Troppi compiti?
Mi scrive Valeria, mamma di due figli di 9 e 12 anni: «Il weekend è diventato insostenibile, non si riesce più a organizzare nulla in famiglia. Tutto gira intorno alla scuola. I compiti sono tanti. Le insegnanti chiedono aiuto perché a scuola non riescono a finire il programma. Mi chiedo se questa richiesta sia legittima». Valeria non ha tutti i torti. Le indagini internazionali sugli apprendimenti degli alunni di scuola elementare e media hanno evidenziato che gli alunni italiani sono quelli più oberati. I compiti a casa stanno andando oltre il loro scopo e diventano un modo per fare pezzi del cosiddetto «programma», non realizzati a scuola. Si crea uno scompenso tra le famiglie che possono permettersi di aiutare i figli, anche solo per formazione scolastica adeguata, e quelle che invece non riescono, specialmente i tanti genitori stranieri che risultano in difficoltà a partire dalla limitata conoscenza della lingua italiana. Negli anni, tante circolari del Ministero sono intervenute per limitare questi eccessi. Parole cadute abbondantemente nel vuoto…
Qualche anno fa, un’altra iniziativa ministeriale ha spinto verso i cosiddetti compiti di realtà. In che cosa consistono? In pratica, invece di trasformare la famiglia in una seconda scuola, fare in modo che a casa gli alunni possano vivere esperienze diverse, ma sempre orientate all’apprendimento. Gli esempi sono infiniti. Visitare una mostra d’arte o un monumento artistico, scattare delle foto e preparare una presentazione per i compagni da condividere e spiegare in classe. Comprare una piantina e, nell’arco di tre mesi, tenere un «diario dell’osservazione botanica» della sua crescita, proprio come i primi scienziati che realizzarono specifici studi naturalistici. Per i più grandi, scrivere una lettera in inglese alla presidenza del Parlamento europeo per sostenere gli sforzi comuni contro il tragico cambiamento climatico che stiamo vivendo e al quale le generazioni più giovani sono giustamente molto sensibili. Si tratta di modalità creative per sviluppare un apprendimento pratico negli alunni, evitando, magari dopo quaranta ore di tempo pieno, di ripetere a casa il programma didattico.
Mantenere un’adeguata distinzione tra mondo scolastico e mondo familiare permette di costruire una vera alleanza educativa. Viceversa si crea confusione, con un senso di malessere crescente nei rapporti tra famiglie e scuola. Ai genitori spetta creare le condizioni affinché gli alunni possano vivere adeguatamente l’esperienza scolastica, senza sostituirsi alla scuola. Gli eccessi di compiti rappresentano una grave disfunzione che non aiuta le nuove generazioni a ritrovare l’entusiasmo, il coraggio di affrontare la vita, il bisogno di mettersi alla prova e di scoprire che «la scuola non è tutto e che c’è vita fuori dalla scuola».
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!