Sora morte, canto dell’esistere

Al tempo di Francesco la morte era una presenza quotidiana, oggi è allontanata e virtualizzata. L’Assisiate ci riporta alla realtà e ci sprona ad affidarci, perché Sora morte è il culmine della vita.

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po' scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali. Beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male.

Di suor Marzia Ceschia

La tessitura di legami fraterni e sororali dipanatasi lungo il Cantico di Frate Sole culmina nella sfida più ardua per l’essere umano: entrare in un rapporto di familiarità con la morte, evento tanto inevitabile e indomabile da incutere terrore. Gli uomini e le donne del tempo di Francesco avevano un impatto quotidiano con essa: le condizioni di vita precarie, gli alti tassi di violenza della società medievale, epidemie devastanti o il solo dare alla luce una creatura rendevano la morte una presenza costante. Nel contesto attuale il contatto con il morire è spesso evitato o virtualizzato, diventa talora una questione imbarazzante che contraddice, insidia l’insofferenza contemporanea verso ogni forma di limite, l’illusione di poter essere principio a se stessi, aspirando a surrogati di immortalità che paradossalmente rendono insopportabile la vita per quello che essa è. Il santo di Assisi ci richiama a un dato di realtà: dalla morte corporale nessuna creatura è preservata ed è un inganno tentare di scappare, di sfuggirla. Francesco inserisce una dura fattualità nella lode, in una prospettiva positiva, a maggior ragione sottolineata dallo strano attributo «sora», sorella, accostato al morire: la morte non è nemica, ma al culmine dell’esistere arriva come sorella che prende per mano e accompagna nella pienezza della vita. 

Tale consapevolezza è evidente anche in Chiara d’Assisi della quale le fonti riportano le parole pronunciate, parlando alla sua anima, prima di lasciare questa terra: «Va’ sicura – le dice – perché hai una buona guida nel viaggio. Va’, perché Colui che ti ha creata, ti ha santificata; e, custodendoti sempre come la madre il figlio, ti ha amato di tenero amore. Tu – dice –, o Signore, sii benedetto, che mi hai creata» (FF 3252). 
La morte è questo passaggio e cambio di passo dove all’essere umano non è più chiesta la fatica del cammino ma l’affidamento. È nemica la morte perché noi siamo nemici a noi stessi. Francesco lo puntualizza: «Guai a quelli che morranno ne le peccata mortali». Non è un accento moralistico e neanche terroristico, ma di nuovo un dato di realtà: il momento della morte porta a verità i valori secondo i quali una persona ha vissuto, le relazioni a cui ha dato importanza, quello che si lascia più di quello che si porta via. È la situazione che Gesù suggerisce nella parabola dell’uomo ricco che aveva accumulato abbondanza di beni convinto di garantirsi un’esistenza incolume e al quale da Dio stesso sono rivolte parole spiazzanti: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?» (Lc 12,20). Siamo nemici a noi stessi quando ci rimpiccioliamo, diminuiamo la nostra esistenza, ripiegandoci sui nostri egoismi, vivendo solo in funzione nostra. 

La questione seria per Francesco non è la morte corporale, ma la «morte secunda» che non è, significativamente, indicata come «sora»: è la morte del cuore, un cuore che diventa asfittico perché non riesce ad aprirsi nella generosità, nel perdono, nella compassione. 
La morte stessa dell’assisiate è il commento migliore a questi versi: quando egli si rende conto di essere arrivato agli ultimi giorni chiama quasi a raccolta tutto quel che di prezioso gli aveva dato la vita. Francesco ha bisogno di sentir cantare, ha bisogno di sentire il concerto della vita attorno a sé e allora chiede che i suoi confratelli intonino il Cantico che aveva loro insegnato. Ha bisogno di prendere le misure della realtà ed esige che il medico gli dica la verità sulle sue condizioni (cf. FF 1547). Non esita a confessare il suo bisogno di amicizia, di attenzioni semplici, umane, piene di memorie di relazioni belle. Vuole che della sua situazione sia informata l’amica e nobildonna romana Jacopa de’ Settesoli, alla quale con confidenza e libertà rivolge precise richieste: un panno grezzo e un dolce che lei era solita preparargli. Il santo desidera i suoi fratelli vicini, in particolare Bernardo, il primo compagno, per condividere con lui il dolce di Jacopa e lasciargli la sua consolante benedizione (cf. FF 1555). Ha un pensiero pieno di affetto per Chiara, anche lei inferma in quel medesimo tempo: «le mandò in scritto, per lettera, la sua benedizione al fine di confortarla» (FF 1558). 

La morte di Francesco è un evento sonoro – non un sordo tonfo nel nulla – un tempo di danza e di canto: «Il sabato sera, dopo i vespri, prima che cadesse la notte, il beato Francesco migrò al Signore, e uno stormo di allodole prese a volare a bassa quota sopra il tetto della casa dove giaceva il beato Francesco, e volando rotavano in cerchio e cantavano» (FF 1560).

Colei che sa fare domande

Di Davide Rondoni

Alla grande domanda della morte sul senso dell’esistere, Francesco risponde in modo essenziale. Perché il problema della morte non è la morte, ma il peccato e la decomposizione interiore, da cui solo l’amore ci può salvare.

La morte è corporale. Anche lei è sorella, fa parte delle creature, ha la maiuscola. Come Fuoco, come Vento. Sta tra le creature. La vede arrivare. Francesco è essenziale e chiaro, nel momento in cui si avvicina colei che, come scriverà T.S. Eliot, non dimentica la strada che porta a casa nostra, colei che sa fare domande. Come notò anche Leo Spitzer, grande studioso degli stili, qui il Cantico diviene quasi un terribile dies irae, privo di toni consolatori, che infatti non si addicono alla personalità di Francesco. La «unità» di lode del Cantico è data, nota acutamente Spitzer, da una unità stilistica che tiene insieme anche momenti diversi, di lode e di timore. Alla grande domanda della morte sul senso dell’esistere e dello svanire corporale, Francesco risponde in modo essenziale. Con una strofa che, cadenzata, pensosa e musicale, fa risuonare il «corporale» con le parole assonanti e rimanti «morali» e «male». E con l’uso del verbo «scappare», che in modo plastico e giullaresco, quasi da racconto popolare, fissa la questione.

Il problema della morte non è la morte, nessun vivente le può sfuggire, il problema sono il peccato e la «morte secunda», la decomposizione interiore. La «morte secunda» (espressione che è citazione dell’Apocalisse) appare come fantasma dietro la «sora nostra Morte». E non è scritto in maiuscolo, quasi a sottolineare la sua indegnità, la non appartenenza al mondo delle creature. Non è creatura questa «morte secunda», è il fantasma dell’aldilà del mondo, e il non creato, il nulla. Opposta all’«Altissimu», la «morte secunda» può inghiottire la creatura umana nel suo nulla bassissimo e senza maiuscola, fuori dalla creazione. A lei occorre «scappare» con una vita degna, innamorata. Senza essere innamorati, dice il poeta Wystan Hugh Auden, ci si ammala. E anche l’esperienza elegante e dolce e terremotante degli amori può condurre a malattia se privata della prospettiva ultima del suo valore di segno.

Andarsene benedicendo

Cosa avrà da gridare il vecchio della 9? 
In bocca la demenza vascolare
gli ha asciugato tutte le parole sensate, e grida 
e sorride, non ha un umano interlocutore

a 90 anni cos’altro avrà ancora da dire?
dopo il talofen riprende in mano 
l’elenco di cose assurde da nominare

ma io che lo guardo, e stanotte sento addosso
il peso di cose perdute, penso che voglio morire
come muore adesso il vecchio alla stanza 9
mentre parla al Dio
che io non so ancora interrogare,
morire e mormorare nel delirio
sempre un nome, la parola mai detta
a un vecchio amore, le scuse a un figlio 
che non ti vuole più parlare

morire e con le ultime parole 
ogni cosa del mondo benedire.

Giulio Di Dio


Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»! 

Data di aggiornamento: 04 Novembre 2024
Lascia un commento che verrà pubblicato