La parrocchia faro

Una parrocchia a Palmi (RC), guidata dai frati minori conventuali, è oggi un laboratorio sociale che mette insieme aiuto ai deboli, formazione e prevenzione della devianza. Grazie all’impegno dei laici e alla lungimiranza del parroco.
05 Marzo 2023 | di

Dall’alto del Monte Sant’Elia, l’ultimo bastione d’Aspromonte che si protende verso il mare, Palmi (RC) sembra un piccolo agglomerato di case, incastonato tra il verde della macchia mediterranea e il bianco delle spiagge. Di fronte le Eolie, con lo Stromboli che nelle giornate terse sembra quasi a portata di mano. Intorno un mare infinito, un blu immenso, un’acqua che diventa cielo. Basterebbe questo per percepire l’oltre. Ma la vita di ognuno di noi ha poco spazio per la vastità, schiacciati come siamo dai problemi quotidiani, dalle singole solitudini, dalle difficoltà relazionali ed economiche. Questa terra infinita è anche terra di ’ndrangheta, di assenze, di possibilità negate, soprattutto per i giovani. È proprio qui che una parrocchia può diventare un faro, proteso nella vastità azzurra; una luce da seguire anche quando si fa notte. Il mare si vede anche dalla chiesa di Maria Santissima del Rosario a Palmi, una volta che si torna a valle. È lì che aspetta. I frati minori conventuali curano la parrocchia dagli anni Trenta: «Qui ci sono stati i frati di Napoli, poi quelli di Padova, che hanno radicato la devozione per sant’Antonio. Ora siamo rimasti noi, i calabresi» afferma fra Giorgio Tassone, parroco e custode provinciale.

Dietro la spinta di papa Francesco a farsi promotori di nuova evangelizzazione, fra Giorgio ha elaborato un progetto concreto, a cui ha dato un nome eloquente: «Mai soli». L’occasione è un immobile da ristrutturare – un vecchio consultorio – con scoperto, a 700 metri dalla chiesa, concesso in uso alla parrocchia. «Vorremmo renderlo un luogo di incontro, di accoglienza e di ascolto – scrive fra Giorgio a Caritas sant’Antonio nel febbraio del 2022. Il nostro progetto ha il fine di prevenire forme di disagio e marginalità sociale, di combattere la solitudine, le povertà educative, le fragilità personali che possono condurre alla criminalità e alla dipendenza soprattutto i più giovani. Lo faremo in due tappe: prima rafforzando l’identità personale e spirituale delle persone e poi favorendo il ruolo di ognuno nella costruzione del bene comune».

La via è tracciata, ma fra Giorgio decide di non far agire i frati in prima persona. Passa, quindi, il testimone ai laici, che mettono nel progetto abilità professionali, passione e lavoro, riuscendo nel tempo a far convergere le energie migliori della comunità. Giorno dopo giorno, prende forma il Centro Giovanni Paolo II. «È un’esperienza spirituale e umana profonda e piena – afferma Matteo, uno dei promotori –, a cui hanno già partecipato cento volontari». Grazie all’aiuto dei parrocchiani, ma anche delle aziende, pian piano si riesce a restaurare i 600 metri quadri di edificio e lo spazio esterno. Man mano s’infittiscono anche le attività: il centro di ascolto, lo spazio giovani, i corsi teatrali e musicali, i pranzi della domenica per le persone sole, le attività sociali a favore dei più fragili, il doposcuola, l’oratorio. E poi le occasioni per stare insieme, come i concerti, gli spettacoli, le feste, le competizioni sportive. A ristrutturazione quasi conclusa, rimane da risolvere il problema dell’allestimento degli ambienti, che altrimenti non si possono utilizzare: servono almeno 150 sedie, due lavagne luminose e due impianti multimediali, per un totale di circa 21 mila euro, la somma che fra Giorgio chiede a Caritas sant’Antonio nella sua prima lettera. Il materiale arriva all’inizio della scorsa estate e dà modo alla parrocchia di far funzionare al meglio il nuovo centro.

Non è tutto facile; per esempio, all’inizio sembra complicato riuscire a coinvolgere i giovani: «La differenza di generazione – racconta Matteo – sembrava una barriera insormontabile, vista la diversità di interessi ed esperienze. E invece i ragazzi hanno apprezzato il fatto che noi non volevamo ergerci a modelli, ma semplicemente restituire l’amore che avevamo ricevuto. Un’intesa che li ha tolti dall’isolamento, così pericoloso per loro». Wladimiro è il responsabile del teatro: «Già esisteva un’esperienza molto importante con la musica, portata avanti da Gianluca. Ognuno di noi usa l’arte per avvicinare e includere le persone. Ciò che amo di più di questa esperienza è la disponibilità dei volontari, al di là di ogni difficoltà, età, condizione economica. Ci hanno dato una mano persino le persone di 80 anni. Per questa cittadina di 20 mila abitanti il Centro è diventato un laboratorio di nuova umanità». Una brezza fresca che spira fino al mare.

Segui il progetto su www.caritasantoniana.org

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Data di aggiornamento: 05 Marzo 2023
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