Diversamente abili, diversamente felici

Federico De Rosa, 31 anni, ha un disturbo dello spettro autistico. Riesce a comunicare con il mondo solo al computer, ma tiene una rubrica sul quotidiano «la Repubblica» e ha scritto tre libri.
26 Marzo 2025 | di

«Diversamente Abili Diversamente Felici». Sono solo quattro parole, ma combinate insieme ci raccontano l’essenza del pensiero–manifesto di Federico De Rosa. Scrittore autistico di 31 anni, romano di nascita, Federico è un giovane poco verbale. Nei suoi primi anni di vita gli è stato diagnosticato un disturbo generalizzato dello sviluppo, una condizione interna allo spettro autistico. Da bambino era molto limitato nelle sue autonomie, ma grazie all’amore della sua famiglia e al supporto di terapisti e insegnanti di sostegno, ha completato l’intero percorso scolastico fino a conseguire la maturità scientifica. Per comunicare, in sostituzione delle attività scolastiche orali, ha utilizzato la comunicazione aumentativa e alternativa al computer.

Da quando ha concluso i suoi studi, Federico ha deciso di dedicarsi alla scrittura. La sua missione è spiegare come funziona la mente di una persona autistica. Ha pubblicato già tre libri per le edizioni San Paolo. Il primo risale al 2014 e si intitola Quello che non ho mai detto. Io, il mio autismo e ciò in cui credo. Il terzo, Una mente diversa, è uscito nel 2020. Il notevole successo di questi libri gli ha portato una certa notorietà e numerosi inviti in diverse città italiane per incontri e convegni. Oramai è un conferenziere di successo che gira l’Italia parlando di autismo dall’interno. Nel frattempo, il quotidiano «la Repubblica» si è accorto del suo talento e gli ha affidato una rubrica mensile, Il diario di un ragazzo autistico.

Incontro Federico nella sua casa di Roma, nel quartiere Nuovo Salario. Da dicembre 2024 vive con altri due giovani autistici in un’abitazione finanziata con i fondi regionali del progetto «Dopo di noi», l’accompagnamento per l’uscita dal nucleo familiare di origine. Mi accoglie nella sua stanza. I mobili di legno sono chiari e riposanti allo sguardo. C’è un ordine calmo. Il silenzio della camera è interrotto dai suoi borbottii, inframmezzati a gridolini entusiasti. Federico ama raccontare il suo mondo interiore ed è pronto. Il pc, prolungamento digitale del suo pensiero, è acceso. Quando inizia a digitare sulla tastiera, capisco di essere di fronte a un mondo interiore ricco, a un’intelligenza spirituale profonda, e a un umorismo non banale: «Mi chiamo Federico. Ogni giorno mi sveglio nella gioia di aver vissuto una buona nottata di sonno e sono felice di fare colazione. Le mie attività sono studiare percussioni, uscire per un po’ di spesa, fare sport, fare silenzio dentro di me. Il mio lavoro è promuovere Diversamente Felici, il manifesto che descrivo nel mio sito, https://derosafederico.it/, e lo faccio con libri, articoli, viaggi e convegni ma poi amo tornare ai miei piaceri basici di una vita semplice. È la mia clausura felice». Quello che mi colpisce è che, nonostante un apparente silenzio o estraniazione, Federico è assolutamente consapevole e presente, e riesce a cogliere il punto di vista più profondo sulle cose e su ciò che accade intorno a lui.

Il rapporto con l’autismo

L’uomo che conosciamo noi oggi è una persona matura, che ha raggiunto consapevolezze importanti, ma dietro c’è un percorso difficile: «Da piccolo ero molto arrabbiato. Mi domandavo: perché proprio io? Perché gli altri possono vivere liberi e autonomi, mentre io sono prigioniero e vivo in solitudine? Poi ho intuito che ogni tragedia nasconde una missione: quante famiglie vivevano l’autismo e non ne capivano nulla? Se imparavo a scrivere in italiano, questa buffa e macchinosa lingua per me straniera, potevo spiegare tutto. La mia tragedia è diventata così la mia missione, il mio lavoro, la mia gioia. Ora penso che ogni disgrazia umana porti un’opportunità per chi ha l’audacia di andare a coglierla».

Papà Oreste, in piedi accanto al figlio, aggiunge alcune parole per consentirgli una pausa: «Da bambino, molto presto, Federico ha iniziato a chiudersi in se stesso a causa di un forte disturbo che lo ha reso incapace di comprendere il mondo, di costruire relazioni con le persone che gli stavano intorno, di parlare con loro. I medici lo chiamavano autismo, lui la chiamava prigione. Da adolescente però uno spiraglio si è aperto. Ha iniziato a scrivere col computer, imparato una tecnica di scrittura e ha spinto fuori da quel buio parole, frasi e poi parole e sentimenti. Federico mi ha insegnato molte cose. Innanzitutto che si può essere diversamente felici».

Con mia sorpresa, le domande che mi ero appuntato sul taccuino lasciano il campo a una conversazione spontanea e naturale. Proseguiamo come se camminassimo in un bosco, dove è Federico a condurmi. Mi spiega allora che la sua visione sull’autismo è cambiata nel tempo: «Noi autistici ci siamo. La nostra percezione sensoriale è maestosa, imponente. Mi dispiace che non vi sia possibile provare per un giorno. Non credo che vorreste tornare indietro. L’handicap è solo nella paura che vi facciamo. Ma se superate questa soglia, ci scopriremo fratelli. E sarà difficile reggere la gioia».

Il silenzio

Federico non nasconde le difficoltà oggettive della sua condizione, ma ne vede anche le opportunità, i lati positivi. Il primo è l’esperienza del silenzio, cui è costretto dalla sua condizione, ma che ha trasformato in un vero e proprio laboratorio spirituale, come racconta sul suo blog: «È opinione diffusa che per conoscersi sia necessario parlarsi tanto. Eppure essere informati sull’altro è cosa molto diversa dal conoscerlo, perché conoscere l’altro è riuscire a cogliere l’identità e l’unità più profonda del suo cuore, la sua missione esistenziale che fa di lui una persona unica nell’universo. E come fare allora? Utilizzando il più potente strumento di conoscenza che esista, ossia il silenzio. Non parlo solo di fare il silenzio di parole, ma anche di tacitare il tumulto di pensieri, che è faticoso tormento della mente. Fatto il silenzio dentro di noi, prima che fuori, avremo nella mente e nel cuore un grande vuoto che naturalmente si riempirà di ciò che di vero abbiamo intorno, della verità delle persone e della presenza di Dio. Io che non so parlare, vi dico che il profondo silenzio lascia germogliare la pace dal profondo del cuore».

I boschi e la fede

Una delle attività che più piace a Federico è camminare nel bosco, in particolare a Villa Ada, un ambiente che lui considera molto «autistico», perché attutisce le percezioni dei sensi ed è immerso nel silenzio. Un altro posto al quale è affezionato è la parrocchia di San Frumenzio, a via dei Prati Fiscali, che frequenta da tanti anni e dove alla Messa della domenica suona, sorprendentemente, la batteria. L’esperienza di fede per lui è fondamentale: «Dio ha un incrollabile fede in me, che io cerco di ricambiare. Dio è autistico, non parla. Con lui dialogo per stati preverbali del cuore».

Dalla cucina intanto arrivano i profumi della cena. Un operatore sta preparando qualcosa di buono e Federico è contento. Che progetti hai per il futuro, gli chiedo? «Nessuno. Ho due grandi amori: qui e ora. Vivendo qui e ora non mi mancano mai interessanti sviluppi». Salutiamo questo giovane uomo, libero rispetto a tutti i fantasmi e le illusioni. Per lui la vita, nonostante le avversità, è davvero un progetto di bene in cui credere.

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Data di aggiornamento: 26 Marzo 2025
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