La biblica sentinella
Sentinelle. Una parola bellica, si potrebbe dire. Troppo bellica per essere una buona parola, soprattutto in questi tempi. Ma c’è nella Bibbia, eccome. Al profeta Ezechiele, infatti, il Signore dice: «Figlio dell’uomo, io ti ho posto per sentinella alla casa d’Israele» (Ez 3,16). E il pensiero va ai molti nemici di Israele, alla terra da difendere, alla fede nell’unico Dio, identità religiosa la chiameremmo oggi, da testimoniare con energia davanti ai politeismi dei popoli circostanti, secolarizzazione, laicismo, religioni e civiltà ostili, li chiameremmo sempre oggi. E ce le immaginiamo bene, queste bibliche sentinelle, disposte lungo il confine, o sui camminamenti di alte mura che ancora ammiriamo nei nostri viaggi da turisti, gli occhi fissi all’orizzonte, pronte a riconoscere il nemico, a lanciare il grido d’allarme, a chiamare a raccolta, a organizzare truppe pronte alla guerra.
Eppure un momento più in là il Signore chiarisce in modo inequivocabile a Ezechiele il suo compito verso gli israeliti: «Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia» (Ez 3,17). Queste parole ci restituiscono l’immagine sorprendente e chiarissima di una conversione, nel senso etimologico ed evangelico del termine, un volgersi, girarsi, un cambiare direzione del corpo e dello sguardo. Il Signore convoca sentinelle che guardano dentro la città e portano la sua parola. E non si tratta nemmeno di cercare nemici esterni o interni, ma di tenere ogni giorno il filo del rapporto con Dio, che non è scontato neppure per i credenti, perché la parola, dice subito dopo il Signore, va rivolta ai malvagi e anche ai giusti. La sentinella ha gli occhi saldi a Dio, per renderlo presente al popolo
Ein feste Burg ist unser Gott (Il nostro Dio è una rocca ben fortificata) è l’incipit del più famoso e tradotto inno scritto da Lutero e meravigliosamente arrangiato e interpretato da tanti musicisti nel corso di quasi cinque secoli. È liberamente tratto dal Salmo 46, le cui parole sono più poetiche, più miti, meno bellicose di quelle che troviamo nell’inno luterano. Il Salmo è costruito con immagini potenti: la terra può essere sconvolta, le acque possono sollevarsi, schiumare e far tremare i monti, ma il Signore è per noi «rifugio e forza». Queste parole sono oggi certamente più vicine alla nostra sensibilità rispetto a quelle di Lutero, ma la fortuna dell’inno sta in quella sua prima strofa che è un lampo, illumina il cuore nelle nostre paure e ci fa sentire, immediatamente e per sempre, al riparo. Perché da sempre il Signore è qui per noi. Questo ci permette di vivere giorni difficili sì, anche terribili, ma mai disperati.
La rocca non è quella che abbiamo costruito con le nostre mani, pietre che per quanto siano grandi possono un giorno essere abbattute, ma è la fede in un Dio che ci avvolge della sua promessa. E allora sì, se abitiamo all’ombra di questa rocca, noi possiamo respirare, essere liberi dalla paura. Il nemico vero dunque è dentro di noi, è il nostro essere egoisti, autocentrati, il nostro essere avidi ?e arraffoni. La paura è paura di perdere il troppo che abbiamo. Ma qual è, allora, davvero il nostro bene? Ce lo dice il profeta sentinella. Non è aver scorto e abbattuto il nemico straniero, ateo, secolarizzato, avere alzato muri, gridato all’armi ed essere uscito vincitore. È aver teso l’orecchio alla parola di Dio e averla annunciata, questo dice il Signore a Ezechiele. È bellissima l’immagine della biblica sentinella. Buon nuovo anno a noi.
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