Il cimitero delle riviste
Un altro amico se n’è andato. Anche Lo straniero, mensile diretto da Goffredo Fofi, dopo vent’anni di onorato servizio, con il numero 200 tira i remi in barca. E la faccenda un tantino intristisce, perché quando una rivista chiude ci ritroviamo tutti un po’ più poveri.
Anche se non sarà l’ultima a farlo, e non è stata nemmeno la prima. Ricordiamo, a caso: Tempo presente, diretto niente di meno che da Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte dal 1956 al 1968; Il Mondo, diretto da un altro grande come Mario Pannunzio, che chiude i battenti nel 1966; Il Tempo, che aveva persino la pretesa di fare il verso all’americana Life, che visse tra il 1939 e il 1976; il settimanale pastorale Settimana, pubblicato dal 1965 al 2015; il mensile missionario dei gesuiti, Popoli, pubblicato dal 1915 al 2014; il settimanale Il Sabato, dal 1978 al 1993, il primo giornale cattolico che ho incontrato al tempo del mio liceo; il supplemento satirico Cuore, dal 1989 al 1997; il Corriere dei piccoli, la prima gloriosa rivista settimanale per bambini e ragazzi dell’editoria italiana, pubblicata dal 1908 al 1995; Il piccolo ranger, pubblicato dal 1963 al 1985, il primo fumetto che ho letto con continuità; persino Le Ore, che hanno sdoganato la pornografia soft in Italia, sono durate, con alterne vicende e anche contenuti, solo dal 1953 al 1996. Ma, per restare nel nostro ambito, pensiamo a SuperG!, il mensile a fumetti delle edizioni San Paolo avviato nel 2013 ma sopravvissuto solo un paio di anni. O il nostro Ciao amici, che già rilevava nel 1996 un altro mensile, Giovani amici, e che ha chiuso nel 2008. E probabilmente anche il nostro Messaggero di sant’Antonio una volta o l’altra, quando sant’Antonio e voi amici lettori ce lo farete capire, terminerà le sue pubblicazioni cartacee (ma continuerà sicuramente a vivere in altre forme!).
Niente di tragico. Le riviste nascono e muoiono. Alcune perché non hanno proprio nessun senso. Altre, la maggior parte, perché hanno terminato il loro servizio, hanno raggiunto lo scopo per cui a qualcuno è venuto in mente che ce ne fosse bisogno. Perché per contenuti e target non hanno semplicemente più motivo di esistere, e cioè sono superate. Perché sono venuti meno coloro che le avevano ideate. Perché non ci sono più soldi, e al giorno d’oggi per pubblicare una rivista ben fatta servono anche, ahimè, molti soldi. Perché gli italiani leggono poco e sempre meno. Perché la gente non ha voglia di pensare e di farsi domande, o almeno di approfondire e informarsi responsabilmente. O solo perché la storia va avanti e i mezzi di comunicazione cambiano. In fin dei conti abbiamo cominciato con qualche graffito inciso sulla pietra, siamo passati ai geroglifici su tavolette d’argilla e poi di papiro, siamo passati dai manoscritti su pergamena ed elegantemente miniati alla carta stampata, e finalmente al digitale: ne abbiamo fatta di strada!
Tutto vero… Ma a me un po’ di rammarico e di tristezza rimane nel cuore. Perché è vero, in fin dei conti solo la parola di Dio non passerà mai, tutte le altre sì (cf. Mt 24,25). Ma questa parola ha pur bisogno delle nostre povere parole.
Vogliate bene alle riviste, se potete!
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