Il popolo di Antonio

Tra le forme di devozione popolare, la processione è senza dubbio una delle più amate e frequentate dai fedeli. Anche oggi, anche a Padova.
12 Giugno 2024 | di

Già subito dopo la morte di sant’Antonio, moltissime persone vengono presso la sua tomba per onorarne la memoria e chiedere grazie. Ne parla così l’Assidua, prima tra le biografie del Santo: «Da oriente e da occidente, da meridione e da settentrione, i popoli convergono in processioni ordinate e, vedendo le meraviglie che si compiono sotto i loro occhi per i meriti del beato Antonio, esaltano con il dovuto onore i meriti della sua santità». La biografia attesta il concorso di molti gruppi: i cittadini di Capodiponte (che avevano inizialmente conteso il corpo del Santo), tanti religiosi (sia della città, sia dei dintorni) e l’intera cittadinanza, «in ordinati cori di lode»; pure il vescovo di Padova e il podestà ci sono, a piedi nudi come tutti gli altri. «È presente anche un gruppo di universitari, di cui la città di Padova vanta un numero importante»; ogni gruppo porta un enorme cero, che spesso doveva essere mozzato per poter entrare nell’allora piccola chiesa di Santa Maria Mater Domini. Per tutti, il pellegrinaggio alla tomba del Santo è occasione di conversione: «Quelli che erano venuti per guarire, ma, come sta scritto “nascondevano le proprie colpe nel segreto”, non riuscivano a camminare “sulla via della salvezza”. Ma se, fatta la confessione, abbandonavano alla fine le proprie colpe per salvarsi, ben presto, in presenza di tutti, sperimentavano la misericordia».

Dopo che, nel 1256, sant’Antonio viene dichiarato protettore speciale della città di Padova, la sua festa è celebrata più solennemente. Proprio in quell’anno si stabilisce che, alla vigilia della festa, il 12 giugno, le confraternite e le associazioni di arti e mestieri si rechino al Santuario e depositino un’offerta di ceri e candelabri, e una settimana dopo, il 20 giugno, vadano processionalmente in chiesa il clero della città, il podestà e tutta la signoria, per partecipare alla Messa presieduta dal vescovo. Negli archivi sono presenti vari documenti che riguardano l’ordine della processione (uno è del 1461) e altri che attestano di controversie su varie questioni: ad esempio, nel 1579, un atto del capitolo conventuale del Santo che chiede ai «signori Deputati della città» che la processione sia fatta dopo il Vespro e non come vorrebbero alcuni Dottori Canonici della città, «che per non essere preceduti da frati nella sudetta processione hanno procurato coll’Ill.mo e R.mo Vescovo di essa et altri, che si faccia detta processione la mattina». Sempre presente l’accompagnamento musicale: molte note attestano di pagamenti in favore di cantori o musicisti che accompagnavano la processione con «trombeti», «pifari», «tamborini», «arpe», «lauti», «violete» e «organi». Tra le voci sono presenti anche quelle dei fanciulli che accompagnano col canto le reliquie del Santo, portate su delle carrette.

Ma come avveniva la processione? Una testimonianza ci viene dal testo Le religiose memorie scritto nel 1590 da Valerio Polidoro, frate minore conventuale. Nel capitolo «Della solennissima processione, che si fa nella festa del Santo», racconta del grandioso evento nel quale vengono trasportate le reliquie del Santo e molte argenterie della Basilica con trentasette carrette «a quest’uso apparecchiate». La processione è aperta dagli orfanelli, cui seguono diversi gruppi: il collegio dei Mercanti (che accompagna la carretta con la «Città di Padova argentea»), i Notai, i Legisti, nonché le rappresentanze dei frati minori dell’Osservanza, dei Cappuccini (questi vicini alla reliquia del mento) e dei Conventuali, tra i quali in particolare i frati della Basilica del Santo. Un fatto interessante riportato da Polidoro è la presenza dei padri Gesuati (ordine mendicante di quel periodo) che accompagnano la carretta con la reliquia della Lingua, la più importante e venerata. La processione si chiude con i presidenti della Veneranda Arca, seguiti dal governo della città (Podestà, Capitano, signori Deputati), dalla nobiltà padovana e dal popolo intero. Altri documenti riportano una descrizione differente, pur con molti punti comuni. Ad esempio, in un foglio della fine del 1500, si riferisce che la prima carretta della processione porta una statua argentea di san Francesco e l’ultima una statua argentea di sant’Antonio.

Non sempre la processione avviene con l’ordine dovuto: nel 1665 una nota attesta che «nella processione del Santo c’erano stati dei tumulti, durante o a causa dei quali erano cadute delle reliquie e s’erano rovinati degli argenti o dei reliquiari». Per questo, nel 1673, si perviene alla decisione di non portare più in processione la reliquia della Lingua del Santo, ma di tenerla esposta in Sacrestia alla venerazione dei fedeli per l’intero giorno della festa. In sua vece è presente in processione la reliquia dell’osso del braccio di sant’Antonio. Si lamenta anche, nel 1713, che «molte sante reliquie vengono portate in carettine poco aggiustate e decenti, con patente disordine che scema la devozione dei fedeli, e ben spesso succede in essa processione la rottura dei reliquiari stessi». Per questo si dispone che le carrette siano aggiustare, abbellite da argenterie e rinnovate per evitare che si rompano e per favorire «magnificenza, decoro e devotione».

Negli ultimi anni la processione si svolge coinvolgendo le confraternite e associazioni che si trovano nell’ambito della Basilica; nel corteo vengono portate la reliquia del Mento (dalla confraternita dei Macellai Militi dell’Immacolata) e la reliquia del dito (nel reliquiario in mano al ministro provinciale che presiede alla Messa e alla processione). L’attenzione di tutti è rivolta soprattutto alla statua lignea del Santo, opera del secolo scorso, alla quale i devoti sono molto affezionati.

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Data di aggiornamento: 12 Giugno 2024
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