In digiuno per la pace
Siamo a Marghera, nella prima periferia di Venezia, zona tristemente associata, da sempre, al polo chimico industriale e ai cantieri navali con relativo inquinamento e rischi ambientali. Ci troviamo precisamente in una sala del patronato della parrocchia della Risurrezione, nel quartiere della Cita, un quartiere a vocazione residenziale divenuto in anni recenti un coacervo di culture differenti che spesso faticano non solo a integrarsi ma anche a dialogare tra loro. Dinanzi a me ci sono due uomini sui sessant’anni. Siamo tutti seduti attorno a un tavolo. I due sono pallidi, un po’ emaciati, ma hanno uno sguardo fermo e determinato e insieme sereno. Dietro di loro un lungo striscione con quattro bandiere: la bandiera della pace, quella israeliana, quella palestinese e la bandiera dell’Onu. «Hanno un significato preciso – mi spiegano i due –. Le bandiere degli Stati fanno riferimento al conflitto in corso in Terra Santa. Le altre due indicano l’unica alternativa possibile alla guerra, ovvero la pace da raggiungere attraverso il dialogo e la diplomazia».
I due uomini sono Bernardino Mason, 66 anni, di Pax Christi, e Carlo Giacomini, 64, dell’Ecoistituto del Veneto «Alex Langer».
Dal 14 febbraio, primo giorno di quaresima, hanno cominciato uno «sciopero della fame», per la pace tra Israele e Palestina. «Siamo entrambi cristiani – precisano – e per noi il digiuno, oltre che un atto di resistenza passiva e nonviolenta, e un atto pubblico e politico che attira l’attenzione dell’opinione pubblica e denuncia le atrocità e le ingiustizie causate dalla guerra, ha anche delle valenze religiose, è una forma di preghiera: per questo abbiamo deciso di cominciarlo proprio il mercoledì delle ceneri».
Bernardino e Carlo sono i capofila di una rete di oltre 120 digiunatori (quelli aggregati al loro gruppo, ma complessivamente sono 200 in tutta Italia con i gruppi di Rovereto, Foggia - che a staffetta sta praticando il digiuno da un anno - e Bergamo, che aveva avviato il digiuno già prima del gruppo veneziano; inoltre c'è anche Giovanni Leone un veneziano che vive a Catania, che sta digiunando con Mason e Giacomini da oltre 20 giorni) che dallo scorso 7 ottobre stanno promuovendo progetti di sensibilizzazione sui temi del pacifismo e della nonviolenza (la scorsa settimana, per esempio, erano impegnati in un sit-in per la pace davanti al municipio di Mestre, nel corso del quale hanno ulteriormente presentato la loro iniziativa).
«Ciò che ci ha spinto a cominciare il digiuno – continuano Mason e Giacomini – è stata la minaccia di Israele di bombardare Rafah, dove oggi vive un milione e mezzo di palestinesi. È indubbio che tutto è cominciato con l’attacco atroce e ingiustificabile del 7 aprile compiuto da Hamas, a cui però ha fatto seguito una spirale crescente di violenza che è difficile oggi definire “legittima difesa”. Per questo abbiamo sentito che dovevamo fare tutto ciò che era nelle nostre possibilità per fermare questo massacro. E l’unica possibilità era mettere a disposizione noi stessi, la nostra persona nella sua totalità di corpo, spirito e mente, anche per sentirci vicini a tutte le vittime causate da questa guerra. Il digiuno era l’unico strumento in nostro possesso per dire il nostro "no alla violenza" e al contempo aprire spazi di reciprocità e di riflessione. Ciò che chiediamo si può riassumere in quattro punti: che cessino i fuochi, che siano liberati tutti gli ostaggi israeliani e i prigionieri palestinesi civili detenuti senza processo, che le popolazioni palestinesi vengano immediatamente soccorse con forniture straordinarie e che venga attivata una protezione internazionale».
Il digiuno messo in campo da Bernardino Mason e Carlo Giacomini è quello cosiddetto «pannellianio» e consiste in una sobria colazione al mattino e in un’adeguata idratazione durante tutto il giorno a base di bevande ricche di sali minerali; infine, in un succo di frutta alla sera. Un regime, non scevro da rischi, ma che consente loro di potersi impegnare nelle consuete quotidiane attività. «Abbiamo intenzione di continuare il digiuno almeno fino a Pasqua, se non interverrà nel frattempo un cessate il fuoco – informano –. A quel punto decideremo insieme alle persone che ci sono accanto il da farsi. Siamo costantemente monitorati dai nostri medici, che potrebbero a un certo punto valutare di farci sospendere il digiuno. Ma finché questo non avverrà noi siamo decisi a proseguire nella nostra azione».
Purtroppo, al momento in cui scriviamo la pace non pare essere un obiettivo condiviso dai vari Stati. «Da quanto vediamo – aggiungono i due –, Israele dopo il 7 ottobre ha un solo obiettivo dichiarato: distruggere Hamas. Ma siamo proprio certi che, dopo, Israele sarà più al sicuro? O, piuttosto, le atrocità cui abbiamo assistito in questi mesi avranno contribuito a incancrenire talmente tanto la situazione da moltiplicare il numero di organizzazioni come Hamas, nate dalle ferite di questi mesi, dall’aver assistito impotenti alla morte dei propri cari e dal desiderio di vendetta?». Eppure le «profezie di guerra», pronunciate anche da alti esponenti di governo o di istituzioni europee, continuano. La più temibile è stata evocata qualche settimana fa addirittura dalla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, la quale ha ricordato come una guerra in Europa non sia «impossibile» e per questo vada incrementata la produzione congiunta di armi.
Ma davvero la guerra è l’unica soluzione perseguibile per un «cessate i fuochi»? «Noi, insieme a tutto il Movimento nonviolento e a moltissimi uomini e donne di buona volontà, siamo convinti del contrario. Per questo non si deve smettere di praticare la pace e di studiare, approfondire e proporre l’azione nonviolenta nella risoluzione delle controversie, di tutte le controversie, anche quelle internazionali. Contrariamente a quanto ha affermato Von der Leyen, noi siamo convinti (con papa Francesco) che invece che in armi bisogna investire nel preparare, formare e addestrare le persone nella difesa popolare nonviolenta e così pure nella creazione di corpi civili di pace che agiscano secondo i principi della nonviolenza. Purtroppo, mentre noi e altri come noi stiamo digiunando e operando per la pace, in Parlamento si sta modificando legge 185/90 sul commercio delle armi, rendendolo meno trasparente».
Bernardino Mason e Carlo Giacomini stanno mostrando, insieme a tutto il popolo della pace, che la nonviolenza non è una strada per «anime belle» e basta: «Quello della nonviolenza – concludono infatti – è un metodo preciso, fatto di una molteplicità di riflessioni, strategie, scelte e azioni da perseguire nel quotidiano con disciplina. È un metodo che, come ci ha insegnato Ghandi, può contribuire a liberare e rappacificare intere nazioni. Richiede impegno e costanza, certo. Richiede di non lasciarsi scoraggiare e di portare avanti insieme l’agire per la pace. Molti, per esempio, pensano che Rosa Parks quando, negli anni ’50 del secolo scorso, diede la definitiva spallata al segregazionismo negli States rifiutandosi di cedere il suo posto in un autobus a un bianco, avesse agito da sola in una forma di estemporanea improvvisazione. E invece quell’azione era stata preparata da mesi dal vasto movimento antirazzista americano, e pianificata, anche dal punto di vista comunicativo, nei minimi dettagli. No, decisamente la nonviolenza non è materia per sole “anime belle”, ma per cittadini e cittadine consapevoli e determinate a mettere ogni loro energia invece che nel farsi la guerra, nel costruire la pace attraverso il dialogo e la diplomazia. Attraverso scelte concrete di pace».
Bernardino Mason e Carlo Giacomini sono reperibili per tutto il tempo del digiuno, nella sede della parrocchia della Risurrezione a Marghera, in via Palladio 2, disponibili per chiunque voglia dialogare con loro, sostenerli o unirsi al digiuno, per un giorno, due, una settimana…
Contatti:
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A seguire, l'appello per la pace rivolto da Mason e Giacomini a tutti i lettori e le lettrici della nostra rivista: