Il sole sorge a Sud
A volte uno squarcio di luce sul mondo può venire da molto lontano e magari da dove neppure te lo aspetteresti. In questo caso viene dalla Liberia, un piccolo Paese affacciato sull’Atlantico, in Africa occidentale. Ha cinque milioni di abitanti ed è tra i Paesi più poveri al mondo, anche a causa di una guerra civile che, tra il 1990 e il 2004, ha falcidiato 250 mila persone, e di una gravissima epidemia di Ebola, dal 2014 al 2016. Infine il covid, che ha chiuso le frontiere e impedito ai contadini di vendere i loro prodotti. Uno che ha puntato sulla Liberia, contro ogni evidenza, da quando ci ha messo piede cinque anni fa, è padre Lorenzo Snider, missionario della Società delle missioni africane (Sma). Una sfida che da tre anni a questa parte ha voluto condividere anche con Caritas sant’Antonio, per ridare un futuro ai bambini e ai ragazzi.
La Sma è presente nella diocesi di Gbarnga dal 2014 e fin da subito ha dovuto confrontarsi con la gravissima situazione economica e sociale del Paese: l’85% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e il 52% sotto la soglia di estrema povertà. Il 70% delle risorse delle famiglie è speso per il cibo, la denutrizione è endemica e più della metà dei bambini non completa la scuola primaria per cause economiche.
Padre Lorenzo, originario della diocesi di Como, è parroco della parrocchia St. John Vianney’s Catholic Church di Foya, l’area che è stata più battuta da Ebola: «La prima cosa che ti colpisce quando vieni in un posto come questo è che ti trovi al confine del confine: se da Foya vuoi arrivare a Gbarnga, che è la seconda città del Paese, ti aspettano 265 chilometri di strada in pessime condizioni, che diventa impraticabile durante le piogge. Sei di fatto isolato. Qui è difficile fare qualsiasi cosa, trovare mezzi, ingaggiare maestranze, portare materiali. Costruire una scuola è un’impresa, ma è l’unica impresa che davvero vale la pena, se vuoi fare la differenza non solo a livello materiale, ma anche a livello morale, di speranza, di stima di sé, importantissima per i giovani che devono rifondare un Paese».
Ricostruire la speranza è la prima medicina: padre Lorenzo l’ha imparato prima di venire qui, tra le comunità rurali di Doba in Costa d’Avorio e nella stessa Italia, quando seguiva i richiedenti asilo di Cona e Bagnoli: «Tuttavia entrare in contatto con gli uomini e le donne della Liberia, calarmi per quanto possibile nella loro cultura, mi ha dato l’opportunità di conoscere un popolo capace di guardare avanti, nonostante tutto. E se da un lato mi sento parte di una famiglia, anche se ho il colore della pelle sbagliato, dall’altro mi rendo conto che sono un privilegiato: posso viaggiare liberamente, ho avuto un’istruzione superiore, posso curarmi. Ma questo mi sprona a usare i miei privilegi a loro vantaggio, di mettere al centro chi fa più fatica».
Il modo migliore per restituire a un popolo le chiavi della propria esistenza è mandare a scuola i suoi figli. «Dal 2014 la nostra équipe ha aperto 5 scuole nella zona più abbandonata della contea di Lofa: a Foya, a Ngesu Pio Kongor, a Kolahun e a Vahun, dando accesso all’istruzione a circa 800 tra ragazzi e ragazze». Caritas sant’Antonio ha collaborato a due progetti: il primo, nel 2022, con un contributo di 15.500 euro per completare la scuola materna di Foya, per 120 bambini; il secondo, iniziato nel 2023 e ancora in corso, per costruire tre aule a Vahun, il villaggio più remoto, con un contributo di 32 mila euro. Ogni progetto in realtà è il risultato di vari aiuti che arrivano anche dalle realtà da cui provengono i missionari, la diocesi di Como, la parrocchia di Madignano (Crema) e quella di Villa di Chiavenna (SO), da cui viene padre Lorenzo. C’è poi l’aiuto locale: «La gente non ha una preparazione specifica, ma è pronta a fare manovalanza, a reperire e trasportare materiali come il legno e la sabbia, a sbancare i terreni. Non vi descrivo la gioia quando sanno di dover dare un contributo per i loro figli».
Ma il momento di luce, accennato all’inizio, non è tutto qui. Un anno fa i liberiani sono andati alle urne in un clima da guerra civile, soprattutto nella contea di Lofra. Al potere c’era George Weah, ex stella del calcio, l’unico africano premiato con il Pallone d’oro. Erano le prime elezioni a svolgersi senza la presenza della missione delle Nazioni Unite, istituita dopo la guerra civile. Il 17 novembre 2023 Joseph Boakai, un veterano della politica liberiana, vicepresidente ai tempi di Ellen Johnson Sirlraf, la prima donna a guidare un Paese africano, ha vinto per un soffio. Si temeva il peggio, ma Weah ha subito riconosciuto la vittoria dell’avversario. Doveva scoppiare la guerra e invece è scoppiata la pace, la democrazia ha retto nel posto più povero del mondo. Che notizia anche per noi, immersi nei nostri venti di guerra, a riprova che nessuno ha il primato della civiltà. La strada è in salita, riconosce padre Lorenzo: «Le priorità sono tante: migliorare i collegamenti viari, sviluppare un’agricoltura sostenibile, lottare contro la corruzione e, cosa importantissima per la pacificazione, fare giustizia per i crimini di guerra», per compiere la quale il governo ha istituito un’apposita commissione lo scorso maggio.
È bello trovarsi a formare i ragazzi e le ragazze quando il cielo comincia a schiarirsi: «In questa parte del mondo – conclude padre Lorenzo – costruire una scuola ha un valore simbolico soprattutto adesso. Significa dichiarare con decisione di credere nello sviluppo, nella possibilità di migliorare le condizioni di vita, di affidarsi soprattutto ai giovani, di instillare in loro la fiducia di poter creare un Paese migliore. Il sostegno di Caritas sant’Antonio in questo nostro sogno ci aiuta a essere quel popolo di Dio che lavora insieme per costruire ponti di solidarietà e di speranza».
Segui il progetto su www.caritasantoniana.org.
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