L’immagine allo specchio
Ci sono gesti che appartengono alla nostra quotidianità: ad esempio, tutte le mattine, appena svegli, una delle prime cose che facciamo è quella di andare in bagno per… Ma che cosa avete capito?! Per guardarci allo specchio! Questa sicuramente è un’azione legata alla cura di sé e/o all’estetica, non è un gesto che compiamo per soddisfare un nostro bisogno primario, eppure, se ci pensiamo, è fondamentale. Non solo ci permette di vedere qual è il nostro aspetto, ma ha anche una funzione più «metaforica»: lo specchio ci dà la possibilità di vedere come cambia il nostro «sguardo», ovvero la percezione che abbiamo di noi stessi/e. Infatti, direbbe qualcuno: «Gli occhi sono lo specchio dell’anima!». Io preferisco dire invece che sono lo specchio della nostra identità. E quando sono gli occhi degli altri, quelli in cui riflettiamo la nostra «immagine»? Questo potrebbe accadere quando non abbiamo piena consapevolezza di noi, quando la nostra identità si sta «costruendo piano piano».
A proposito di specchi e immagini riflesse, mi viene in mente la bellissima testimonianza di una mamma che ho avuto modo di ascoltare durante l’intervento di Mario Paolini – pedagogista, formatore e docente universitario – nell’ambito del seminario di formazione e sensibilizzazione su disabilità e autonomia, Oggi per domani, organizzato lo scorso 4 dicembre dalla Cooperativa Accaparlante di Bologna, in collaborazione con Circolo La Fattoria. Queste le sue parole: «Abbiamo capito che i veri artefici della vita indipendente siamo noi genitori. Abbiamo capito che la famiglia è l’elemento cardine che concede al figlio il suo spazio di pensiero e quindi la dignità di persona adulta […] Nostro figlio si costruisce l’immagine di sé riflettendosi nei nostri occhi. Noi siamo lo specchio in cui vede riflessa la sua immagine [...]».
Nel caso dei/delle figli/e con disabilità, che hanno bisogno di avere attorno a sé una gran dose di fiducia per capire chi sono e che cosa vogliono davvero, gli occhi di un genitore sono uno strumento particolarmente significativo nella costruzione identitaria. E quando si parla di «rappresentazioni» nelle relazioni con i propri genitori, temi importanti, quali le autonomie, la vita indipendente, non possono che fare capolino. In genere, li affrontiamo rispetto all’idea del distacco e della separazione, trascurando quell’aspetto necessario per la crescita e l’adultità di una persona con disabilità, che è l’attaccamento. Rispetto a questo concetto, Mario Paolini ha speso parole preziose, sottolineando l’urgenza, non solo di focalizzarsi sulla persona in sé – sui suoi desideri, bisogni e aspettative – che indubbiamente deve essere protagonista del proprio cambiamento, ma anche di dar voce alle famiglie, di procedere di pari passo nel lavoro di accompagnamento insieme a loro.
Se negli occhi del genitore è riflessa un’immagine infantile del proprio figlio, legata al limite, se lo proteggerà sempre, non gli darà fiducia e lo riterrà incapace di autodeterminarsi, che percezione potrà avere di se stesso? E voi, avete dei quesiti da rivolgere al vostro specchio non appena vi svegliate? Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram.
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