni precise o omissioni elencabili, della condizione di ingiustizia e di pericolo in cui il mondo viaggia. Alcuni sì, certamente. Politici inconsistenti e arraffoni, imprenditori arricchiti sull’ingiustizia e dissipatori della natura e del Creato. Ma tutti oggi abbiamo la fortuna di poter vedere gli errori che ci avvelenano la vita. La cultura, la scienza, i media ci aiutano. E soprattutto la fede. Li possiamo elencare questi errori e scoprire che sono sempre quelli del Vangelo: il potere («Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?», Mt 18,1), il denaro (il giovane ricco se ne va triste «poiché aveva molte ricchezze», Mt 19,22), la paura (di essere irrilevante, di morire, di essere giudicati, di diventare poveri e bisognosi: qui l’elenco sarebbe lunghissimo). E la buona novella è che anche l’operaio dell’ultima ora ha la sua paga, perché ha conosciuto il Signore. Possiamo afferrare responsabilmente il presente e, senza giudicare, fare tutto quello che vediamo essere buono. Eleggere chi ci aiuta a essere responsabili e ci aiuta ad aiutare. Accogliere senza giudizio il mondo che viene e salvarlo dalle guerre, anche di religione. Condividere. Conoscere e amare. Può essere un laboratorio di nuova convivenza, il mondo che verrà. Oppure un instabile sconvolgimento permanente. Non è tutto nelle nostre mani, naturalmente. Ma un po’ sì e su questo po’ stiamo saldi. Quanto al resto, lo affidiamo.
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