Contaminazioni generative
«Carissimi Edoardo e Chiara, siamo una coppia sposata da 17 anni e abbiamo una figlia di 14. Io sono una persona di fede e per me frequentare la chiesa e crescere nella vita spirituale è importante. Mio marito, invece, si definisce non credente, anche se nel recente passato ha partecipato a importanti percorsi spirituali di coppia insieme con me. Lui ha un approccio alla vita più diretto e valuta sempre se c’è un qualche tornaconto personale in quello che fa, mentre io sono più riflessiva e cerco di comprendere se è buono o no quel comportamento o quella scelta. Le nostre difficoltà derivano dal diverso modo di porci che abbiamo con nostra figlia. Io non riesco ad accettare che una ragazzina di 14 anni mi insulti e mi parli in modo sboccato, faccia continue richieste per stare fuori sempre più fino a tardi e voglia continuamente cose materiali (vestiti, cellulare, ecc.). Mi accorgo di perdere la pazienza molto facilmente, mi infastidisce quel suo modo di fare senza rispetto nei miei confronti. Sembra che tutto le sia dovuto. Mio marito, invece, ha un ottimo rapporto con lei; tra di loro sono molto complici, scherzano e ridono insieme. Lui mi dice che sono troppo rigida e che devo lasciarla vivere. Ogni tanto anche lui la riprende, ma lei con mio marito non si arrabbia mai. La cosa che mi fa soffrire è che non mi sento mai supportata e sostenuta quando la riprendo (lui dice che non lo fa perché non condivide l’impostazione rigida e bigotta che ho con lei). Mi sento molto sola e passo dal pensare che sono io quella sbagliata come madre e come moglie al credere che sia stato un errore scegliere un marito che non condividesse i miei stessi valori».
Sonia
Carissima Sonia, la tua lettera ci rende partecipi di una doppia distanza tra te e tuo marito: quella nell’approccio alla vita sul piano umano e di fede, e quella nell’aspetto educativo, nel vostro caso nei confronti di una figlia adolescente. La prima distanza viene lasciata sullo sfondo, come se fosse ormai qualcosa di «antico» a cui vi siete abituati. Su questo aspetto, inoltre, ci informi che lui si è aperto alla partecipazione di percorsi di crescita spirituale di coppia, cammini che evidentemente, pur mostrando una sua apertura nei tuoi confronti, non hanno comunque portato a un cambiamento, dato che lui si definisce ancora «non credente».
La seconda distanza, che in parte è legata alla prima, riguarda invece la gestione di vostra figlia. Tu non riesci ad accettare i suoi modi di ragazza ribelle che inveisce contro di te in modo sprezzante e l’autocentratura sulle sue esigenze e sui suoi bisogni. Probabilmente sognavi di avere una figlia più docile, con cui avresti condiviso quella prospettiva significativa di vita che non hai potuto condividere con tuo marito. Immagino che ti sarebbe piaciuto avere una ragazza che voleva fare l’animatrice in parrocchia, piuttosto che un’adolescente che desidera avere l’ultimo modello di iPhone o vestiti sempre alla moda. La distanza tra la figlia desiderata e la figlia reale ha creato quella frustrazione che poi si è trasformata in conflittualità.
Tua figlia sembra aver «scelto» l’approccio alla vita di tuo marito più che il tuo, di conseguenza si sente molto più affine e molto più accettata da lui. Ovviamente anche tuo marito percepisce che la figlia ha molta più sintonia con quello che lui è, con il suo modo di stare nella realtà, e questo lo porta a un senso di vicinanza che poi diventa alleanza e complicità. Probabilmente la realtà è che la ragazza si sente accolta e benvoluta da lui e rifiutata da te. Tua figlia percepisce che il papà legittima il suo modo di essere, che lo valorizza, che lo condivide e quindi che il padre le manda un messaggio di conferma sul fatto che lei può «esistere in quanto se stessa». Con te invece sente che «per esistere dovrebbe essere altro da sé» e quindi riceve un’implicita non conferma all’esistenza.
Con questo non stiamo dicendo che tuo marito fa bene e tu stai sbagliando, perché c’è un evidente benevolo intento educativo da parte tua. Un ingrediente necessario nel crescere una figlia è sicuramente l’amore incondizionato, ma è altrettanto amorevole anche saperla accompagnare verso un’evoluzione di se stessa, farle assaporare il gusto di mete più alte che richiedono impegno, fatica e disciplina per essere raggiunte. A tuo modo, stai tentando di mostrarle che può ambire a una «se stessa» che non si accontenta di un bel vestito o di divertirsi con gli amici (bisogni che non sono sbagliati se non diventano il centro dell’esistenza). Cara Sonia, tu desideri per lei di meglio e stai provando a indirizzarla verso quella strada. Probabilmente è il come lo fai che va messo in discussione.
L’ideale sarebbe che tu potessi contaminarti con tuo marito e apprendere da lui quell’elemento di accoglienza e valorizzazione della personcina che tua figlia è in questo momento della sua vita, e che tuo marito potesse contaminarsi con la tua intenzione di essere trampolino di lancio verso il meglio a cui lei può ambire. Ovviamente questa ibridazione è difficile da realizzare: richiede di partire da un reciproco riconoscimento del buono di cui tu e lui siete reciprocamente portatori nei confronti di vostra figlia e, insieme, valorizzare il bello che lei è già e il bello che lei è ancora solo in potenza. Potreste cominciare, per esempio, con il condividere i vostri sogni sulla donna che sperate possa diventare.Fatevi accompagnare in questa non facile sintesi… e buon cammino!
Edoardo e Chiara Vian
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