Il tempo è denaro
Chi di noi non si è mai lamentato di non avere abbastanza tempo per fare tutte le cose che desidererebbe fare? Non troviamo il tempo per leggere, per pregare, per gli amici, e talvolta neanche per riposare. Siamo fagocitati, sempre di fretta, veloci e superficiali con la sensazione inquietante che stiamo solo sfiorando la vita senza mai viverla veramente. E il tempo passa così velocemente che ci ritroviamo vecchi e pieni di rimpianti per quello che avremmo voluto fare e che non abbiamo fatto. Tempus fugit, dicevano i latini: il tempo fugge, inesorabile, o, come scrive Virgilio in un verso delle Georgiche, «fugge irreparabilmente il tempo» (Virgilio, Georgiche, III, 284). Il tempo fugge, per cui va afferrato senza lasciarsi scappare neanche un istante? È quello che ha scritto il poeta latino Orazio: Dum loquimur fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero, vale a dire: «Mentre parliamo, il tempo è già in fuga come se provasse invidia di noi: cogli l’attimo, confidando il meno possibile nel domani» (Orazio, Odi 1,11,8). Nella mitologia greca Crono divora i suoi figli; il tempo, inesorabile, divora tutto, anche le cose più preziose.
Time is money è invece un detto inglese che noi italiani traduciamo con «Il tempo è denaro», a ricordarci che il tempo è prezioso e che non va sprecato, buttato via, perché alla fine non ci verrà restituito e in questa accezione il proverbio ha una sua saggezza. Ma una cosa è non sprecare il tempo, altra è sfruttarlo, se con questo intendiamo che dobbiamo darci da fare perché fruttifichi al massimo. Insomma, afferra l’attimo fuggente, come ci ricorda il celebre carpe diem di Orazio e come ammonisce il mio illustre concittadino Lorenzo il Magnifico nei suoi versi immortali: «Quant’è bella giovinezza, / che si fugge tuttavia! / Chi vuol essere lieto, sia: / di doman non c’è certezza». Insomma, se il tempo fugge, inseguiamolo senza tregua, per averne il più possibile a nostro vantaggio. «Se ci incalza affrontiamolo con foga, in modo da ricavarne tutte le soddisfazioni possibili prima di esserne sconfitti. Se ci svuota di energie, preveniamolo con astuzia, stipandolo di beni e di benessere senza perdere neppure un istante. Sono tanti i modi di riempire il tempo per illudersi di possederlo» (Carlo Maria Martini).
Guadagnare tempo è il mantra dei nostri giorni. Ma per farne cosa? Per ammazzarlo? «L’uomo moderno crede di perdere qualcosa – il tempo – quando non fa le cose in fretta; eppure non sa che cosa fare del tempo che guadagna, tranne che ammazzarlo» (Erich Fromm). Viviamo il tempo come schiavi o come uomini liberi? E, alla fine, che cos’è il tempo, veramente? Difficile da dire. Anche sant’Agostino, il più grande filosofo del primo millennio cristiano, si è interrogato a lungo sul tempo, arrivando a considerazioni condivisibili da parte di tutti noi. Nelle Confessioni, cercando di definire il tempo, scrive:«Se qualcuno me lo chiede, lo so; se cerco di spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so» (Le Confessioni, XI,13,15). Difficile definire che cosa sia il tempo: da qualunque parte cerchi di afferrarlo, sfugge, appunto. Il tempo non si lascia afferrare né definire.
Io la penso come Seneca, che sul tempo e sulla brevità della vita ha scritto cose sagge: il tempo è l’unica cosa veramente nostra; scegliamo noi come viverlo e certamente non va sprecato. Ma un conto è non sprecarlo cercando di vivere con intensità e con gioia quel tempo che ci è donato, altra cosa è monetizzarlo come fosse una merce. La filosofia del tempo come denaro sta alla base della moderna mentalità capitalistica; time is the measure of business, «il tempo è la misura degli affari» (Francis Bacon), per cui il tempo non è mai vissuto con gratuità, come il dono più prezioso che possiamo fare all’altro, ma sempre in relazione a quanto ci possiamo guadagnare.
Ogni essere umano sa nel profondo che «il tempo non torna indietro, non si recupera, non si può comprare. Quindi non esiste dono più prezioso del tempo che qualcuno ti dona. Non ci sono regali materiali o somme di denaro paragonabili. Ti sei mai chiesto perché certi imprenditori miliardari donano in beneficenza gran parte del loro patrimonio, eppure non riescono a farsi amare dalla gente? Mentre invece il ragazzo che aiuta la vecchietta ad attraversare la strada è un simbolo di gentilezza pura? Eppure il primo ha tirato fuori un sacco di soldi, il secondo neanche un centesimo! Il motivo è da ricercare nel nostro essere umani: ognuno di noi sa che accompagnare la vecchietta significa donarle tempo, il che vuol sempre dire regalare le proprie attenzioni e il proprio impegno. A strappare un assegno, un miliardario ci mette due minuti, poi torna a farsi gli affari suoi. Non è la stessa cosa. Visceralmente lo capisce chiunque: un regalo che viene dal cuore vale molto di più di un regalo che viene dal portafoglio» (G. Gotto, Succede sempre qualcosa di meraviglioso, Mondadori, 2021, pp. 308-309). Tempus fugit, amor manet, «il tempo fugge ma l’amore rimane». Non così, invece, il denaro che, ricordiamolo, non portiamo con noi nella tomba. Alla fine resta solo l’amore che avremo vissuto e donato.
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